Due anni fa quattro poliziotti riconosciuti colpevoli di eccesso colposo in omicidio colposo. Giovedì scorso il processo Aldrovandi-ter si è concluso invece con la condanna a tre mesi di un poliziotto per omessa denuncia aggravata
Meno di due anni fa la sentenza di primo grado, che aveva condannato quattro agenti della polizia di Ferrara a 3 anni e 6 mesi per eccesso colposo in omicidio colposo, riconoscendo l’impianto accusatorio della procura estense secondo il quale i quattro avevano causato la morte del diciottenne Aldrovandi, fermato per strada all’alba del 25 settembre 2005, inferendo violentemente sul suo corpo e comprimendolo a terra durante l’immobilizzazione, al punto da mandarlo in arresto cardiaco.
Domani si ricomincia davanti alla Prima sezione della Corte d’appello di Bologna. Diverse le novità: la famiglia Aldrovandi, a cui lo stato ha riconosciuto un maxi-risarcimento, non sarà parte civile; a difendere uno dei poliziotti imputati è stato chiamato Niccolò Ghedini, legale del premier Berlusconi. Obiettivo della difesa sarà ottenere una nuova perizia medica che sconfessi quella, determinante in primo grado, del prof. Gustavo Thiene, che rilevò le prove della compressione toracica. Le prossime udienze saranno il 17, 18, 23 e 25 maggio.
Nel frattempo, a Ferrara, si sono tenuti altre due processi inerenti i fatti di quella mattina di settembre di sei anni fa: nel primo, noto come Aldrovandi-bis, altri tre poliziotti sono stati condannati per aver depistato le indagini nei primi giorni dopo la morte di Federico. Lo scorso 12 maggio invece un agente tra i quattro condannati nel filone bis ha invece subito una seconda condanna in primo grado, per il reato di omessa denuncia aggravata, a tre con interdizione dai pubblici uffici, in relazione alla mancata trasmissione di alcuni atti alla procura sempre nelle prime fasi di indagine.
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