Opinioni

La città invisibile

“Ogni volta che il disegno dello spazio urbano non viene opportunamente tutelato la città diviene facile preda dei capitali in cui donne e uomini restano, certo, ammessi, ma solo nella misura in cui sono funzionali. Una città onnivora che divora e sputa ferocemente”.

30 Marzo 2021 - 14:20

di Gianluca Rizzello

In La Ricchezza delle nazioni, nel 1776, Adam Smith racconta la celebre storia in cui fa presente che non è la benevolenza del macellaio o del birraio che ci permette di avere un pasto, ma piuttosto la loro predisposizione a realizzare i propri interessi.
È da questa predisposizione poi che scaturisce il benessere e l’ordine sociale, e quindi l’interesse pubblico, malgrado o nonostante le loro intenzioni originarie.
Ogni intervento dello Stato, aggiunge, è considerato assolutamente inopportuno perché una “mano invisibile” garantirà l’ equilibrio e lo sviluppo nella società.
Nasce cosi il liberismo economico che oggi, in varie salse e sfumature e in modelli di produzione e consumo profondamente più evoluti, continua a regolare i meccanismi di scambio di beni e servizi anche in numerosi settori della costruzione pubblica, compresi quelli più delicati.

E se tutto è in vendita, allora vuol dire che tutto ha un prezzo.

In Le mani sulla città, nel lontano 1963, Francesco Rosi denunciava come la speculazione edilizia stesse influenzando e corrompendo pesantemente lo sviluppo urbanistico delle città negli anni del boom economico italiano.

La voce di Antonio Cederna, nel frastuono di quegli anni, ha provato a mettere in guardia dal rischio di disfacimento delle città italiane, lamentando le inerzie del mondo politico e ammettendo il continuo fallimento di ogni tentativo di pianificazione urbanistica.
Nel più recente Capital City. Gentrification and the Real Estate State del 2019, Samuel Stein indaga le relazioni tra capitalismo e città riflettendo sul concetto di “capitale immobiliare” nel paese americano e conclude che il disegno e il governo della città sono l’esito di operazioni immobiliari caratterizzate esclusivamente dalla ricerca del profitto a scapito dei cittadini e della città stessa.

A differenza che nella storia raccontata da Smith pare che, in questi casi, la predisposizione al profitto di alcuni non generi benessere per tutti, ma, anzi, crea città sempre più distanti e ostili dai bisogni  concreti di chi le abita.

La città è per definizione spazio pubblico, spazio collettivo che va percorso e nutrito di relazioni. È spazio politico di cui le donne e gli uomini che lo abitano possono disporre e appropriarsene. In virtù di ciò, la città va regolata e gestita secondo principi e competenze squisitamente pubbliche in grado di garantire e tutelare gli interessi generali e una buona qualità della vita.

Ogni volta che il disegno dello spazio urbano non viene opportunamente tutelato la città diviene facile preda dei capitali in cui donne e uomini restano, certo, ammessi, ma solo nella misura in cui sono funzionali. Una città onnivora che divora e sputa ferocemente.

L’urbanistica, cioè la funzione politica di pensare un territorio, può rappresentare un buon antidoto, ma ormai da tempo non sembra molto in forma.
Un fuoco incrociato le rende complicatissima ogni pianificazione diversa da quella che le suggeriscono le istanze economiche e finanziarie tanto che anche la metamorfosi urbana sembra regolata da una “mano invisibile” che decide sulla città e sulla sua destinazione d’uso.

Gli spazi della città diventano così spazi di rendita e il costo del terreno e il profitto gli unici parametri in grado di motivare strategie ed investimenti. Alla macchina statale restano solo gli oneri e la costante fatica di incollare i cocci di un tessuto urbano imbruttito e ridotto a brandelli.

Ci viene da pensare allora al macellaio e alla storiella del principio, così ingenua e convincente. Tanto, da non farci capire che, qui, i macellati siamo noi.

In foto il palazzo “arlecchino” di via Passarotti, nei pressi del quale domenica si è svolta una manifestazione delle/i residenti riunite/i in Fermiamo i mostri urbani – Comitato via Calzolari e Di Paolo; recenti cambi d’uso: piccoli locali per lo più ad ex uso commerciale o produttivo trasformati e adattati per uso residenziale.