Acabnews Bologna

Dopo l’otto novembre [comunicati in aggiornamento]

Mentre si diffonde la notizia del rilascio, lunedì pomeriggio, dei tre manifestanti arrestati ai cortei contro la Lega, si moltiplicano le prese di posizione di collettivi, spazi sociali e realtà di base.

10 Novembre 2015 - 11:43

Porta Mascarella, 8 novembre 2015 - © Michele Lapini#8N: la Bologna degna contro l’ignavia e la nuova destra!

Domenica 8 novembre è stata una grande giornata di lotta unitaria e molteplice in contrasto alla presenza di Matteo Salvini attorno al quale si è radunata la nuova destra.

Abbiamo attraversato le strade di Bologna – ostaggio di una gestione folle dell’ordine pubblico – mentre le istituzioni e i partiti che amministrano la città hanno permesso questo scempio: un centro storico occupato e militarizzato; il sacrario dei caduti partigiani circondato da fascisti che inneggiavano a Mussolini; un corteo sequestrato e caricato violentemente in Ponte Stalingrado e in Porta Mascarella.

Matteo Salvini nei giorni scorsi aveva definito Bologna, città medaglia d’oro alla Resistenza, come un luogo infestato da zecche rosse e aveva invitato chiunque volesse contestarlo ad andare sui colli, invito prontamente seguito dal Partito Democratico che ha lasciato la città che amministra nella mani della destra e del questore Coccia, espressione dell’asse di governo Alfano/Renzi e di cui – dopo l’ennesima disastrosa gestione dell’ordine pubblico – chiediamo con forza le dimissioni.

Ancora una volta c’è stata una risposta chiara della città degna: Bologna non si Lega. In tanti e diverse, con varie forme ed in molti punti della città, abbiamo espresso il nostro dissenso, dimostrando l’estraneità di questi soggetti a Bologna. Noi ovunque, loro circondati in Piazza Maggiore! I leghisti, scortati, riprendono i pullman per tornare a casa, noi rimaniamo nella nostra città e continuiamo a praticare il cambiamento che parte dalle strade e dalla società.

Cs Tpo
Làbas Occupato

* * * * * * * * * *

Un anno fa abbiamo cacciato Salvini da Bologna, oggi (domenica, ndr) l’abbiamo assediato con una grande giornata di lotta. Migliaia di persone in corteo per affermare ‪#‎MaiConSalvini‬, la resistenza alle cariche in Porta Mascarella e su ponte Stalingrado, la riappropriazione della zona universitaria, la pirotecnica determinazione con cui è stata attaccata la zona rossa in via Zamboni, la rabbia e la gioia contro poliziotti e questura che hanno tentato di sequestrare una manifestazione libera e ribelle, l’arrivo conquistato davanti alla lapide di Francesco Lorusso, perché si parte e si torna insieme, sempre. Nei prossimi giorni ci sarà tempo e modo per raccontare, approfondire, analizzare un’importante giornata di conflitto che ha dimostrato che Bologna non si Lega. Ora, vogliamo innanzitutto la libertà per i due compagni arrestati (tre e nel frattempo scarcerati, ndr) perché non potete fermare il vento. Liber@ tutt@, liber@ subito!

Hobo

* * * * * * * * * *

La Bologna antifascista nella giornata di ieri (domenica, ndr) ha dimostrato ancora una volta che l’antifascismo non è mera retorica ma una decisa e concreta scelta di parte. Dopo diversi tentativi di vietare cortei antirazzisti, antifascisti e antisessisti, con determinazione abbiamo dimostrato che Bologna non si lega e che il nostro antifascismo non si ingabbia come invece amministrazione comunale del Pd e questura hanno tentato di fare proteggendo e difendendo gli ingabbiati fascio-leghisti in Pazza Maggiore. Ma quella piazza e la nostra città tutta fin dall’inizio della giornata hanno dimostrato che Salvini a Bologna non ha agibilità, mentre con determinazione abbiamo attraversato la città e il suo centro, sfidato una militarizzazione inaudita che proteggendo la calata salviniana ha tentato di bloccare i nostri cortei, due compagni sono stati fermati e per loro scatterà un processo per direttissima. L’antifascismo e l’antirazzismo non si processano. Bologna non si lega e le operazione di Salvini e di chi come Pd e forze dell’ordine lo ha protetto non hanno alcuna legittimità nella nostra città. Vogliamo i compagni antifascisti liberi subito (si tratta di tre persone nel frattempo scarcerate, ndr). Liber@ tutt@, Liber@ subito!

