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I ciclofattorini tornano in piazza e bloccano McDonald’s [audio]

Prosegue la mobilitazione per il riconoscimento del lavoro subordinato: sciopero delle consegne e manifestazione insieme a facchini della logistica, operatori dei beni culturali, dello spettacolo, dei servizi sociali e dell’accoglienza, studenti di Belle Arti.

26 Marzo 2021 - 21:27

I rider si sono fermati nel “No delivery day” promosso dalla rete “Riders per i diritti” per chiedere il riconoscimento di un contratto nazionale di lavoro subordinato. Intorno alle 20 i ciclofattorini in sciopero delle consegne che, biciclette appoggiate al muro e borse termiche a terra, si erano raccolti in presidio da un’ora e mezza in piazza del Nettuno, hanno attraversato la T per andare proseguire la protesta con cori e cartelli davanti agli ingressi del McDonald’s all’angolo tra via Indipendenza e via Ugo Bassi.

“Non e’ possibile all’interno di una pandemia fare questo lavoro a tre euro a cottimo senza neanche la malattia. Questa barbarie deve finire”, spiega Riders union Bologna,com’e’ possibile nel 2021 lavorare a cottimo, dover fare la competizione tra altri lavoratori, dover correre, bruciare semafori, per riuscire a portare a casa una paga degna? E’ inaccettabile. Vogliamo un monte ore garantito, una paga fissa oraria, la malattia, le ferie e i diritti sindacali. Si puo’ fare”. C’è poi il tema della salute: “Entriamo nelle case delle persone e le aziende per cui lavoriamo neanche il gel e le mascherine ci hanno fornito. Abbiamo dovuto fare gli scioperi e le cause”.

“In questi anni – aggiungono – le grandi multinazionali ci hanno mostrato la loro idea di lavoro, autonomo e pagato poco. Abbiamo sopportato il peso di essere lavoratori essenziali, ma spogliati dei loro più essenziali diritti. Hanno siglato alle nostre spalle un accordo truffa. Si guadagna pochissimo perché le piattaforme continuano ad assumere nuovi riders con contratti di collaborazione, scaricando tutti i costi su di loro. Siamo qui per dire basta, per dire no. Vogliamo contratti, monte ore garantito, paghe adeguate ai contratti nazionali, ferie, infortunio, malattia”.

Lavoratrici e lavoratori di diversi settori hanno inoltre preso parte alla piazza: i facchini della logistica, gli operatori dei beni culturali (“a marzo scorso abbiamo accettato di essere i primi a fermarci, Oggi no, la cultura è presidio di crescita e di benessere per la società”), quelli dello spettacolo, dei servizi sociali (“lavoriamo senza alcun tipo di tutela sanitaria, e nelle periferie vedono una crescente esclusione di tante persone, che si rivolgono a noi perché che non ce la fanno più”), dell’accoglienza. Questi ultimi sottolineano come la pandemia abbia colpito principalmente chi è più in difficoltà, e valorizzano le esperienze di mutuo aiuto e solidarietà emerse in questo anno. C’erano pure gli studenti dell’Accademia di Belle arti, che lamentano la chiusura dei laboratori per le attivita’ pratiche e quindi di fatto la loro sospensione.

> Gli audio raccolti in piazza: