Un resoconto della seconda assemblea dell’azionariato popolare per la cooperativa GFF, progetto di recupero della fabbrica ex Gkn, che si è tenuta domenica 17 novembre a Firenze: meteo e logistica non hanno aiutato, ma la proposta di legge regionale è stata approvata. Però è presto per festeggiare. A Bologna nuova iniziativa solidale il 13 dicembre.
a cura del Centro di documentazione dei movimenti “Lorusso-Giuliani”
La giornata del 17 novembre ai piedi della torre di piazza Poggi, per la seconda assemblea dei potenziali soci della cooperativa GFF, ma anche “per altro”, forse “per tutto”, inizia in un clima uggioso e umidissimo, con nuvole basse e gonfie, sotto la costante minaccia, a tratti effettivamente materializzatasi, di una annunciata “pioggerella fastidiosa”. Ad aprire le danze – a dire il vero molto statiche, visto il contesto – è Dario Salvetti che, nei suoi saluti introduttivi, chiarisce subito che “per ragioni tecniche (la pioggia che può aver scoraggiato molti dei/delle potenziali sociə, le questioni logistiche tutt’altro che ottimali) oggi non si voterà nessuna risoluzione sul prosieguo della vertenza ex GKN“.
Nonostante questo, non mancano di certo i contenuti e gli argomenti a questa lotta, che “non è una vertenza sindacale classica di una parte sociale contro un imprenditore” e “in cui c’è qualcosa di losco e di opaco” nel comportamento della controparte, silenziosa e logorante più che apertamente aggressiva. “La proposta di legge consortile avanzata dal collettivo di fabbrica è maggioranza in consiglio regionale (se prima era stata fatta propria solo dal M5s, ora anche il Pd si è unito). La nostra richiesta è, di nuovo, l’intervento pubblico su quella maledetta area, lo capisce chiunque”. Un’area, quella del sito produttivo di Campi Bisenzio, acquistata da due agenzie immobiliari, che però si sono viste negare dal Comune della cittadina toscana il cambio di destinazione d’uso: quella fabbrica, dunque, deve rimanere una fabbrica, non può diventare un altro centro commerciale che andrebbe a fare il paio con “I Gigli”, altro megastore dirimpettaio della fabbrica ex Fiat, come probabilmente era nei progetti dei potenziali gruppi speculatori. “La nostra proposta di reindustrializzazione – prosegue Dario Salvetti – è armoniosa, vuole produrre benessere, non valore; la “loro” è fare crescere i bilanci tramite l’industria di guerra”.
“Dall’ultimo incontro del 13 ottobre, nel Paese e nel mondo sono successe altre cose molto più grandi di noi e della nostra lotta: soprattutto è successa Valencia, simbolo della necessità di un cambio di marcia radicale dei paradigmi di produzione e gestione della società in senso sostenibile”.
Tornando però a noi, “continuano a colpirci sfiancandoci, giocando col tempo che non c’è più. Vogliono che questo sia il nostro ultimo Natale insieme. Da 180 che eravamo all’inizio, siamo rimasti in 120, e diminuiremo ancora, altre persone cederanno per logoramento. Per questo vi invitiamo a passare il periodo natalizio con noi nella mobilitazione, standoci vicinə e, ancora una volta, sostenendoci. E vi diciamo anche di tenervi liberi per la primavera”.
Dopo la solita grande campagna comunicativa secondo cui sarebbe stata “Festa o rabbia”, l’ammissione è: “Oggi, visto il tempo e le condizioni sfortunate, non riusciremo né a festeggiare, né a esprimere la nostra rabbia. Lo faremo nello sciopero generale del 29 novembre a Roma”.
La chiusura dell’introduzione Dario la affida all’ennesima riflessione sul respiro più ampio che caratterizza questa lotta: ricordando esperienze passate, sostiene che, anche soprattutto in relazione ai paradigmi (non) sociali odierni, dell’individualismo e della personalizzazione, “l’individuo, tramite accordi win-win (quelli che, cioè, almeno nell’immediato, portano vantaggi a tutte le componenti coinvolte), ogni volta può anche illudersi che si sta salvando, ma è la sua classe che arretra”.
