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In un anno 42 stupri, Non una di meno: “No a strumentalizzazioni”

Per le femministe “non si tratta di degrado delle periferie o minaccia dello ‘straniero’, ma di una società che usa la violenza maschile e di genere per imporre e riprodurre ruoli e gerarchie”.

06 Giugno 2019 - 16:13

“Nell’ultima settimana sono avvenuti due stupri a Bologna”. Lo segnala Non una di meno Bologna, spiegando di esserne venute a conoscenza al ritorno dalla recente assemblea nazionale di Torino, “dove in centinaia abbiamo rilanciato la nostra lotta contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere. Quello che è accaduto a Bologna rinnova il senso di urgenza di questa lotta e ci spinge a esprimere vicinanza e supporto alle donne colpite da queste violenze. Purtroppo, come sappiamo, non si tratta di casi eccezionali né di emergenze. Lo diciamo da sempre: la violenza maschile e di genere è strutturale, non ha provenienza geografica né classe, avviene in ogni luogo e contesto e, il più delle volte, comincia tra le mura domestiche, agita da familiari e persone a noi vicine. La violenza maschile e di genere è l’espressione più brutale della cultura sessista e patriarcale che pervade la società e che non sempre raggiunge le prime pagine dei giornali”.

Proprio ieri, intanto, sono stati diffusi (dai Carabinieri) i dati sull’andamento dei reati e proprio le violenze sessuali, in controtendenza rispetto al quadro generale, risultano in netto aumento. Tra l’1 maggio 2018 e il 30 aprile 2019 le violenze sessuali conteggiate a Bologna sono state 42 contro le 26 dell’anno precedente (+61,5%); a livello provinciale sono passate da 73 a 92 (+26%) e a livello regionale da da 275 a 308 (+12%). Questo all’interno di una diminuzione del totale dei reati: da 16.776 a 16.059 in città (-4,3%), da 42.975 a 41.834 a livello provinciale (-2,7%) e da da 168.344 a 163.147 a livello regionale (-3,1%).

Tornando a Nudm e ai due casi più recenti, così prosegue la nota pubblicata su Facebook: “Di quello che è accaduto a Bologna hanno parlato La Repubblica, Bologna Today e Il Resto del Carlino. Non sappiamo se le donne che hanno denunciato volessero un’esposizione pubblica di ciò che è successo loro. Il femminismo ci ha insegnato a rispettare in primo luogo il volere di chi ha subito violenza, tuttavia la priorità della stampa sembra essere ben altra. Anche in questo caso, infatti, assistiamo a una ricostruzione sensazionalistica che riproduce sempre gli stessi stereotipi, insistendo ossessivamente sui dettagli dell’aggressione e sulla nazionalità dello stupratore: in questo modo si alimenta un approccio emergenziale e discriminatorio, dai toni razzisti, che cristallizza le donne nella posizione di vittima insistendo sulla scena della violenza. Tutto questo ha il solo scopo di alimentare un misero dibattito politico fatto di proclami securitari e razzisti. Queste strumentalizzazioni sono per noi insopportabili. Noi sappiamo che serve a poco l’installazione delle telecamere, la militarizzazione delle strade e i progetti di riqualificazione proposti per scalfire una violenza che pervade l’intera società. Noi sappiamo che a stuprare non è un ‘africano’ o un ‘migrante, ma sempre e solo un uomo. Sappiamo che la violenza maschile e di genere non ha colore, né nazionalità, né cultura, ma solo un genere. I media continuano a raccontare stupri e femminicidi come episodi slegati tra loro, imputandoli a circostanze peculiari, come il degrado delle periferie, unite a fattori individuali, come la nazionalità di origine o le forme di “instabilità psicologica” di chi compie l’aggressione. Per noi è chiaro, invece, che le violenze si iscrivono in una cultura dello stupro che si basa sull’idea diffusa del possesso e della disponibilità dei corpi delle donne. Rifiutiamo ancora una volta l’uso strumentale della violenza sui corpi delle donne, del discorso sulla sicurezza e sul decoro che rinforzano processi di criminalizzazione, un clima intriso d’odio e razzismo istituzionale e sociale”

Si legge in conclusione: “Lo abbiamo scritto nel Piano Femminista e qui lo ribadiamo: nessuno spazio o contesto può dirsi liberato dalla violenza fino a quando non si comprenderà che non si tratta di degrado delle periferie o della minaccia dello ‘straniero’, ma di una società che si serve della violenza maschile e di genere per imporre e riprodurre ruoli e gerarchie. Contro questa violenza, accanto a tutte coloro che si rifiutano di essere vittime e considerate oggetti pienamente disponibili, come Non Una Di Meno continueremo a lottare per una trasformazione radicale di noi tuttu e di questa società. Solo una strada attraversata da corpi in lotta contro la violenza eteropatriarcale è una strada sicura. Sui nostri corpi decidiamo noi, e non abbiamo bisogno di protettori. Se toccano una rispondiamo tutte. Non una di meno!”.