Acabnews Bologna

“Emarginato dalle Fs, ferroviere muore nel gabbiotto dove lavorava e dormiva”

La morte a causa di un malore. C.M., 51 anni, non aveva neanche il telefono per chiamare aiuto. Era senza casa e spesso dormiva nel gabbiotto di servizio. “L’azienda sapeva”.

26 Ottobre 2011 - 19:28

Una situazione personale molto difficile. Senza una casa, tanto da essere costretto a dormire sulle panchine della stazione o nel gabbiotto di servizio. “Emarginato” dall’azienda, cioè le Ferrovie dello Stato, “in una condizione lavorativa ai limiti dell’umanità”. Alla fine la morte, a 51 anni, in quello stesso gabbiotto ed in  “completa solitudine”, senza neanche un telefono per chiedere soccorso. E’ la drammatica storia di C.M., ferroviere di Rfi alla stazione di Bologna, raccontata oggi dai sindacati.

Il 51enne è stato trovato morto la mattina del 24 ottobre. “A quanto abbiamo capito si e’ trattato di un malore”, spiegano i sindacati, ma C.M. “non ha potuto neanche dare l’allarme perchè gli avevano tolto anche il telefono di servizio, per risparmiare sulla manutenzione”.

Vista la situazione in cui si era venuto a trovare, il ferroviere aveva chiesto più volte a Rfi di poter accedere al Ferrhotel o ad un alloggio di servizio, senza mai ricevere risposta. Di questo caso “erano a conoscenza tutti i responsabili aziendali- assicura il sindacato- che, anziche’ agevolare un suo reintegro ed una proficua utilizzazione, lo avevano relegato ad un’attivita’ marginale ed in completa solitudine”, cioè la gestione di un passo carraio all’ingresso del piazzale Ovest della stazione.

Secondo i sindacati, con la concessione di un alloggio  la morte di C.M. si sarebbe potuta evitare. Una mancata concessione “figlia della politica del risparmio di questa classe dirigente- attacca il sindacato- una politica che non trova coerenza nel fatto che a loro e’ concessa la permanenza fissa in alberghi a cinque stelle”.

Vale la pena sottolineare, infine, che il sindacato ha deciso di segnalare questo episodio “quando abbiamo capito che le Fs volevano tenere tutto sotto silenzio per non portare quanto successo alla conoscenza di nessuno, neanche delle organizzazioni sindacali”.