Gli interventi
Anche questa volta gli interventi si susseguono in gran numero, anche se forse con meno incisività rispetto all’incontro di un mese fa.
Il primo a prendere parola è Nicola Borghesi della compagnia teatrale bolognese Kepler 452, che ripercorre, con la lettura di un testo scritto da lui, i tre anni di questa lotta a cui ha partecipato in prima persona sin dall’inizio, soffermandosi su alcuni episodi chiave, come quello che ha lasciato “la fabbrica buia, con un attacco mirato alla cabina elettrica condotto con competenze sbalorditive per un criminale comune”, nei giorni immediatamente precedenti alla seconda edizione del Festival di letteratura Working class ad aprile, e il racconto della successiva ricostituzione della cabina in tempi strettissimi grazie al supporto del movimento climatico internazionale, arrivato in particolare dalla Germania.
In chiusura, con un po’ di enfasi che rischia di cadere nella retorica – ma a un attore gliela concediamo – afferma: “I capitali passano, ma la storia della solidarietà e del comunismo resterà e sarà una storia inestinguibile. Si apre ora una nuova era, abbiamo tuttə la responsabilità di fare tutto nuovo”.
Sulla sua scia, il successivo intervento: “I lavoratori e le lavoratrici ex Gkn rappresentano l’esempio che le lotte non devono finire con la cassa integrazione e che tuttə possiamo occuparci di tutto (sono stati manager, finanzieri, operai, gestori della loro vicenda operaia a 360 gradi), per puntare a un’economia sostenibile”.
Subito dopo, un lavoratore del sindacato Si Cobas parla del suo caso di licenziamento collettivo di 24 persone da parte del proprietario di una stireria di provincia. Un caso simile a quello della GKN, puntualizza anche Dario Salvetti: operai senza stipendio da mesi, macchine pignorate, causa intentata contro il padrone, che non risponde e sembra rarefarsi ogni giorno di più.
Il Comitato Mondeggi Bene Comune è stato, anch’esso, vicino alla lotta di GKN fin dal primo giorno, anche per ragioni di affinità ideologica e di pratiche: anche Mondeggi ha in piedi un progetto di fattoria socialmente integrata, con una proposta di legge regionale sul consorzio pubblico a cui corrisponde un’assenza latitante della politica. La similitudine fra le due soggettività è tanta che la ragazza conclude il suo discorso chiedendo con speranza: “Riusciremo mai a vedere la mensa di GKN alimentata con i prodotti di Mondeggi? E, dall’altra parte, vedremo i prodotti Mondeggi trasportati sulle Cargobike prodotte dalla GFF?”.
Interviene, poi, Gigi Malabarba, con il contributo probabilmente più sostanzioso della giornata: “Abbiamo scritto un testo, con altre realtà sorelle – come Rimaflow, Mondeggi, collettivo ex GKN, il collettivo romano Controtempo, FuoriMercato, la Soms Insorgiamo – sulla convergenza per questa manifestazione. La convergenza è l’elemento fondamentale della lotta di classe di oggi. Per questo bisogna convergere tuttə sullo sciopero generale proclamato il 29 novembre prossimo, per una vera paralisi della produzione e circolazione delle merci, senza chiamate di date concorrenziali, perché da soli non ci si salva”.
“Questa lotta deve continuare anche dopo la sua fine, a prescindere dal risultato finale, perché rappresenta già un esempio di lotta generalizzata. E la Soms, sulla scorta dei fatti della cooperativa operaia di Pinerolo, può avere ruolo di protagonista in questo”.
Il microfono passa a Benedetta Sabene, giornalista di politica internazionale, che esordisce dicendo che, anche se parlare di politica internazionale in questo contesto può apparire fuoriluogo, in realtà “è tutto interconnesso, dalle elezioni americane, alla guerra nell’est Europa, al genocidio in Palestina. A tutto questo, alle delocalizzazioni dell’UE, allo sfruttamento della manodopera poco qualificata, l’Italia risponde con economia di guerra e spese militari (il 2% pdel Pil nella manovra di bilancio verrà impegnato per la Nato). Noi siamo qua per tutti i lavoratori e le lavoratrici, non solo per GKN!”.
