Acabnews Bologna

Disabili nei centri diurni “sempre più trattati come numeri”

Il neonato Comitato familiari-operatori delle strutture in accreditamento: “Irrigidimento dei servizi e peggiora la qualità della vita degli utenti”. Intanto nasce uno sportello di ascolto psicologico per i lavoratori del sociale.

23 Gennaio 2017 - 15:25

I disabili utenti dei centri diurni e delle strutture residenziali di Bologna “sono sempre meno considerati nella loro dimensione umana e sempre più inseriti in un percorso di gestione burocratica dei bisogni e delle esigenze”. E’ l’allarme lanciato dal neonato Comitato familiari-operatori delle strutture in accreditamento, con una lettera pubblica inviata a Regione, Comune e Ausl. Il quadro tratteggiato dal Comitato parla di risorse in calo, pochi operatori, tutela della salute a rischio e il ”lato umano” accantonato per privilegiare aspetti burocratici, assistenziali e sanitari. In poche parole, è peggiorata la qualità della vita nei centri diurni e nelle residenze per disabili. Una “sensibilità diffusa”, assicura il Comitato, contestando la normativa regionale sull”accreditamento in ambito socio-sanitario.

Le cause della situazione descritta sono “le risorse calanti” e un “irrigidimento normativo che non permettono di vivere una vita dignitosa” agli utenti. Il campanello d’allarme è scattato lo scorso ottobre, con lo sciopero degli operatori di Casa Rodari che protestavano per il “peggioramento del rapporto numerico tra operatori e utenti” e per le difficoltà create dall’Ausl, “indisponibile a riconoscere ore aggiuntive per il mantenimento dei livelli di qualità della struttura”. Il Comitato ha verificato che questa “condizione di sofferenza e irrigidimento dei servizi” è comune a molte strutture, appunto per effetto della normativa regionale sull’accreditamento, che “comporta una definizione rigida e fuori da ogni valutazione sul campo delle risorse da destinare all’utenza delle strutture per disabili“. Questo produce un “pericoloso peggioramento dei rapporti numerici operatore-utente, che ha conseguenze sulla sicurezza e la tutela della salute in queste strutture, sia degli utenti che degli operatori”. Inoltre, la strutturazione per legge della vita quotidiana nelle strutture, soprattutto quelle residenziali, ha “comportato una drastica riduzione di tutte le attività rivolte all’integrazione e all’aspetto ricreativo”. Il comitato parla dunque di un “peggioramento della qualità della vita che attiene alla dimensione ludico-ricreativa e dell’integrazione, a totale sbilanciamento di una sanitarizzazione e assistenzializzazione delle strutture nelle quali i disabili passano il loro tempo di vita”. Familiari e operatori esprimono quindi “forte disagio” e “indignazione per una situazione di cui non avremmo mai voluto essere testimoni”. Per questo il Comitato vuole “chiarimenti urgenti” e chiede un incontro a Regione e Comune, “a tutela della dignità, della qualità della vita e della sicurezza di utenti e operatori”, per “difendere un modello di integrazione e riabilitazione che negli anni ha garantito la qualità della vita” nelle strutture residenziali e centri diurni per disabili.

Dagli Educatori uniti contro i tagli, intanto, arriva la notizia dell’apertura di uno “Sportello di ascolto psicologico per educatori” pensato per fornire un sostegno sul tema dello stress lavorativo correlato al ruolo di lavoratore del sociale. Lo sportello è gratuito ed è aperto tutti i martedì al Tpo dalle 18 alle 21,30. Gli Educatori uniti contro i tagli spiegano così la nascita del progetto: “Alcuni mesi fa siamo stati contattati da Serena che, dopo averci conosciuto attraverso il web, ha voluto farci una proposta che nella sua semplicità abbiamo trovato molto stuzzicante. Pur essendo psicologa di formazione, Serena opera da anni come educatrice in una cooperativa. Avendo visto nella sua realtà lavorativa molti colleghi andare in difficoltà sul piano psicologico per tutta una serie di questioni ben note a chi fa i nostri mestieri, e rilevata la necessità di aprire spazi di elaborazione per i vissuti più faticosi, ha provato a proporre in giro l’attivazione di uno sportello d’ascolto senza mai averne a rimando una risposta positiva. Noi invece condividiamo questa necessità, per cui ben volentieri abbiamo accolto tale proposta. Il senso stesso della nostra esistenza come Educatori uniti contro i tagli, tra l’altro è anche quello di proporsi come gruppo d’appoggio per i colleghi che vogliono attivare iniziative che in qualche modo sperimentino forme operative di cambiamento per chi pratica mestieri di cura dell’altro e dunque è soggetto a particolari forme di patologie”.

Continua la presentazione del progetto: “Il burnout, per esempio, ormai da tempo è riconosciuto come sindrome da affaticamento lavorativo e malattia professionale peculiare del nostro settore, non di meno risulta ancora complesso individuarlo e riconoscerlo per prevenirlo. Non di rado la cosa ha delle ricadute a livello di sofferenza psicologica anche sulla propria vita personale. Aggiungiamo inoltre che il taglio delle risorse non permette più alle cooperative di appartenenza di investire cifre importanti sulla prevenzione di tali disturbi in supervisioni, formazioni o altre opportunità del genere.Ecco dunque che, con la proposta di Serena, nel nostro piccolo proveremo a dare un punto di riferimento ai colleghi che riterranno di averne bisogno e, perché no, anche a cercare di fungere da stimolo per la diffusione di pratiche socializzanti tra chi opera nei nostri ambiti e rischia costantemente di scivolare nella faticosa condizione di ‘solitudine professionale’. Cominceremo con un breve periodo sperimentale dove allo sportello ci sarà principalmente Serena, viste anche le sue competenze e la sua formazione professionale”.