Ieri sera corteo con migliaia di persone contro l’attacco alla Freedom Flotilla e lo sterminio che prosegue ogni giorno a Gaza. In piazza di nuovo tantissime/i giovani, una realtà sociale molto diversa dai movimenti del passato e su cui nessuno può cercare di mettere il “cappello”.
Lo scenario si è già visto diverse volte in queste settimane di mobilitazione per Gaza e per il popolo palestinese. L’appuntamento era nel tardo pomeriggio di ieri in piazza Maggiore, dopo una decina di interventi, all’imbrunire, è partito un corteo che con migliaia e migliaia di persone ha sfilato per via Rizzoli e strada Maggiore, arrivando sui viali e percorrendoli fino a porta San Donato, per poi imboccare via Irnerio, via dei Mille, piazza dei Martiri, via Marconi, via Ugo Bassi e rientrare al punto di partenza, in piazza Maggiore. Lungo tutto il percorso la manifestazione si è ingrossata, ancora una volta a fare la parte del leone sono state migliaia di ragazze e ragazzi che si sono autoconvocate/i attraverso il passaparola e il tam-tam dei social, con una straordinaria capacità di mobilitarsi in poche ore. Queste/i giovanissime/i hanno relegato la politica istituzionale a un ruolo marginale, il loro protagonismo c’entra poco coi partiti e i sindacati tradizionali. E’ una marea che, adesso, sente il bisogno di esondare, che non ha nessuna intenzione di fermarsi. Anche le reti e i movimenti preesistenti a queste giornate sono insufficienti, non a “contenerle/i” (nessuno ne ha intenzione), ma anche solo a incarnarne le ragioni, le voglie, i bisogni.
È già partito da qualche tempo il brutto vizio italico di giudicarle queste piazze e questi cortei, di fare la morale a chi partecipa su come ci si deve comportare, di mettere steccati o delineare linee di demarcazione. Si tratta di modi di fare di una pratica politica che non fa i conti con una realtà sociale che è molto diversa dai movimenti del passato remoto e del passato recente. Quello che tutte e tutti noi stiamo vivendo è qualcosa che non si è mai visto, trovare similitudini o corrispondenze con altre stagioni è impossibile. Per capirci: non è un nuovo ’68 o un ’77, non è la Pantera o l’Onda, non assomiglia al movimento No Global o alle giornate contro il G8 di Genova 2001.
Farsi delle domande, parlare di tempi e modi della mobilitazione, discuterne collettivamente, è sicuramente utile. Ma che a nessuno venga in mente di cercare di mettere il “cappello” a questo movimento.
Detto ciò, questa volta vogliamo mettere in rilievo un effetto che questo movimento ha prodotto e lo facciamo controcorrente rispetto alla stampa mainstream che, all’unisono, ha sottolineato i disagi agli automobilisti, alla città tutta, per le continue manifestazioni e blocchi.
Attorno al corteo di ieri sera è come se si fossero innalzati due argini “protettivi”, a tutela di un certo grado di “complicità”.
Parliamo dei tanti curiosi e delle tante curiose che hanno accompagnato con sguardi di consenso la sfilata, o l’hanno fotografata e ripresa in mille modi. Parliamo delle tante bandiere della Palestina sventolate dalle finestre da mani giovani, ma anche “mature”. Parliamo degli applausi dalle terrazze o dalle finestre di una palazzina dell’ospedale Sant’Orsola. Parliamo dei clacson suonati ritmicamente (come colonna sonora degli slogan) da automobiliste/i e autiste/i degli autobus. Parliamo delle e degli astanti della “movida” di via Mascarella che prima si sono affacciate/i su via Irnerio e poi si sono congiunte/i al corteo, o delle/gli avventrici/ori magrebine/i di alcuni bar in zona Montagnola/VIII agosto che filmavano coi loro telefonini. Che dire poi del passaggio davanti alla facoltà di Fisica occupata: un momento di vera fratellanza avvolto dal colore rosso dei tanti fumogeni.
E fermiamoci qui, perché altrimenti sembra di essersi infilati in una trance da esaltazione. Anche perché è necessario continuare ad essere più che mai lucidi/e e razionali. Tra le altre cose, qualche giorno fa, l’immarcescibile senatore Gasparri (da sempre missino, ora di Forza Italia) ha presentato un disegno di legge sul “contrasto all’antisemitismo” che introduce obblighi di segnalazione e norme penali che equiparano le critiche allo Stato di Israele all’odio razziale. Una legge che, se approvata, ricorda i modelli americani di controllo politico sulle università e sui docenti. Ci sono passaggi che limitano la libertà d’espressione a livelli di regime. E, quindi, sarà il caso di prepararsi a contrastarla nei modi e nei tempi dovuti.
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