Con i familiari di Federico Aldrovandi quelli di Cucchi, Uva, Ferrulli, Brunetti… E c’è Paolo Scaroni, tifoso mandato in coma dalla celere. Poi comitati, studenti, centri sociali, ultras.
“Non va bene a noi, non va bene alla mia famiglia, non va bene neanche alle persone che hanno avuto una vittima delle forze dell’ordine in famiglia, e che oggi [ieri, ndR] pomeriggio sono qua con noi. Per dire che non possiamo accettare” quello che sta avvenendo, i poliziotti condannati “non possono più lavorare”. Così Patrizia Moretti alla partenza del corteo che, a Ferrara, ha visto sfilare oltre cinquemila persone unite dalla convinzione che chi ha ucciso in divisa non possa continuare aprestare servizio, armato, in polizia.
Con i genitori, il fratello e gli amici di Federico Aldrovandi c’erano Lucia Uva, Domenica Ferulli, Ilaria Cucchi, che da anni si sostengono a vicenda nella loro lotta per verità e giustizia. E poi Paolo Scaroni, tifoso del Brescia mandato in coma dalla ferocia dei celerini durante una trasferata a Verona. E ancora altri familiari delle vittime della violenza di stato, altri sopravvissuti.
Nel lungo corteo partito alle 15.30 da via dell’Ippodromo si riconoscono tra gli altri gli striscioni del Comitato Verità per Aldro di Bologna, degli spazi sociali bolognesi, degli studenti, degli ultras di calcio e basket. La manifestazione passa in pieno centro,davanti al Comune, dove un anno fa ebbero luogo la provocazione del Coisp e il grande presidio convocato in risposta, e arriva in prefettura, dove gli Aldrovandi vengono ricevuti e consegnano una lettera rivolta al Viminale.
Lì davanti all’ufficio del governo parla dal camion un amico di Federico: “Dovremmo scegliere con più cura i protagonisti dei nostri incubi. E’ molto più difficile essere aggrediti in un vicolo buio che trovarsi in uno stato autoritario repressivo che concede sempre meno diritti ai propri cittadini, troppo distratti dalla propria paranoia per rendersene conto”.
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