Libertà di dimora

* * * * * * * * * * *

Difendere Bologna - foto di Flavia SistilliIeri (domenica, ndr) per noi è stata davvero una giornata speciale: da Ponte Stalingrado abbiamo difeso la nostra città dall’invasione leghista fino al tardo pomeriggio quando siamo riusciti ad arrivare fino a Piazza Maggiore. Noi occupanti di case e inquilini resistenti che parliamo le mille lingue del mondo, noi Bologna Meticcia, ieri (domenica, ndr) abbiamo contrastato con coraggio e dignità la provocazione di chi semina odio, umilia e disprezza gli ultimi, distrugge vite e fomenta la guerra tra poveri. Ogni giorno nelle lotte territoriali per il diritto all’abitare sentiamo l’avanzare del terribile slogan “prima gli italiani” e con tutte le forze che abbiamo lo respingiamo e contrastiamo. Noi siamo l’argine reale e concreto alla xenofobia, al razzismo e al suprematismo bianco. Noi siamo la città di oggi e futura che ieri insieme a migliaia di amici e compagni si è riunita su Ponte Stalingrado per mostrare a viso aperto di che tenacia e dignità siamo capaci!

W Bologna Meticcia! Respinta l’invasione leghista!
PRIMA I POVERI!

Social Log

* * * * * * * * * * *

Sono stati liberati i 3 ragazzi che erano stati arrestati durante le cariche della polizia ieri (domenica, ndr) mattina! Una nuova buona notizia dopo il successo della DIFESA DI BOLOGNA dall’invasione leghista!

Difendere Bologna

* * * * * * * * * * *

La battaglia di Ponte Stalingrado per difendere la nostra città dall’invasione leghista! Abbiamo resistito per ore a viso aperto e sempre guardandoli negli occhi, tutelando e proteggendo tutti i partecipanti della manifestazione. I lividi e le ferite di oggi non ci fanno male perché la resistenza di ieri batte fuori nel nostro cuore partigiano. A pugno chiuso!

Crash

* * * * * * * * * * *

Ross@ Bologna: da ponte Stalingrado è la strada giusta da percorrere.

Domenica 8 Novembre il volto che ha rappresentato Bologna non e’ stato quello di Salvini e del suo fascioleghismo o quello incartapecorito di Berlusconi.

Questa domenica Bologna non è stata la città di figuranti pagati che si sono radunati, in pochi, nella nostra Piazza Maggiore.

Bologna ieri (domenica, ndr) è stata il volto felice e deciso di un pezzo di società che i due Mattei, due chiappe di uno stesso culo, stanno mettendo ogni giorno sotto attacco. Ieri insieme a quel pezzo di società, di cui facciamo parte, ci siamo presi con la forza il diritto di esistere e di resistere, ci siamo presi con la forza il diritto di manifestare e arrivare in Piazza Maggiore, che dopo una giornata grigionera ha ripreso a scintillare.

E’ stato fatto respingendo cariche di una violenza inusitata perpetrate da un servizio d’ordine tanto caro al PD, che subito e per primo ha espresso compiacimento per la gestione dell’ordine pubblico, ai suoi uomini per l’occasione agghindati con divise che raffiguravano, polizia, carabinieri, guardia di finanza o ben pettinati funzionari in giacca casual e jeans.

Non sono bastate le cariche per bloccare la fiumana concentrata sul ponte di Stalingrado e alla fine la giornata che doveva rappresentare l’apoteosi salviniana e l’affermazione di un blocco di destra fintamente ostile a Renzi e alla UE, è stata la giornata del fuori Salvini e della Lega da Bologna.

