È nuovamente il Coordinamento migranti a riferire di un insulto rivolto da un lavoratore a tempo indeterminato a un collega precario per il colore della sua pelle: “Il razzismo è uno strumento che serve a governare il lavoro migrante”.
L’insulto razzista di cui si ha avuto notizia due settimane fa non sarebbe un episodio isolato. Il Coordinamento migranti denuncia infatti una nuova vicenda anch’essa avvenuta all’Interporto: “Lo scorso anno C. lavorava a chiamata in un magazzino. Appena arrivato sapeva già usare il muletto e aveva il patentino per farlo. ‘Ma può un nero imparare così velocemente un lavoro da bianco?’ Deve aver pensato così quel lavoratore a tempo indeterminato che, insospettito da un nero che guida un muletto, ha intimato a C. di mostrargli il patentino. Una provocazione, ma C. non ha abbassato la testa in silenzio. Ha risposto a tono e gli ha chiesto di mostrargli il suo di patentino. In cambio si è preso in piena faccia un ‘n*gro di merda’”.
Prosegue l’articolo sul sito del Coordinamento: “‘So di essere nero, ma non c’è nessun n*gro di merda’, ci dice C. L’insulto razzista ha fatto male ma C. non lo ha denunciato, semplicemente si è rifiutato di lavorare con un razzista. Da allora, e sono passati pochi mesi, C. ha cambiato più lavori, attende il ricorso dopo il diniego della Commissione territoriale e oggi lavora in un altro magazzino dell’Inteporto, ma non più a chiamata”.
“Non basta però scandalizzarsi – si legge in conclusione – perché il razzismo, violento e sfacciato, esiste ancora. Il razzismo è infatti uno strumento che serve a governare il lavoro migrante: serve a intimidire donne e uomini migranti, a tenerli al loro posto, a dividerli dagli altri lavoratori. Il razzismo non è fatto solo di parole che insultano i neri e suonano sporche all’orecchio dei bianchi, ma segna gerarchie che girano attorno ai documenti, diversi uno dall’altro ma tutti da rinnovare, che i migranti tengono in tasca”.