Acabnews Bologna

I richiedenti asilo dei Prati di Caprara tornano in piazza

Un’affollata assemblea al centro d’accoglienza ha denunciato le condizioni di vita dei profughi nigeriani e ha lanciato un altro corteo per sabato 10 novembre’012 alle 14 da piazza XX Settembre.

07 Novembre 2012 - 13:53

Che la struttura di via Prati di Caprara non abbia nulla a che fare con l’accoglienza lo si capisce, quando si varca la soglia d’accesso. Il balzo del gradino che si incontra dopo il portoncino all’entrata ha un’altezza tale da essere un’efficace “trappola per caviglie spensierate”. E’ un messaggio chiaro, neanche troppo subliminale: qui dentro ci vieni perché uno straccio di ospitalità te lo dobbiamo dare, ma non pensare di stare bene, se te ne vai è meglio.

E’ stata molto utile e interessante l’assemblea che si è tenuta ieri sera nel centro dove alloggiano centotrenta migranti nigeriani fuggiti dalla guerra in Libia. Utile perché, chi c’è stato, ha visto coi propri occhi la disumanità di un “campo profughi bolognese” che non ha niente da invidiare per le pessime condizioni di vivibilità a uno dei tanti dispersi nel continente africano. Utile perché si è toccato con mano lo scandalo di una gestione della Croce Rossa che, con l’avvallo della Protezione Civile e della Regione Emilia-Romagna, col silenzio complice del Comune di Bologna, con i quasi tre milioni di euro che si è messa in tasca, eroga un “servizio” che fa mancare l’acqua calda e il riscaldamento e che non ha fatto partire nessun percorso di inserimento e di inclusione dei richiedenti asilo, non ha dato nessuna informazione sui tempi della procedura di asilo, non ha attivato un corso di formazione professionale qualificato. Per non parlare del permesso di soggiorno, quel maledetto pezzo di carta che, per i migranti, è l’unico strumento per progettare una nuova vita. Poi ci sono quei tremendi container, quelli che girano da una parte all’altra, che costano un sacco di soldi per il loro allestimanto e fanno stare di merda la gente. In questi casi, quando si fa una convenzione per una struttura di residenza collettiva, si fa un contratto di servizio tra l’ente pubblico e l’ente gestore. Sarebbe simpatico vedere cosa stava scritto nel contratto di servizio e cosa la Croce Rossa ha fatto effettivamente, ma chi lo fa questo controllo? Normalmente, sarebbe materia di un un eletto o di un amministratore locale svolgere questo tipo di attività, ma ieri sera non c’era nessuno che venisse dalle parti di Palazzo d’Accursio. E la cosa più schifosa che è avvenuta nei giorni scorsi è che l’unico consigliere comunale che ha preso la parola è stato il leghista Manes Bernardini per chiedere di “rispedire i nigeriani a casa loro”. Tutti gli altri sono rimasti affogati in un silenzio tombale.

L’assemblea è stata pure molto interessante, perché dalla viva voce dei ragazzi nigeriani si sono sentite le loro storie di fuga, sono stati raccontati i loro imbarchi forzati, il loro arrivo in Italia e l’avvio ai centri. Ragazzi in gamba che hanno preso coscienza del fatto che la tutela dei loro diritti e il rispetto della loro dignità passa dalla loro capacità di rompere il muro del silenzio che si era alzato attorno ai Prati di Caprara. La manifestazione del 29 ottobre, organizzata con lo sportello migranti del TPO e l’associazione Ya Basta, a cui si sono uniti anche i migranti ospitati a Villa Aldini, è stata una prima breccia contro l’omertà strisciante. L’assemblea di ieri sera che ha visto la partecipazione in massa dei migranti nigeriani, ma anche di parecchi attiviste e attivisti bolognesi, è stata una seconda tappa della “marcia” per i diritti e per la dignità.

Il terzo appuntamento scaturisce dalla decisione presa nell’incontro di ieri sera: sabato 10 novembre, alle ore 14, da piazza XX Settembre, partirà un corteo per ribadire che luoghi disumani come i Prati di Caprara non ci devono essere, che deve essere dato un permesso di soggiorno per motivi umanitari a chi fugge dalla guerra e dalla miseria, che occorre trovare sistemazioni dignitose e attivare percorsi di inclusione. Per dimostrare che c’è una Bologna diversa da quella razzista di Bernardini e da quella pilatesca dell’amministrazione comunale.