Domenica 8 Novembre una parte di Bologna ha espresso chiaro il rifiuto della xenofobia, del populismo dell’odio e della paura e ha rivendicato il proprio diritto ad una vita dignitosa. Sappiamo che è ancora troppo poco, ma sappiamo che quanto successo sul ponte Stalingrado è la strada giusta da percorrere.

Rossa Bologna

* * * * * * * * * *

Un 8 novembre di resistenza popolare

Alla fine, con quattro cortei a zonzo per la città e svariate contestazioni spontanee, persino nel cuore di Piazza Maggiore, non si sa bene se l’8 novembre siano stati più numerosi i leghisti asserragliati sul Crescentone a sputare il loro veleno e a far saluti romani, oppure la gente di Bologna che, magari solo con un gesto, una voce, un dito medio, una bandiera rubata, ha voluto far sapere loro che non erano affatto graditi…

Anche nell’area pedonalizzata della T non c’è stato il solito viavai della domenica, ma un vuoto strano e singolare, perché tanta gente a Bologna ha preferito non vederli, andandosene altrove.

Resta per noi la responsabilità del sindaco e della Questura nell’aver concesso a una banda sguaiata e violenta di fascioleghisti una piazza così importante e significativa per la città di Bologna.

Resta il fatto che i saluti romani o gli slogan «Duce, Duce» davanti al Sacrario partigiano di Piazza Maggiore possono passare per «opinioni» accettabili in «democrazia» solo agli occhi di un sindaco fragile e ipocrita come Virginio Merola.

Non importa se non erano in 100.000, ma dieci volte di meno. Non importa se hanno fatto una figura da miserabili imbroglioni con la loro «grande manifestazione nazionale». Né ci soddisfa che ora i dirigenti leghisti si agitino frustrati, confusi e livorosi a coprire il loro insuccesso.

È uno sfregio che peraltro non sarebbe stato possibile senza una militarizzazione sistematica di ogni angolo del centro storico e la protezione di migliaia e migliaia di poliziotti e carabinieri.

D’ora in poi si portino sempre dietro qualche camionetta di polizia come degno ornamento della loro propaganda d’odio!

Ora e sempre resistenza.

Nodo sociale antifascista

* * * * * * * * * * *

Con le migliaia di persone che oggi sono scese in piazza per dire NO al razzismo e al fascimo propagandato in piazza Maggiore da Salvini, Berlusconi e Meloni. Bologna non subisce in silenzio! Una lunga giornata di lotta, di antifascismo e di antirazzismo! Contro i muri di Lega e destre! BreakTheWall!

Vag61

* * * * * * * * * * *

Bologna, “the day after”

Una giornata di lotta importante quella di ieri (domenica, ndr), in cui si è sostanziato un passaggio necessario a cui tutti noi abbiamo lavorato in queste settimane, intenzionati a costruire una presenza importante di quei soggetti politici nazionali consapevoli dei tanti fronti della lotta di classe, risucendo a collegarli in una piazza animata dai semi del blocco sociale conflittuale felsineo. Un momento importante in un autunno politicamente tanto freddo quanto mai prima.

Ma partiamo dall’altra piazza, quella delle poche migliaia di più o meno affezionati che hanno applaudito i loro leader su un “crescentone” (il rilievo centrale di Piazza Maggiore a Bologna) pieno a metà, dopo mesi di chiamata alle armi, tenuti tutti insieme dal maxischermo su cui Valentino perdeva il motomondiale per un soffio.

Berlusconi richiama la foto di famiglia del ’94, quando proprio da un ipermercato dell’hinterland bolognese aveva lanciato il progetto elettorale con cui si sostanziava uno dei soggetti politici protagonisti della Seconda Repubblica, quel trio Silvio, Umberto, Pierfreddi che avrebbe governato a lungo (…è bene ricordarlo anche a un Salvini la cui memoria è limitata alla durata dei suoi interventi in tv e all’apparizione dei suoi tweet). Ma, politicamente parlando, qua inizia e anche finsice l’analogia con la situazione attuale.

