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Internazionalisti in Rojava, la procura di Torino infligge la sorveglianza speciale a Eddi

Rojava Resiste: norma “applicata in assenza di reato, ma come valutazione soggettiva del magistrato riguardo la presunta ‘pericolosità’, definita secondo motivi politici e d’opinione”.

17 Marzo 2020 - 19:43

“Il tribunale di Torino ha deciso di applicare la misura preventiva a una degli internazionalisti sottoposti da più di un anno a minaccia di ‘sorveglianza speciale‘: Eddi è considerata ‘socialmente pericolosa’, perché dopo la sua esperienza in Rojava avrebbe partecipato ad altre iniziative politiche considerate ‘reato'” E’ quanto riporta il canale d’informazione Rojava Resiste via Telegram. “La norma – si legge ancora – di origine fascista, prevede gravi limitazioni della libertà di espressione, riunione, movimento, azione e comunicazione con l’esterno da parte dei soggetti interessati. Viene applicata in assenza di reato, ma come valutazione soggettiva del magistrato riguardo la presunta ‘pericolosità’ (definita secondo motivi politici e d’opinione) del sorvegliato speciale. A un giorno dell’anniversario della caduta di Lorenzo ‘Orso’ Tekošer, lo Stato condanna la generosità e parte politica dei partigiani e internazionalisti recatisi in #Siria per combattere contro Daesh”.

Nei giorni scorsi un comunicato rilasciato dai cinque internazionalisti sotto accusa da parte della procura di Torino (Jacopo Bindi, Davide Grasso, Maria Edgarda Marcucci, Fabrizio Maniero e Paolo Pachino) ricordava come “la richiesta di applicare questa pesante misura di prevenzione (inizialmente a cinque persone a Torino e una in Sardegna)” risalga “a gennaio 2019. Eddi, Jacopo e Paolo non sono accusati di alcun reato, ma sarebbero da considerare ‘socialmente pericolosi’ perché hanno sostenuto i curdi siriani durante la loro lotta contro l’Isis. Questa ipotesi è talmente assurda e offensiva che il solo fatto che la procura l’abbia formulata è uno scandalo. È una mancanza di rispetto verso le vittime europee e mondiali del fondamentalismo e i caduti siriani e internazionali nella guerra contro lo Stato islamico. Come se non bastasse, la Sorveglianza speciale è un residuo dei codici fascisti che limita fortemente la libertà personale senza accuse e senza processo: rientro notturno nella propria abitazione, espulsione da Torino e confino in un altro comune, divieto di incontrare più di due persone e di partecipare a qualunque evento pubblico, revoca del passaporto e della patente… Per quanto possa apparire incredibile, queste limitazioni non sono richieste perché siamo accusati di aver commesso un reato (che infatti non esiste, come ammesso dalla stessa procura), ma in base a una previsione sul nostro possibile ‘comportamento futuro’, che si ritiene sarebbe ‘pericoloso per la società’. Inizialmente la Pm Emanuela Pedrotta intendeva giustificare questo pronostico sulla base della nostra scelta di sostenere i curdi. A partire da giugno, su indicazione del tribunale, ha aggiustato il tiro dicendo che solo tre di noi sarebbero pericolosi (pensando così di dividerci) per le manifestazioni e le attività politiche svolte in Italia. La nostra risposta è sempre stata e continua ad essere che siamo tutti uniti in questa vicenda e non ci considereremo liberi se anche a soltanto una o uno di noi sarà limitata la libertà. Tutte le attività politiche svolte in Siria, in Italia o altrove da ciascuno di noi in questi anni rispondono all’esigenza imprescindibile di opporci a un sistema sociale ingiusto e di costruire una società migliore”.

Data la situazione determinata dall’emergenza coronavirus scrivevano inoltre i cinque attivisti: “Proprio perché la diffusione del Covid-19 rende impossibili, almeno in questo momento, le mobilitazioni all’aperto, chiediamo che la reazione a un’eventuale decisione negativa si manifesti con una forte e importante mobilitazione sul web”.