La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza d’appello a carico dell’ex militante neofascista e degli altri due imputati per reati minori e con essa la ricostruzione di un attentato voluto e finanziato dalla loggia di Licio Gelli, grazie ad ampie protezioni nello stato ed esecutori reclutati nell’eversione nera.
La Corte di Cassazione ha rigettato ieri i ricorsi dei tre condannati dalla Corte d’Appello nel processo scaturito dall’inchiesta sui mandanti dell‘attentato esplosivo alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, che uccise 85 persone e ne ferì oltre 200. Diventa dunque definitiva la condanna alla pena dell’ergastolo per concorso in strage a carico di Paolo Bellini: militante fino al 1976 dell’organizzazione neofascista Avanguardia Nazionale, poi una vita passata nelle zone grigie tra stato, eversione nera e criminalità organizzata. A incastrarlo, un video amatoriale che lo ritrare sulla scena pochi minuti dopo l’esplosione, nell’organizzare la quale, hanno scritto i giudici di appello, aveva avuto un ruolo di “supporto materiale” nei confronti dei quattro esecutori già condannati in via definitiva: Franesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, tutti militanti di un’altra formazione neofascista, i Nuclei armati rivoluzionari. Per Cavallini la sentenza di mandantiterzo grado è arrivata questo gennaio.
Confermate le condanne inflitte in appello anche agli altri due imputati per reati minori: l’ex capitano dei Carabinieri Piergiorgio Segatel, a sei anni per depistaggio, e Domenico Catracchia, amministratore di alcuni condomini di via Gradoli a Roma, a quattro anni per false informazioni al pubblico ministero.
L’importanza di questi tre gradi di giudizio tuttavia risiede, più che nell’avere individuato il quinto esecutore, in tutto il capitolo riguarda i mandanti, non processati perché tutti deceduti alla chiusura dell’inchiesta: i capi della loggia P2 Licio Gelli e Umberto Ortolani, quello dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno Federico Umberto D’Amato, il senatore del Msi Mario Tedeschi. La ricostruzione ossia di una strage voluta e finanziata dalla P2, realizzata grazie ad ampie protezioni nel Viminale e nei servizi, eseguita da fascisti, questi ultimi ben remunerati ma mossi anche da una volontà di colpire e indebolire la democrazia non molto dissimile da quella dei piduisti.
“Dedichiamo ai familiari delle vittime questi pezzi di verità importanti che raccontano cosa è stata la strategia della tensione in Italia e quello che ha rappresentato per Bologna, che è stata ferita e colpita”, ha detto dopo la lettura della sentenza l’avvocato Andrea Speranzoni, uno dei quattro legali di parte civile. Tra un mese esatto sarà il quaranticinquesimo anniversario, e come sempre i familiari delle vittime saranno alla testa del corteo che da piazza del Nettuno raggiungerà la Stazione alle 10.25, l’ora della bomba. Quel giorno “potremo dire di aver chiuso un cerchio, un fatto importante e estremamente positivo. Abbiamo i mandanti, i protettori degli esecutori e gli esecutori. Se mai si studierà il dopoguerra italiano questa sentenza farà parte della Storia. Praticamente si dice che il piano di Rinascita di Gelli era un piano golpista”, ha affermato Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari, alla quale si deve un ruolo importante nell’avere salvato dall’archiviazione l’inchiesta sui mandanti.
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