Acabnews Bologna

Guardie private a pattugliare via Zamboni e dintorni

Cua: “Ronde non sono la soluzione, ma parte integrante del problema”. Nei giorni scorsi volantinaggio di Exarchia al Carrer Day: “Una grande farsa”.

07 Marzo 2016 - 17:37

Nessuna ronda sarà tollerata nella nostra università!

Piazza Verdi, Teatro comunale (foto Fabio Duma)Il copione è sempre lo stesso. Da una parte povertà, disoccupazione e disagio sociale, dall’altra paranoie securitarie che altro non fanno, nei fatti, che acuire il problema. E’ di questi giorni la notizia che, da oggi e per tre mesi, in zona universitaria due guardie private passeggeranno alla ricerca del ladro, dello spacciatore, dell’”llegale” di turno pronto ad aggredire e turbare l’idillio Unibo. L’Università, probabilmente ignorata dalla Questura, fa da sé e, con gli stessi soldi che magari sarebbero più utili per qualche borsa di studio, pagherà questi signorotti per compiere 4 ronde giornaliere nelle nostre strade. Ma lo diciamo subito: non paghiamo migliaia di euro di tasse universitarie per averci dei “robocop” armati tra i piedi. Pretendiamo servizi, non guardie.

Queste strade sono piene di contraddizioni ma torniamo a ripeterlo, è soltanto a partire dai soggetti sociali che vivono un determinato territorio, dalle forme e dai percorsi di autonomia che lì maturano che c’è speranza e possibilità di superare condizioni difficili. Non con un paio di buttafuori che, guardinghi, si sentono autorizzati a scrutare ogni studente e studentessa.

Siamo chiari: non vogliamo ronde in zona universitaria perché non sono la soluzione, ma parte integrante del problema. Le controindicazioni sono patrimonio collettivo. Con l’acuirsi della crisi è fisiologico che crescano le così dette illegalità del disagio e della povertà, soprattutto autolesionisti, ma la sorveglianza armata può soltanto alzare la tensione quotidiana che si respira in questo o quel quartiere. Poche settimane fa, proprio in via Zamboni 38, abbiamo ospitato i familiari di Davide e il comitato “Verità e giustizia per Davide Bifolco”, 16enne ucciso dalla polizia presente in forze e nervosamente nel suo quartiere. Non vogliamo che vicende simili si riproducono, perciò nessuna sorta di ronda troverà mai spazio nei corridoi delle facoltà, nelle biblioteche o sotto questi portici che ogni giorno viviamo e significhiamo.

Ma, senza andare troppo lontano, crediamo anche che la scelta dell’università di riportare le guardie in zona universitaria, proprio nella settimana in cui si ricorda Francesco Lorusso, sia una grave provocazione. Invece di aprire spazi di socialità e aggregazione per gli studenti, si va avanti con politiche di controllo, militarizzazione e ordinanze varie che non risolvono proprio niente, ma finiscono solo per acuire i problemi e le tensioni. Per concludere, crediamo che questo modello su cui si vuole impostare la vita della zona universitaria sia terribilmente sbagliato. Invitiamo dunque tutti gli studenti e le studentesse che credono che un altra zona universitaria sia possibile, a partire dalla nostra volontà di cambiare le cose, a mostrare il rifiuto per queste “nuove ronde” armate.

Nè guardie, nè ronde! Fuori dalla zona universitaria.

Collettivo Universitario Autonomo Bologna

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Volantinaggio al Career Day del 1 marzo

La mattina di martedì 1 marzo abbiamo organizzato un banchetto contro-informativo di fronte alla splendente vetrina dell’UniBo (Univercity, AlmaOrienta e Career Day). Un banchetto, un the, un caffè, un volantino sono stati l’occasione per scambiare due chiacchiere con gli studenti e le studentesse in cerca di informazioni sul proprio futuro in campo formativo o lavorativo. Quello che abbiamo percepito all’esterno, parlando con le persone, è stata tanta confusione e disillusione ma soprattutto un riconoscimento della grande farsa organizzata all’interno della fiera. L’Alma Mater si è spesa tantissimo per organizzare un gran gala pubblicitario per sé stessa, per le aziende sfruttatrici e, perché no, anche per la guardia di finanza.
Come ogni gala che si rispetti non potevano mancare le guardie di sicurezza, le stesse che da giorni presidiano Scienze Politiche per difendere il barone all’ultimo grido, le stesse utilizzate per chiudere gli spazi autogestiti in università e per reprimere. E così, mentre la grande madre accoglieva sorridente i nuovi figli, nel frattempo difendeva la splendente vetrina grazie ai vigilantes o chiudendo tutte le aule studio di palazzo Hercolani.