L’evidenza di ciò non è data tanto dai fischi (mossi dalla noia, più che dalla contestazione) piovuti sul Cavaliere, dal tablet con cui si accompagnava Salvini contro il più tradizionale grande foglione di Berlusconi, ma è tutto sintetizzato in un’altra battuta: l’ex premier ripropone più e più volte la nota centrale del suo programma di governo, l’eliminazione dell’Imu sulla prima casa. Ecco, considerando che fra pochi giorni questa disposizione sarà realtà come voluto questa estate dal governo Renzi, e tralasciando l’età che certamente non aiuta più Berlusconi a orientarsi con agilità nel panorama attuale, possiamo constatare solo una cosa: la destra, quella così retriva da opporsi anche alle patrimoniali, è già al governo. La costruzione del Partito della Nazione, capace da solo di abbracciare l’arco politico che va dalle rivendicazioni dei diritti civili di una sinistra che altrimenti si organizza nella solita “cosa rosa” destinata al fallimento, fino alle rivendicazioni del fu centrodestra, è tenuta insieme dal perno centrale dello smantellamento di ogni residuo della costituzione materiale su cui si poggiava il compromesso di classe dal dopoguerra in poi. L’Unione Europea, e l’agenda politica dettata dagli interessi del grande capitale multinazionale e finanziario, sono entrate nelle nostre vite, e il PD ne è il suo vettore nazionale.

Questo ci dice qualcosa sulla giornata di ieri, a partire appunto dalla piazza della nostra controparte. Ci dice che la “tigre di carta” di Berlusconi non è più lo spauracchio a destra contro cui lanciare la nostra indignazione, perchè oggi un carrarmato d’acciaio ha già invaso le stanze del potere. Ci dice che chi aveva realmente dalla sua gli strumenti, la classe dirigente e l’appoggio trasversale per completare la normalizzazione dell’ “anomalia italiana” era quel PD oggi al governo: e allora Salvini, l’uomo e il partito a cui ieri è stata consegnata definitivamente la staffetta della leadership della destra reazionaria, chi e cosa rappresenta? E’ il rappresentate italico di quell’eurofascismo che caratterizza formazioni come il Front National, la voce arrabbiata di quel segmento di borghesia momentaneamente sconfitta dalla costruzione dell’entità statuale europea. Essa non si gioca realmente la competizione per il comando, al quale qualora giungesse non avrebbe comunque bisogno di imporre brusche sterzate rispetto al corso attuale (sebbene un fascioleghista al posto di Alfano non sia proprio un desiderio a occhi aperti per chi pratica il conflitto sociale in questo paese…). Basti vedere l’atteggiamento molto più conciliante di Lega&Co. manteuto nei confronti delle istituzioni europee dopo l’insediamento del governo Syriza 1.0. Questa compagine, sociale e politica, tende a serrare però ugualmente le fila, cercando di imprimere la sua funzione sul governo attuale, quella di accelerare la lotta di classe dall’alto contro il mondo del lavoro e del non lavoro, senza badare a fronzoli del politically correct e legittimando la definitiva chiusura degli spazi democratici, mentre tenta allo stesso tempo di raccogliere consensi tra le fasce popolari, nelle quali la sinistra di classe non è mai stata così debole. Una funzione quasi istituzionale dell’eurofascismo, e per questo tanto legittimata dai suoi (presunti) competitor attualmente al potere.

Una situazione che ha quindi molto di nuovo, e che ha visto necessaria la costruzione di una piazza che sappia fare dell’antifascismo un elemento cardine dell’identità del futuro soggetto politico capace tanto di rappresentare gli interessi popolari quanto indicare il punto più avanzato sul piano della rottura con le compatibilità del presente, quel soggetto assente e di cui abbiamo urgente bisogno. Declinare oggi l’opposizione alle destre nello scenario reale che abbiamo di fronte è un elemento ulteriore su cui chiamare a raccolta le periferie metropolitane e le periferie d’Europa, perché escano dal ghetto e possano trovare una linea comune con cui riproporsi come soggettività con interessi sociali specifici che trovino quantomeno modo di esprimersi nell’agone politico, se non sono al momento certamente attrezzatte per imporre la lora linea.

