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Due agosto, “pista palestinese” verso l’archiviazione

Un buco nell’acqua il fascicolo aperto sull’ipotesi che la strage non fosse da ricondurre a gruppi neofascisti. Proseguono le indagini sui mandanti.

31 Luglio 2014 - 18:40

Continua a non essere chiaro cosa ci facesse a Bologna l’attivista della sinistra rivoluzionaria Thomas Kram, la notte tra l’1 e il 2 agosto 1980, ma i pm non hanno raccolto elementi tali da andare oltre quello che “un grumo di sospetto” su di lui, in relazione alla bomba alla stazione. Al contrario, se fosse stato coinvolto difficilmente avrebbe mostrato, come è accertato, documenti d’identità autentici tanto alla frontiera di Chiasso quanto all’hotel dove ha soggiornato in città.

A pochi giorni dal 34esimo anniversario della strage, si profila così l’archiviazione per il fascicolo aperto in procura sulla “pista palestinese”, in seguito alle segnalazioni dell’allora deputato An Enzo Fragalà. L’ipotesi su cui sono andate a vuoto le indagini è quella per cui l’esplosione del 1980 sarebbe stato da mettere in relazione al sequestro di due missili a Ortona, trasportati da un attivista dell’Autonomia romana e da un esponente del Fplp, Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Tale sequestro, e i relativi arresti, avrebbe violato secondo i sostenitori d questa teoria, il cosiddetto “Lodo moro”, un patto che avrebbe escluso l’Italia dagli attentati dell’organizzazione araba in cambio del libero passaggio di armi sul territorio nazionale. Una “nota risevatissima” dei servizi, risalente a qualche settimana prima l’attentato, paventava il rischio di ritorsioni palestinesi, accreditando fonti libanesi.

Secondo i magistrati bolognesi, non c’è ”alcuna conferma precisa” che sia mai esistito un lodo Moro. Quando alla figura di Ilich Ramirez Sanchez, alias “Carlos lo Sciacallo”, a cui Kram e la sua compagna Christa Margot Frohlich (la cui presenza a Bologna non è comprovata) sarebbero stati legati, viene giudicato dalla procura di dubbia attendibilità per le ”roboanti e pasticciate dichiarazioni rese alla stampa” e il suo interrogatorio in rogatoria della primavera 2009 ”contradditorio, grossolano, confuso, in una parola irrilevante”. Non avrebbe fatto altro che ripetere cose lette sui giornali e attribuire l’attenntato a movimenti estremistici di destra e sinistra infiltrati dagli americani. Inoltre, le analisi hanno dimostrato l’incompatibilità degli esplosivi usati dai gruppi riconducibili a Carlos con quello del 2 agosto 1980.

Infine, “la strage di Bologna non è stata rivendicata da alcuna organizzazione o sigla terroristica”, annotano i magistrati, ed è “irragionevole che un atto ritorsivo di quelle tragiche dimensioni non sia mai stato dichiarato e addirittura vantato, sia pure nel corso degli anni successivi”.  Reputano invece “ragionevole” l’osservazione dell’ex colonnello del Sismi, Armando Sportelli, sulla “manifesta sproporzione” tra un atto terroristico di tale entità e l’arresto di un esponente di secondo piano del Fplp. Insomma, secondo la procura non c’è il minimo indizio che leghi lo “Sciacallo” con la strage di Bologna. Con buona pace del solito Enzo Raisi, ex deputato Pdl e poi Fli, ex assessore a Bologna nella giunta Guazzaloca, che in questi giorni ha provato ad accreditare una nuova “pista libanese”.

Archiviata la pista palestinese, resta in campo l’inchiesta sui mandanti, aperta nel 2011 dopo la consegna di due memoriali redatti dall”associazione dei familiari delle vittime dell”attentato. La procura ha interrogati numerose persone tra cui Licio Gelli, condannato per depistaggio sulla strage, e lo stesso Armando Sportelli. Intanto l’unica verità giudiziaria resta quella che vede condannati come esecutori della strage gli ex Nar Francesca Mambro, Giusva Fioravanti e Luigi Ciavardini.