> Di seguito il testo del volantino diffuso:

Università e aziende, oggi, ti propongono un modello di lavoro basato sulla “flessibilità”, cioè la precarietà articolata in lavoro gratuito, tirocini, provvigioni. La precarietà, che ne consegue determina sia la tua vita personale che lavorativa

La formazione che ricevi è a puro scopo lavorativo, così che le materie di studio siano selezionate in base all’utilità economica dei vari finanziatori; pertanto tutto ciò che non può essere immediatamente speso, viene abbandonato.
Basandosi sulla competizione ti valutano con numeri, obbligandoti ad una gara al più obbediente e al più veloce, per portarti poi a vivere per lavorare, invece che lavorare per vivere, rubandoti tutto il tuo tempo affinchè altri si arricchiscano.
Finisci così sempre più solo, costretto dall’individualismo e all’egoismo, mentre i contatti ed il confronto con chi ti sta attorno diventano superficiali e improntati al guadagno.
Alla fine, non ne ricaverai nulla, perchè l’organizzazione all’interno dell’università e delle aziende è gerarchica: in qualsiasi posizione le tue scelte non conteranno nulla. Obbedisci al capo, fai il bravo, ma la gara per il potere è una corsa truccata dall’appartenenza alla Classe giusta.

Ti faranno promesse, ti offriranno un’opportunità per fare esperienza, ti chiederanno di essere flessibile. Flessibilità nell’orario e/o nelle mansioni, per essere intercambiabile e funzionale. Per esperienza intendono un lavoro pagato poco o nulla, dove interviente l’abitudine, perché l’esperienza è formativa solo quando è inserita in un costante percorso critico. La promessa, di un salario o di un’assunzione, è l’altra grande menzogna: si basa sull’idea che siano un premio e non un diritto. E’ una falsa speranza, perché finita la tua prestazione andranno a ripescare qualcun’altro/a dal mare di disoccupati/e e precari/ie da cui sei venuto/a.

Il modello seguito dall’UniBo e dalle aziende che ti presenteranno oggi è quello capitalistico. Questo sistema produce diseguaglianza, povertà, sfruttamento e infelicità. Ora più che mai le sue contraddizioni si rivelano in termini di crisi ecologiche e sociali, che ci toccano tutti/e in prima persona.

Cosa possiamo fare?

Vivere collettivamente, distruggendo l’individualismo capitalista, vivendo con gli altri, intessendo con chi ci circonda relazioni umane e reti di solidarietà basate sulla cooperazione e il mutuo appoggio. Assieme possiamo fare molte più cose che divisi.

Rifiutare lo sfruttamento, non permettendo ad altri di fare i soldi sulla tua pelle. Rifiutati di lavorare gratis o di lavorare per un pugno di spicci. Non siamo disposti a generare ricchezza per pochi, mentre molti soffrono le conseguenze della crisi.
Come rifiuti il tuo sfruttamento, combatti lo sfruttamento degli altri.

Autorganizzarsi e abbattere le gerarchie. Non aspettare che qualcuno ti dica cosa fare, rifiutati di partecipare alla gara per il “posto migliore”, perchè è solamente una grande farsa.
Comunica con chi ti sta attorno e organizzati assieme a loro per raggiungere i tuoi obiettivi. Ci si può autorganizzare per lavorare ma anche per imparare: pensa ai gruppi di studio o agli interessi che hai in comune con altri.
Non staccare il cervello. L’università spesso insegna a non pensare, riduce tutto a conoscenze tecniche. Oltre le nozioni accademiche, attorno a te c’è un mondo da conoscere. Discuti con i tuoi amici, organizza momenti di confronto e concretizza ciò che pensi!

La società che puoi vivere, può essere concretamente LIBERA – libera dallo sfruttamento, dalle diseguaglianze sociali, dalle gerarchie, dall’isolamento sociale – e AUTOGESTITA – organizzata dal basso, assieme a chi ci circonda, senza capi o capetti.
Non farti abbattere dall’inquietudine capitalista, riprenditi la tua felicità.

Collettivo Exarchia