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Egitto / La polizia uccide allo stadio

Come due anni fa, la violenza delle divise miete vittime (22 quelle di ieri) tra gli ultras, che nel paese sono una delle forze politiche più organizzate, attive nelle rivoluzioni degli ultimi anni.

09 Febbraio 2015 - 18:00

(foto da fb Ultras White Knights UWK)(da Infoaut)

Almeno 30 persone, perlopiù parte del gruppo ultras White Knights della squadra di calcio egiziana dello Zamalek, sono morti ieri sera mentre stavano accedendo all’Air Force Stadium del Cairo per la partita domenicale di campionato.

La tragedia accade nel giorno in cui era permesso per la prima volta il ritorno nelle curve dei tifosi in seguito allo stop di due anni seguiti al massacro di Port Said.

Erano migliaia le persone al di fuori dello stadio ieri a scoprire come rispetto al passato ci fossero delle novità: per entrare nello stadio bisognava infatti passare attraverso un tunnel stretto poco più di 2 metri, che ha costretto i tifosi di fatto ad imbottigliarsi e a iniziare a lamentarsi vistosamente contro il trattamento subito.

A quel punto le forze dell’ordine hanno iniziato a sparare lacrimogeni in quantità, costringendo i tifosi a tirare giù le reti e a provare disperatamente la fuga dalla trappola loro tesa dalle forze dell’ordine. Le reti però, fatte di acciaio e filo spinato, hanno creato il panico e ressa tra i tifosi che cercavano di scappare dalla calca, dal gas e dalle abrasioni calpestandosi l’un l’altro e creando i presupposti per la tragedia.

Le autorità hanno cercato di giustificare le misure prese dalla necessità di controllare l’afflusso dei tifosi, che potevano accedere solo in 10,000 e si sarebbero presentati in migliaia in più, senza biglietto e “potenzialmente pericolosi per la tenuta delle infrastrutture dello stadio”. La realtà è che le misure prese erano evidentemente destinate a creare le condizioni per la situazione che poi si è tragicamente creata.

La tragedia di ieri arriva a due anni circa da quella analoga del 2012, quando oltre 70 membri del gruppo Ultras Ahlawy morirono nel cosiddetto “massacro di Port Said”. Molti vedono nel massacro del 2012 e anche in quello di ieri la volontà della polizia di vendicarsi per l’umiliazione subita per mano degli ultras, che combatterono con forza contro il regime di Mubarak durante la rivoluzione egiziana del 2011 all’interno del movimento 25Gen.

La tragedia permette di leggere in controluce la fase politica egiziana, dove si consolida sempre più il regime del generale Al-Sisi, che dopo l’abbattimento del governo Morsi e della legittimità politica della Fratellanza Musulmana prosegue la vendetta dello Stato, tramite il braccio dello SCAF, contro le varie componenti nel movimento rivoluzionario egiziano del 2011; il tutto mentre ci si avvia verso nuove elezioni parlamentari, già boicottate da diversi partiti per il clima viziato che si sta creando intorno alla consultazione, clima che ha portato recentemente anche a fatti come l’assassinio di Shaima el-Sabbagh.

Vergognoso è stato il fatto che mentre accadeva la tragedia, la partita fosse iniziata e si stesse svolgendo regolarmente fino a quando un giocatore dello Zamalek, Omar Gaber, non ha deciso di smettere di giocare, costringendo così l’arbitro alla sospensione del match. In seguito il campionato è stato sospeso dalla Federazione a tempo indeterminato, mentre centinaia di tifosi si sono mossi in un corteo improvvisato che ha dato fuoco ad una macchina della polizia chiedendo giustizia per i morti di Stato e sottolineando ancora una volta come dopo il governo militare stia ogni giorno effettuando una vera e propria contro-rivoluzione sociale portata avanti con l’appoggio delle potenze occidentali.