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“L’8 e il 9 marzo costruiremo tempi femministi”

Non una di meno annuncia per domenica 8 una “giornata globale di mobilitazione sui territori”, mentre lunedì 9 scatterà lo sciopero, con appello ai sindacati a garantire la copertura: “Vogliamo porre fine alla violenza patriarcale che sostiene questa società diseguale e questo modello economico capitalista ed estrattivista che distrugge il pianeta”.

27 Gennaio 2020 - 15:56

“A quattro anni dal primo sciopero femminista e transfemminista la sollevazione globale delle donne e delle soggettività dissidenti non si ferma e, sempre di più, segna e travolge tutte le lotte esistenti. Per questa ragione vogliamo lanciare una sfida moltiplicando tempi e luoghi della nostra rivolta: l’8 marzo sarà giornata globale di mobilitazione sui territori e il 9 marzo giornata di sciopero”. Lo ha annunciato ieri Non una di meno.

“Ci riapproprieremo – proseguono – di ogni spazio che quotidianamente ci viene sottratto: nelle città in nome di una presunta sicurezza, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nelle case. Trasformeremo il nostro tempo in agitazione, per riempirlo dei nostri desideri e costruire insieme strategie comuni, a dispetto di chi ci vorrebbe isolat* nelle nostre solitudini. Lo sciopero femminista e transfemminista è un atto politico di rifiuto della violenza. Ci ribelliamo al quotidiano ripetersi degli stupri e dei femminicidi che vengono ormai trattati come qualcosa di ordinario e sempre, irrimediabilmente, come una responsabilità delle donne. Ci ribelliamo alla brutalità che si scaglia contro le persone LGBT*QIA+, che si traduce in aggressioni verbali e fisiche che arrivano fino all’omicidio, maggiori difficoltà di accesso al lavoro, patologizzazione psichiatrica e svalutazione dell’autodeterminazione. Ci ribelliamo alla violenza del patriarcato istituzionale: quella che nei tribunali punisce con la revoca dell’affido le donne e i minori che rompono il ricatto della violenza domestica; quella che criminalizza le donne che denunciano molestie, abusi o violenze; quella praticata negli ospedali dove viene sistematicamente ostacolata la nostra libertà di scegliere sui nostri corpi e sulle nostre vite; quella riprodotta nelle scuole e nelle università quando il sapere serve a legittimare ruoli e gerarchie di genere.Ci ribelliamo alla violenza di chi tratta i nostri corpi e quelli di tutte le specie viventi e della terra come terreno fertile di profitto e sfruttamento. Ci ribelliamo alle molestie che ci tormentano sui posti di lavoro per farci accettare silenziosamente il nostro sfruttamento quotidiano e salari sistematicamente più bassi di quelli degli uomini. Ci ribelliamo al razzismo che si impone sui nostri corpi con la ferocia degli stupri sui confini e nei centri di detenzione, con lo sfruttamento di chi è ricattabile e senza diritti, che ci segue anche se siamo nate e nat* e cresciute in Europa, che ostacola continuamente con i confini la nostra libertà di muoverci”.

