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Fuoriluogo, tutti assolti

Cade il teorema della procura secondo cui nel circolo di via San Vitale, sequestrato ad aprile 2011, avrebbe avuto sede un’associazione a delinquere.

31 Marzo 2014 - 18:58

Applausi e grida di gioia, tra i cinquanta solidali che affollavano l’aula del Tribunale, hanno accolto oggi pomeriggio la lettura della sentenza del processo a 21 persone che la procura riteneva essere componenti di un’associazione a delinquere con sede allo spazio di documentazione Fuoriluogo. Tutti assolti, perché il fatto non sussiste.

L’avvocato Ettore Grenci esprime soddisfazione: “Era la formula assolutoria che avevo
chiesto, ci tenevo particolarmente perché salvaguarda il diritto di associazione e la libertà di pensiero. Se ci fosse stata una condanna sarebbe stato un precedente pericoloso”.

Nelle ore precedenti si erano tenute le ultime requisitorie della difesa: “Non cerchiamo attenuanti, non ci chiedete l’abiura o una presa di distanza. Abiura di cosa? Noi questo capo di imputazione semplicemente non lo riconosciamo – aveva detto lo stesso Grenci –   Non siamo davanti alla banda dei bancomat, non è Arancia Meccanica. Qui è stato messo sotto accusa un certo tipo di associazionismo” che invece ha solo “fini politici”. Al contrario, “siamo riusciti a dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che l’attività di Fuoriluogo consisteva in una protesta dura, anche radicale, ma senza nessuna preordinazione”.

Solo per le intercettazioni, le localizzazioni, le videoriprese a cui sono stati sottoposte le persone coinvolte si sono spesi 300.000 euro. “Un grande fratello che ha dato esiti davvero modesti”, secondo Claudio Novaro, un’altro dei difensori, che nel suo discorso ha definito “panzane clamorose” alcune delle dichiarazioni dei testi dell’accusa: “Fuoriluogo era uno spazio molto più articolato rispetto alla caricatura impoverita che ne hanno fatto”.

Il circolo di via San Vitale era stato posto sotto sequestro giudiziario il 6 aprile 2011,  contenstualmente a diverse perquisizioni domiciliari all’esecuzione di quindici misure cautelari, di cui cui 5 in carcere. Un anno fa, il 15 marzo 2013, era iniziato il processo di primo grado, giunto oggi a termine.

La procura, che aveva chiesto 14 condanne da 2 a 4 anni, fa sapere che ragionerà sul da farsi dopo avere letto le motivazioni e specifica che, fallita la strada del reato associativo, rimangono in piedi altre indagini e processi sui comportamenti dei singoli. Resta però il fatto che è la seconda volta, in pochi anni, che una maxi-operazione di polizia e magistratura bolognesi in ambiente anarchico si tramuta in un nulla di fatto nelle aule di tribunale.