Tanti sono stati i modi e le forme in cui si è materializzato il dissenso nella giornata di ieri, e ancora una volta il dato più importante con cui ci troviamo a fare i conti è la palesazione di un’eccedenza popolare non inscrivibile nei ristretti cerchi dell’antagonismo organizzato, così come avevamo avuto modo di dire dopo l’importante mobilitazione romana del 28 febbraio. Un senso comune fondamentale e dal quale ripartire, palesatosi ad esempio in proteste spontanee di singoli e gruppi contro i leghisti che scorrazzavano in città e intorno alla piazza. Un’identità politica che si è dimostrata da un lato più avanzata della miopia di chi non è voluto scendere in piazza (pensando forse che opporsi al fascioleghismo non sia necessario in un contesto di crisi sistematizza dalle tecnocrazie europee), e dall’altro più conflittuale di chi pensa di poter costruire l’opposizione al costituendo blocco reazionario sulla base del mero antirazzismo e antifascismo annacquati per risultare accettabili alle orecchie di una composizione sociale diversa da quella a cui pensiamo ci si debba rivolgere per tentare percorsi di rottura.

Noi ripartiamo da qui, soddisfatti per quel che è stato fatto con i tanti che si sono messi a disposizione di un percorso interessante, impazienti di costruire molto di più e di andare sempre più in là, unica condizione per tornare a essere “utili” al blocco sociale che pretendiamo di organizzare.

Non possiamo che chiudere dimostrando tutta la nostra solidarietà ai fermati durante le proteste (si tratta di tre persone, nel frattempo scarcerate, ndr).

Rete dei Comunisti
Collettivo Putilov (Firenze)
Campagna nazionale Noi Restiamo
Rete nazionale Noi Saremo Tutto
Rossa – movimento anticapitalista
Fronte Popolare

 

* * * * * * * * * * *

Contro i due Matteo, con ogni mezzo necessario

L’8 novembre è stata un’importante giornata di lotta. Dal mattino migliaia di persone si sono radunate in punti differenti della città per respingere la calata dei fascio-leghisti, la cui assenza di legittimità sociale è dimostrata dai 2.500 poliziotti e carabinieri che li hanno scortati e protetti per tutto il tempo in cui sono rimasti a Bologna. La composizione conflittuale che si è riappropriata di piazze, strade e viali, bloccando interamente la città, è da un lato il frutto dei percorsi di radicamento territoriale che già esistono, dall’altro è in buona misura una composizione giovanile e studentesca fresca ed emergente. È una composizione che ha dimostrato di non avere paura, perché la paura più grande è che le cose vadano avanti in questo modo senza che nulla cambi. Ha dimostrato di essere scesa in piazza per andare verso il centro della città, pronta a lottare contro zone rosse e dispositivi di polizia. Ha dimostrato la propria determinazione buttandosi contro gli scudi e resistendo alle cariche a Porta Mascarella, compattandosi in un corteo di oltre 1.500 persone per le vie del centro, attaccando in modo pirotecnico i cordoni di polizia in via Zamboni al grido di “Odio la Lega” e “Siamo tutti antifascisti”.

L’8 novembre non è stato un evento spontaneo. È certamente il prodotto di percorsi e lotte di breve o lungo periodo, ma è anche il risultato di più di un mese di campagna portata avanti in città e nei quartieri, fatta di banchetti, comunicazione e discussioni. È il risultato, cioè, di una scommessa non in un semplice moto di indignazione contro la marcia delle camicie verdi-brune, bensì nella possibilità di distruggere e rovesciare le retoriche mistificatorie di Salvini là dove più pericolosamente agiscono, ossia nelle contraddizioni di pezzi della composizione sociale duramente colpita dalla crisi.

