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Ex Galaxy, quattordici famiglie senza soluzione a pochi giorni dalla chiusura [audio]

Oggi conferenza stampa davanti all’ex residence, presidiato da municipale e guardie giurate. Ieri presidio dell’Unione Inquilini per la giornata “Sfratti zero”. Il comitato antirazzista di via del Borgo: “L’antirazzismo si trasformi in una pratica quotidiana”.

11 Ottobre 2017 - 20:08

Una conferenza stampa si è tenuta nel pomeriggio di oggi da parte degli inquilini dell’Ex Galaxy e degli attivisti di Social Log per “far vedere alla città quali sono state le ‘non-soluzioni’ della questione Ex Galaxy”. La scadenza per lasciare lo stabile infatti sarebbe stata stabilita per il 15 ottobre e ad oggi “dopo due anni qua dentro ci sono più di 14 famiglie a cui non è stata proposta nessuna soluzione e che fra pochi giorni verranno mandate per strada. Inoltre, solo per una conferenza stampa ci troviamo con l’edificio chiuso e presidiato dalla polizia municipale, nel quale facciamo assemblea ogni settimana, col chiaro intento di far vergognare queste famiglie a rendere pubblica questa situazione”.

Nello specifico, raccontano gli attivisti, “ad alcune famiglie sono state fatte delle proposte solo verbali (pochissime infatti hanno firmato l’inutile patto d’intesa con Asp per consentire loro di aggiungere ulteriori sei mesi ai diciotto che già hanno vissuto in emergenza abitativa) di accedere ad alloggi che però risultano in alcuni casi già occupati, oppure senza che sia stato detta loro la durata di questa futura permanenza. E queste sono le situazioni migliori”. Spiegano infatti che “per ben quattordici famiglie con minori non è stata indicata alcuna soluzione. L’unica prospettiva indicata è quella del mercato privato. Ovviamente per noi la responsabilità di questa situazione è da ricondurre all’amministrazione comunale, che ha fatto di questa città un vetrina, lasciando spazio ad affittacamere e airbnb, sottraendo immobili al mercato privato degli affitti, e rendendo per queste famiglie – nella maggior parte dei casi straniere – ancora più difficile l’accesso a un affitto privato.” Il risultato è che “al momento parliamo di circa trenta minori che alla chiusura del Galaxy rimarranno senza una casa”.

Inoltre dallo sgombero del Galaxy “dovevano essere assegnati a queste famiglie dei fantomatici punti, che potrebbero dare accesso alla graduatoria pubblica per le case popolari, e che sono stati assegnati con disparità e discriminazione. Vogliamo sapere con quali criteri sono stati assegnati questi punti, perchè ad alcune famiglie sì e ad altre no? Vogliamo che a tutti venga garantito lo stesso trattamento”.

> Ascolta alcune testimonianze degli inquilini del Galaxy (l’articolo prosegue sotto):

 

 

 

Gli attivisti per il diritto alla casa tirano quindi le fila: “Queste famiglie arrivano da una esperienza comunitaria come quella dell’ex Telecom, che fu a costo zero per la città. Ad oggi questa esperienza (il Galaxy, ndr) è costata centinaia di migliaia di euro che potevano essere indirizzati alla risoluzione dei problemi concreti di queste famiglie, e non alla gestione di uno spazio. Non dimentichiamoci mai che a Bologna le case ci sono: si parla di 14.000 alloggi censiti, oggi vuoti in città. L’occupazione di via Agucchi ne aveva già mostrati alcuni proprio qui vicino, di proprietà delle Ferrovie dello Stato, ci sono altre centinaia di alloggi di compagnie controllate dallo stato, e migliaia di proprietà di banche che non vengono messe sul mercato per un semplice motivo di speculazione, al fine di non fare abbassare i prezzi degli affitti”.

Concludono quindi parlando di una “situazione paradossale”. Infatti “ritornare a proporre sei mesi di transizione a queste famiglie che già hanno vissuto ventiquattro mesi in ‘transizione’ ci fa chiedere: una transizione verso cosa? Parliamo di poche centinaia di alloggi a cui possono accedere relativamente poche famiglie. D’altra parte il numero degli sfratti continua a non diminuire. Prima di tutto non si torni ad alzare scudi e manganelli contro queste famiglie che furono già sgomberate violentemente dall’ex Telecom, che non si usi la forza contro queste persone. Quando vivevano all’ex Telecom molte di queste famiglie avevano ricominciato a spiccare il volo, a trovare lavoro. Da quando sono qui molti invece l’hanno perso. In mezzo alla strada certamente non torneremo, questa è una promessa”.

