Laboratorio Smaschieramenti/Atlantide ovunque: “Nel duro scontro verso lo sgombero, il quartiere e il comune hanno sempre contrapposto ai bisogni della comunità queer l’urgenza di collocare nello spazio servizi sociali per la comunità”. E invece…
“C’è già un progetto”. Frase sentita chissà quante volte. Di gran lunga è il pretesto più utilizzato quando c’è uno spazio occupato che si intende sgomberare. L’immobile in questione potrebbe essere abbandonato da secoli. La polvere accumulata al suo interno potrebbe aver raggiunto il mezzo metro di altezza. La proprietà, pubblica o privata, potrebbe anche averne dimenticato l’esistenza. Eppure improvvisamente salta fuori che “c’è già un progetto”. Di conseguenza gli occupanti devono immediatamente lasciare l’edificio, con le buone o le cattive, altrimenti “il progetto” rischia di subire imperdonabili rallentamenti. E “il progetto” non può aspettare, “il progetto” è praticamente pronto, “il progetto” porterà benefici incalcolabili
Quando Zeroincondotta presentava così la sua prima inchiesta spazi sgomberati e poi rimasti abbandonati a Bologna, “Chiedi alla polvere“, era il marzo 2013 e in uno dei due casseri di porta Santo Stefano era animato da 14 anni dalll’esperienza di Atlantide, uno spazio sociale che è stato al contempo un’importantissimo laboratorio dell’attivismo femminista e lgbtqia+ e un punto di riferimento della scena punk-hardcore. Erano già due anni che dal Comune prima l’amministrazione commissariale di Cancellieri e (proprio lui) Piantedosi, poi la prima giunta Merola andavano dicendo che Atlantide se ne doveva andare. Dopo quattro anni di lotte lo sgombero infine arrivò, a ottobre 2015.
Sono passati dieci anni, è passata la polvere, sono passate tre giunte del Pd, sono passate dichiarazioni e promesse, le indecisioni, le ipotesi e gli svarioni e anche una discreta presa per il culo. Infine, eccolo. IL PROGETTO.
“Nel duro scontro verso lo sgombero, il quartiere e il comune hanno sempre contrapposto ai bisogni della comunità queer l’urgenza di collocare nello spazio servizi sociali per la comunità, mentre la solerte presidente del quartiere correva in procura con un fascicolo di documenti per denunciare l3 occupant3”, racconta oggi Laboratorio Smaschieramenti/Atlantide ovunque in un comunicato. Un decennio dopo, prosegue, “è sempre più urgente, improrogabile, la necessità di spazi queer e transfemministi, dove ricostruire legami sociali devastati dal neoliberismo, dalla gentrificazione, dalla speculazione edilizia e dall’impoverimento sociale, dove fare intercultura di genere e resistere al fascismo dilagante”.
E invece, il Cassero che fu Atlantide, “diventerà invece la Casa dell’architettura“, denunciano i collettivi, “dando finalmente casa ai poveri architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, che notoriamente stazionavano sui marciapiedi con i loro archivi, creando polvere e degrado. Solo due mesi fa, durante il vergognoso tentativo di pinkwashing di Art City, abbiamo chiesto conto al comune della progettualità sullo spazio: nessuna risposta. Ma forse l’assessore all’urbanistica non si occupa di queste cose, non è sua competenza, così come Art City e il Mambo non sono il comune. Alla domanda: che genere di città stiamo costruendo? Abbiamo risposto noi tutt3, con 10 anni di lotte contro la violenza patriarcale, di progettualità mutualistiche sulla salute delle persone lgbtqia+ e sulla cura e la (ri)produzione dei saperi che da quelle lotte sono nati e che le nutrono: architetture sociali viventi che rimangono ancora senza una Casa“.