Da questo punto di vista, il flop della piazza leghista ci dice almeno un paio di cose significative. La prima, sul piano territoriale, è che la città di Bologna non ha risposto all’appello di Salvini. Senza addentrarci nei dettagli numerici, è evidente come anche nelle stime più generose il comizio di piazza Maggiore sia stato quasi del tutto riempito dalle persone sbarcate con i bus pagati dalla Lega, magari anche con qualche gettone di presenza per i passeggeri. La seconda cosa significativa, sul piano complessivo, è il fallimento o quantomeno il vistoso arretramento nella costruzione di una destra sociale in salsa lepenista. Spariti nel nulla per il secondo anno di fila gli annunci di blocchi dell’Italia e di rivolta fiscale che avrebbero dovuto precedere la kermesse bolognese, Salvini ha semplicemente ricompattato un ceto politico decrepito e sconfitto, da Berlusconi alla Meloni e Storace. Dopo aver utilizzato per tanto tempo in modo demagogico una retorica popolare e contro i palazzi, la Lega si mostra ora per quello che è, ovvero un partito dell’establishment istituzionale, pienamente inserita nella gestione del potere e dello Stato ai suoi vari livelli di governo.

Come abbiamo ripetuto fin dall’inizio, un Matteo tira l’altro, non si può attaccare Salvini senza attaccare al contempo Renzi e il Partito Democratico. Del resto, nella peggiore tradizione del PCI, è piuttosto chiaro il messaggio implicito con cui Merola ha concesso la piazza centrale della città alla parata in camicia verde: se non vi turate il naso e vi fate andare bene il PD, vi toccano i fascio-leghisti. Il messaggio che abbiamo lanciato l’8 novembre è ancora più chiaro: per noi e per chi subisce i costi della crisi, siete due nemici gemelli, da combattere con ogni mezzo necessario.

L’8 novembre è quindi un’indicazione politica di radicalità e conflitto. E al contempo, l’8 novembre non ci basta. Anzi, siamo convinti che si possa e si debba fare di più. Probabilmente lo si poteva fare già a cominciare da prima, con la convocazione di una manifestazione nazionale in grado di cacciare concretamente Salvini da Bologna, come l’anno precedente. In questa fase di difficoltà delle lotte sociali e del loro sviluppo, giornate come quella dell’8 novembre sono occasioni importanti, perché possono consentire dei salti in avanti che rafforzano e rilanciano nella giusta direzione i processi di radicamento del conflitto. Bisogna assumersi il coraggio della scommessa politica, perché senza questo coraggio il rischio è di essere spinti verso la semplice gestione dei nostri spazi più o meno piccoli. La frenetica e scomposta risposta della controparte, a cominciare da Procura e Questura, mostra che il nemico ha paura non solo di quello che c’è, ma di quello che potrebbe esserci. Questa paura potenziale del nemico non va temuta, ma al contrario trasformata in realtà. Dobbiamo concretamente meritarci la loro paura e farla crescere. Perché la loro paura è la misura della nostra libertà.

Infine due brevi battute sull’opinione pubblica di sinistra, sempre vogliosa di piangere sulle povere vittime finché si presentano come tali, e sempre pronta a gridare ai provocatori quando le vittime rifiutano il proprio ruolo e si ribellano. Chi dice che contestare Salvini significa fare il suo gioco, o è in malafede, o è del Partito Democratico. Oppure entrambe le cose insieme. È proprio il gioco di Salvini che è stato attaccato l’8 novembre e un anno fa in via Erbosa, ed è anche grazie alle tante mobilitazioni #MaiConSalvini in tutta Italia che parliamo di flop leghisti.

Un ultimo chiarimento per quella stessa opinione pubblica. In queste ore sta circolando in modo virale il video di centinaia e centinaia di giovani che ballano, nonostante la questura da ore li tenga sotto sequestro sui viali. Qualcuno prova pietosamente a giocare queste immagini contro la “violenza” di altri momenti della giornata. Ancora una volta, non avete capito niente. Quelli che ballano con sfrontata provocazione alla faccia degli sbirri sono gli stessi che hanno fronteggiato con determinazione le cariche della polizia, che hanno poco prima attaccato la zona rossa in via Zamboni, che hanno indossato un passamontagna e hanno lanciato i razzi, o che hanno protetto e sostenuto chi l’ha fatto. La gioia della lotta e l’odio per il nemico alimentano sempre, insieme, la forza sociale e collettiva che si oppone all’unica violenza esistente, quella di chi l’8 novembre stava in Piazza Maggiore e di chi ogni giorno sta a Palazzo d’Accursio.

Hobo – Laboratorio dei saperi comuni