Il centro sociale di Massa Carrara Casa rossa viene a Firenze per ringraziare i/le lavoratorə ex GKN, da cui – dicono – “abbiamo imparato cosa significa produzione ecologica, in particolare nel nostro territorio, centro di estrattivismo selvaggio nelle cave e negli altri spazi della zona”. Inoltre, “oggi siamo qui anche per lanciare la manifestazione territoriale del 7 dicembre contro il DdL 1660 e per far sapere che mentre noi siamo qui, moltə nostrə compagnə sono a difendere la nostra Casa rossa, che si trova sotto la minaccia imminente di uno sgombero, che leggiamo come una delle prime applicazioni del prossimo decreto sicurezza”.
Continuano gli avvicendamenti al banchetto, con una giornalista da sempre vicina al collettivo di fabbrica, che rilegge le parole pronunciate nella notte di capodanno 2023/2024, durante “l’ora x”, quando il pericolo più impellente era che i licenziamenti diventassero effettivi dal giorno successivo: in quelle parole, nonostante tutto, contenevano ancora uno sguardo aperto oltre la propria storia, tenendo insieme “relativo e assoluto” (una volta si, sarebbe detto “locale e globale”), “perché se Gkn vince, cambia i rapporti di forza a favore di tutte e tutti”. Mentre solitamente oggi i cortei, le lotte, le vertenze, vengono ingentiliti dai bei panorami (“si va a Roma per farsi le foto spettacolari delle mobilitazione sotto il Colosseo”), Gkn ha sfilato di notte in un posto piccolo, a significare la forza della rivendicazione. Dario ha detto “ogni ingiustizia è stata legge, prima di essere ingiustizia”, dobbiamo quindi proseguire la lotta”.
È il turno di Elio Germano, venuto a portare “la solidarietà di tutti gli artisti che non sono qua coi loro corpi”. Impegnato nel tour promozionale del suo ultimo film, “Berlinguer – La grande ambizione”, racconta di notare durante le presentazioni in giro per lo Stivale che “i/le giovani davanti alle immagini dell’ex segretario del Pci rimangono disorientatə, perché non riconoscono quel tipo di figura politica nel panorama odierno”. Questo porta a uno smarrimento di massa che è la terra di Bengodi del mercato, che “ci atomizza, ci induce all’insoddisfazione, per poterci poi rallegrare con le sue offerte e produzioni”. Per questo, “stare insieme oggi ci fa felici e ci salva”.
Tocca poi a Giulia del Clap (Camere del Lavoro Autonomo e Precario) di Roma, che riprendendo un po’ i concetti appena ascoltati, sostiene che “la frammentazione non è un destino. Dobbiamo connettere le soggettività, per una reale giustizia politica e sociale. Per questo è importante esserci, insieme, allo sciopero generale del 29 novembre indetto da Cgil e Uil (senza la CISL che non unendosi questa volta fa una chiara ed esplicita scelta padronale). I sindacati di base aderiscono, questo non vuol dire che si fidano dei confederali, ma che la necessità di intersecarsi è urgente”.
Dopo una piccola parentesi della presidenza dell’assemblea che rimarca e ringrazia la partecipazione numerosa dei e delle giovani, si approccia al microfono Christian Raimo, uno degli interventi più attesi per la sospensione di tre mesi dall’insegnamento, con riduzione del 50% dello stipendio, comminatagli per aver attaccato il ministro Valditara in un dibattito pubblico.
“Il capitalismo, da sempre, prima di distruggere il materiale ha distrutto l’immaginario. Il collettivo di fabbrica ha lavorato principalmente su quello, portando nel dibattito pubblico concezioni altre, con la capacità ogni volta di reinventarsi. Nell’era dell’alternanza scuola-lavoro, i ragazzi non hanno idea di cosa sia il mondo del lavoro. E anche noi insegnanti facciamo fatica a pensare un modello di formazione che non riproduca la divisione del lavoro e la gerarchizzazione tra manodopera a basso costo e classe dirigente. In questo senso, GKN può fungere da grandissima agenzia di formazione sul lavoro per docenti e ragazzə. Qui, infatti, in questi anni abbiamo condiviso un fondamentale sapere democratico sul lavoro, che ci porta a riflettere su cosa significa la parola ‘lavoro’ nell’articolo 1 della Costituzione, cioè cultura del lavoro, non della prestazione”.