Alle parole di inquilini e Social Log ha replicato indirettamente una nota pubblicata sul sito del Comune: “Il 31 ottobre, rispettando i tempi di consegna, il residence Galaxy sarà riconsegnato a Inail, proprietario dello stabile di via Fantin”, conferma Palazzo d’Accursio. In quanto agli abitanti, parla di 68 nucleri familiari (su 80) che non avrebbero raggiunto autonomia abitativa e per i quali sarebbe stata trovata soluzione in alloggi comunali o di altri enti pubblici. Infine, esistrebbero “anche alcuni nuclei (una persona singola e altri nuclei familiari con minori) che finora non hanno collaborato con il progetto di transizione abitativa portato avanti da Asp Città di Bologna attraverso la cooperativa Piazza Grande. Su questi nuclei si stanno valutando diverse soluzioni”.

Allo stato attuale per 5 nuclei familiari sarà a disposizione un alloggio di Edilizia Residenziale Pubblica, essendo in graduatoria e potendo contare anche sul punteggio derivante dall’adesione al progetto della transizione abitativa, per effetto della delibera di Giunta dello scorso febbraio che ha assegnato a queste situazioni gli stessi punti rispetto a chi viene sfrattato. Per i nuclei non ancora autonomi, la soluzione è stata trovata in alloggi di proprietà comunale o in alloggi di altri Enti pubblici.

Ieri, intanto, in occasione della giornata nazionale “Sfratti zero”, l’Unione Inquilini ha effettuato un presidio davanti al Tribunale in via Farini “per volantinare e informare la cittadinanza della situazione abitativa che in questi anni ha tenuto nella città banco e per spiegare le ragioni dello sciopero generale del 27 ottobre”. Il sindacato di base ha ricordato che “da due anni il Governo ha azzerato il fondo per il contributo affitto e dal 1992, con la fine della gescal, nessun governo ha più finanziato alcun programma di edilizia residenziale pubblica. Quindi dal 1992 non ci sono più soldi per le case popolari. Oggi in Italia abbiamo 650.000 famiglie nelle graduatorie. Chi vi dice che le case popolari non ci sono perché le prendono i migranti o i rom e chi vi dice che le case popolari non si fanno per mancanza di soldi , vi sta truffando e vi prende per i fondelli. Come mai per le banche si trovano 30 miliardi di euro e per le case popolari o per il fondo contributo affitto e per il fondo morosità incolpevole i soldi non ci sono mai? Il nemico non è chi come te vive il disagio abitativo e la precarietà abitativa. Il nemico anzi i nemici sono il governo, le regioni e i comuni che vogliono che ci scanniamo fra di noi per delle briciole di case. La risposta sta nella ripresa di un fronte ampio , popolare composto da tutti coloro che vivono il disagio abitativo e la precarietà abitativa, ovvero sfrattati, coloro in graduatoria, occupanti, alloggiati nei residence o negli alberghi, coloro nelle case popolari degradate etc, che solo se stanno tutti insieme possono conquistare il diritto alla casa per tutte e tutti. Altrimenti restano solo le briciole e noi che ci scanniamo tra di noi come utili idioti del potere e di una altrettanto idiota strumentalizzazione da parte di fascisti e razzisti. Cambiamo traiettoria, siamo ancora in tempo”.

Infine, dopo l’episodio del cartello “Non si affitta agli stranieri” in via del Borgo di San Pietro e la nascita di un Comitato antirazzista, lo stesso Comitato nei giorni scorsi ha fatto sapere di aver “ricevuto la risposta dell’amministrazione e della proprietà che, come nei giorni scorsi attraverso i suoi portavoce, continua a girare attorno al problema senza prendere nettamente le distanze dal famigerato cartello. Crediamo dunque ancora più necessaria la presenza di un Comitato Antirazzista di Sorveglianza che si occupi di tenere alta l’attenzione su queste questioni”. Sulla pagina Facebook di Via del Borgo antirazzista è reperibile anche “il vademecum dell’inquilino, in cui sono elencate tutte le norme che i proprietari sono tenuti a rispettare, tra cui l’impossibilità di fare discriminazioni di tipo razziale per la locazione di un appartamento. Da oggi, vogliamo che l’antirazzismo si trasformi in una pratica quotidiana e che il razzismo sia condannato come tale, senza se e senza ma!”. Il sostegno espresso da Noi Restiamo: il Comitato è nato “perché non ci si può fidare di una proprietà che usa argomenti così deboli per girare attorno al problema dell’evidente dato discriminatorio da cui non vuole dissociarsi. Bravi gli inquilini, un esempio concreto di come rimboccarsi le maniche e mettersi in gioco in prima persona di fronte a comportamenti che nelle nostre città stanno entrando nella normale amministrazione quotidiana di padroni di ogni tipo. Utile per tutti il vademecum legale da loro stilato per affrontare episodi di palese razzismo in casi come quello in questione. Per permettere la sedimentazione di questo percorso, realtà attive nel mondo del diritto all’abitare si sono date disponibili per mettere a dispozione le proprie strutture e i propri strumenti di intervento”.