Continua il comunicato: “Lo sciopero femminista e transfemminista è una rivolta globale. Le donne curde sul fronte della guerra scoppiata in Medioriente stanno combattendo contro il fondamentalismo patriarcale, neoliberale e autoritario che lega Erdogan, Trump, la Russia e l’Europa. In America latina e in Africa da mesi insorgono sfidando la devastazione ambientale che sta travolgendo la vita di milioni di persone in nome di una colonizzazione capitalistica che passa attraverso lo sfruttamento e la distruzione degli ecosistemi, l’estrazione di risorse naturali e lavoro vivo, le imposizioni del fondo monetario internazionale e la repressione feroce dei governi nazionali. In India sono sempre le donne che stanno combattendo per sfidare il razzismo istituzionale. Accanto a loro, in Italia e in Europa, noi pratichiamo lo sciopero come un processo che ci dà forza per rompere l’isolamento e i rapporti di potere esistenti. Lo sciopero femminista e transfemminista è il momento in cui convergiamo in un’unica presa di parola. In comunicazione transnazionale con ogni rivolta femminista nel mondo, l’8 e il 9 marzo scendiamo in piazza insieme ed esprimiamo la nostra forza affinché ciascuna possa sentire di avere il potere di sottrarsi al ricatto della violenza domestica, istituzionale, economica, mediatica e giuridica e affinché tutte possiamo praticare una possibilità di liberazione dalla quale non vogliamo più tornare indietro. L’8 daremo visibilità e parola a quelle condizioni di lavoro e vita che rischiano di essere considerate invisibili perché ‘è normale’ che una madre passi la domenica a fare le pulizie mentre cucina per tutta la famiglia, o che le casse dei supermercati siano aperte e gestite da qualcuna che, per uno stipendio da fame, deve lavorare anche di domenica, magari sentendosi in colpa per aver ‘abbandonato i doveri familiari’. Per noi non è ‘normale’ e in tutte le città mostreremo quello che è invisibile insieme al nostro rifiuto di accettare docilmente questo doppio sfruttamento, mostreremo quale rapporto ci sia tra la violenza domestica e quella sui posti di lavoro, tra lo sfruttamento che ci impongono i nostri padri, compagni e datori di lavoro, i governanti e la miseria dei nostri salari. Per questo il 9 marzo proclameremo ancora una volta lo sciopero generale femminista e incroceremo le braccia, interrompendo il lavoro nelle nostre case, nelle fabbriche, negli ospedali, nei magazzini e nelle scuole, negli uffici e nelle mense, senza distinzioni di categoria. Rivendichiamo liberazione ed emancipazione, un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale.Vogliamo aborto libero sicuro e gratuito, accesso alle cure e alla salute. Vogliamo autonomia e libertà di scelta sulle nostre vite, sui nostri generi e i nostri orientamenti sessuali. Vogliamo ridistribuire il carico del lavoro di cura. Vogliamo essere libere e liberu di andare dove vogliamo senza avere paura, di muoverci e di restare contro la violenza razzista e istituzionale. Vogliamo l’abrogazione delle leggi Sicurezza. Vogliamo la chiusura dei CPR, un permesso di soggiorno europeo senza condizioni, la rottura del legame tra soggiorno, lavoro e relazioni familiari e la cittadinanza per chi nasce e cresce in Italia. Vogliamo porre fine alla violenza patriarcale che sostiene questa società diseguale e questo modello economico capitalista ed estrattivista che distrugge il pianeta”.

In conclusione, “siamo in agitazione permanente: per noi il femminismo è una postura e una lotta quotidiana. Verso l’8 e il 9 marzo costruiamo rivolta, riflessione e agitazione a partire dai territori che abitiamo: assemblee nelle città, incontri e mobilitazioni studentesche, riunioni sui posti di lavoro, intervento nei quartieri popolari, alleanze intersezionali senza confini. Sappiamo che non tutt* potremo scioperare in maniera convenzionale, perché a molt* di noi il diritto di sciopero è stato sottratto! Precarietà, lavoro sommerso, disoccupazione: nessun* merita di rimanere sol*! Ed è’ per questo che invitiamo ognun* a partecipare e a rendere visibile la sua adesione allo sciopero nelle forme in cui sarà possibile e che diffonderemo nei prossimi giorni. L’8 e il 9 marzo costruiremo tempi femministi con cui scandire le ore della nostra giornata, fuori dalla retorica dell’orologio biologico, ci riprenderemo ogni spazio che ci è stato negato! Perché lo abbiamo detto e non finiremo di ripeterlo: se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo”.

Non una di meno ha inoltre diffuso una lettera aperta alle organizzazioni sindacali: “Chiediamo a tutti i sindacati di aderire allo sciopero generale del 9 marzo 2020 garantendo la copertura sindacale alle lavoratrici e ai lavoratori che vorranno astenersi dal lavoro. Oltre all’indizione dello sciopero per l’intera giornata e per tutti i comparti del settore pubblico e privato, invitiamo inoltre le organizzazioni sindacali a sostenere lo sciopero femminista nelle forme più opportune: mandando la convocazione su tutti i posti di lavoro e riportando le motivazioni dello sciopero, indicendo le assemblee sindacali per informare lavoratrici e lavoratori sulle rivendicazioni della giornata, favorendo l’incontro tra lavoratrici e lavoratori e i nodi territoriali di Non Una di Meno, nel rispetto dell’autonomia del movimento femminista. Chiediamo di dare un segnale chiaro, pubblico, di sostegno concreto alla lotta che le donne stanno portando avanti da anni e che riguarda tutti. Il tempo dell’assunzione di responsabilità politica per un cambiamento sostanziale delle nostre vite è ora”.