Dopo il collegamento internazionale telefonico con una compagna dall’inferno alluvionato di Valencia e dopo la pausa pranzo, altri interventi si susseguono pongono l’accento su vari temi, come l’ennesimo taglio ai fondi per l’’università a favore dell’economia di guerra o l’azionariato popolare, su cui dobbiamo “puntare ancora e, soprattutto, dobbiamo sostenerlo. Dobbiamo metterci qualcosa di più, noi, che troviamo ogni volta tutto apparecchiato dagli operai per far sì che questi momenti possano realizzarsi. È una vertenza, questa, che dobbiamo fare durare almeno quattro anni”.
Partecipa alla giornata anche Francesca Coin: “Questo è diventato un luogo di libertà, in cui è bello potersi chiamare compagni/e. Questa lotta è sopravvivenza. Dobbiamo proteggere la gioia che, nonostante tutto, è sempre venuta fuori da questa lotta così dura”.
A chiudere, prima dei saluti, un ignoto poeta legge una poesia di amore ed eros, perché la lotta è passione ed erotismo.
La conclusione: qualcosa si muove, ma stateci ancora vicinə
È sempre Dario Salvetti a tirare le fila per la conclusione dell’assemblea. Ed è con la notizia più importante che comincia: “L’ultimatum del 15 novembre non se lo sono cacato, ma la nostra proposta di legge regionale per un consorzio industriale pubblico è stata approvata. Non finanziata, quindi non si può festeggiare”. Manca ancora il sito per la produzione, ma qualcosa si muove. Non c’è da illudersi, però. Mentre la destra taccia questa legge di essere “sovietica”, “l’attuale Regione Toscana ha detto agli/alle operaiə GKN, tramite gli/le operatorə dei centri per l’impiego, di “trovarsi un altro lavoro”. La trappola è evidente”. Anche perché i tempi si prospettano lunghissimi, bisognerà aspettare le prossime elezioni regionali, che hanno data tutt’altro che certa e potrebbero tenersi tra la primavera e l’autunno del 2025.
Quello che è sicuro è che: “Noi ci saremo, perché noi gliela faremo pagare. Che scelgano loro se saremo una reindustrializzazione dal basso pacifica, come piace a loro, o se sarà ribellione. La lotta è paralisi, anche se danno la colpa del caos a chi si oppone al caos. Come per il fascismo, che ha invertito causa ed effetto e si è imposto sfruttando l’impasse della società. Quando cala l’apatia sociale, l’allerta della catastrofe diventa routine, si neutralizza e si normalizza (‘lo dice sempre il tg che c’è la catastrofe’)”.
Non manca l’appello all’unità delle lotte: “Lo sciopero del 29 novembre va generalizzato, anche se non si è d’accordo in pieno sulla linea. Certamente, la chiamata di questa piazza ha un problema di credibilità, ed è grave che Landini, segretario di cinque milioni di persone, dica che non c’è rivolta sociale. Ma la convergenza è urgente. Siamo nell’era dell’individualismo e del personalismo, ma ogni tempesta inizia con una singola goccia, e non puoi sapere se quella goccia è la tua azione”.
Infine, riprendendo quanto detto nell’introduzione, l’appello più importante: “Vi chiediamo di fidarvi (che abbiamo un piano) e di non fidarvi (abbiamo bisogno di tutto il vostro senso critico) e di sostituirvi a noi se non saremo più in grado di stare nelle piazze. Ma soprattutto vi chiediamo di continuare l’azionariato popolare e di essere prontə per la primavera. E di aiutarci per Natale. Chiediamo alla vostra solidarietà di sostenerci, di raccogliere un po’ di fondi da trasformare in 400 euro di buoni pasto a testa per ognuno/a di noi per permetterci di passare questo periodo con un po’ di serenità insieme alle nostre famiglie”.
Bologna si mette subito in moto, e vi invita tuttə a una serata in programma il 13 dicembre a Vag61, perché la solidarietà e il mutualismo sono le nostre armi per continuare a combattere contro chi ci ruba la vita.