Il giudice ad Atene ha detto no all’Italia, che vuole processare i ragazzi per il corteo contro l’esposizione universale dello scorso Primo Maggio. Per quattro il verdetto era arrivato venerdì, oggi il quinto, di stesso segno.
di Giansandro Merli e Viola Vertigo da Atene Calling
Il 12 novembre scorso il gip di Milano aveva firmato la richiesta d’arresto per cinque italiani (di cui uno è ancora ricercato) e cinque greci. Per questi ultimi era scattato conseguentemente un “mandato di estradizione europeo”. Oltre che di resistenza aggravata, incendio e travisamento, i ragazzi sono accusati di devastazione e saccheggio. Un reato che proviene dal codice fascista Rocco (tuttora in vigore come codice penale), prevede pene altissime e ha sollevato grosse polemiche in Grecia, dove risulta difficile credere che in un paese europeo si possano prendere tra i dieci e i quindici anni di carcere per aver partecipato a degli scontri di piazza.
Sin dall’inizio del caso, la campagna free5 ha dimostrato una grande solidarietà ai cinque studenti e ha espresso in più occasioni una larga opposizione all’estradizione. Dalla parte dei ragazzi si sono schierate figure istituzionali, personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, organizzazioni sindacali. Durante le udienze, infatti, oltre al sindaco di Agia Paraskevi, dove i cinque risiedono, hanno testimoniato a favore dei ragazzi due eurodeputati, un esponente della corte europea per i diritti umani, diversi membri del sindacato di base dei cuochi e dei camerieri di cui fa parte uno dei cinque, familiari e diverse persone attive nelle organizzazione del quartiere di provenienza dei ragazzi. Giovedì sia i professori che i lavoratori della municipalità di Aghia Paraskevia hanno scioperato. Inoltre, è stata occupata la facoltà di economia ASOEE dall’assemblea solidale contro l’estradizione. Davanti al tribunale, invece, si sono radunate diverse centinaia di persone che hanno manifestato durante le udienze.
Le motivazioni del rifiuto dell’estradizione non sono state ancora pubblicate e quindi non è possibile entrare nel merito del processo. Di sicuro, però, la decisione è molto significativa e avrà effetti politici non da poco. Era la prima volta che un mandato di arresto europeo veniva spiccato per le misure cautelari a seguito di episodi relativi a scontri di piazza. Questo rifiuto farà sicuramente giurisprudenza e renderà un po’ più difficile il tentativo di criminalizzare e perseguire i movimenti a livello transnazionale. A maggior ragione perché è molto raro che una richiesta di estradizione sulla base del mandato europeo venga negata.
Quello che è accaduto in Grecia è rilevante anche rispetto alle vicende italiane. Sia per rendere ancora più evidente l’assurdità di un reato, come quello di devastazione e saccheggio, che prevede pene altissime per episodi di danneggiamento che in genere non vanno oltre la rottura di una vetrina o di un bancomat. Sia per ribaltare la figura ormai mitologica dell’anarchico greco. Mentre i giornali italiani si divertono a descrivere i “pericolosi anarchici” giunti da Atene “solo per devastare”, armati di bottiglie incendiarie e rancore, come parte di una “regia internazionale degli scontri”, dall’altro lato dell’Adriatico questi ragazzi sono semplicemente studenti che godono della simpatia e dell’appoggio dei loro professori, dell’assemblea di quartiere, di tanti lavoratori e di moltissimi altri giovani. In aula, si è più volte tornati sulla sommarietà della definizione delle accuse con cui le autorità italiane hanno chiesto ad uno Stato sovrano europeo di eseguire l’estradizione di cinque giovani che godono del rispetto di molti proprio per la forza con cui si impegnano per il cambiamento sociale in Grecia. Tra l’altro, le accuse sono state formulate sulla base di una traduzione contraddittoria dell’originale mandato di cattura in italiano. Inoltre, è stato evidenziato – e questo non solo dagli avvocati difensori, ma dagli stessi PM (che pure sono rimasti favorevoli all’estradizione) – come fosse nei fatti la prima volta che un simile procedimento si svolgesse nei confronti non di pericolosi criminali (in genere riguarda reati come il narcotraffico o lo sfruttamento della prostituzione), ma di giovani politicamente determinati e impegnati a costruire un futuro migliore.
Speriamo che tutto questo serva, in qualche modo, anche ai ragazzi italiani colpiti dallo stesso procedimento.