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Di fronte all’emergenza abitativa, il Comune svende l’edilizia popolare

Saranno 381 gli alloggi pubblici (s)venduti dal comune di Bologna. Mentre più di 40.000 famiglie sono in disagio abitativo e circa 10.000 in attesa di una casa popolare.

19 Marzo 2013 - 19:47

Sembra un paradosso, ma è la realtà. Il Comune di Bologna si appresta a vendere 400 immobili Acer, la maggior parte sono alloggi (381) ed il restante garage e locali vari. L’obiettivo dell’operazione di vendita è il cosiddetto “ricambio del patrimonio Acer”, ovvero vendere per ricomprare. Le motivazioni fornite dall’assessore alla Casa, Riccardo Malagoli, riguardano la dismissione di appartamenti datati e che si trovano in condomini “misti”, ovvero dove la proprietà pubblica è di un terzo (o inferiore).

Dietro la parola “ricambio” si intravede la parola dismissione. Gli immobili infatti saranno venduti “a meno della metà del prezzo di mercato”, con l’inquilino che avrà un diritto di prelazione sull’acquisto. Ma se l’inquilino non vorrà, o non potrà comprarsi la propria casa, chi si vedrà “regalare” questi immobili pubblici? Non è difficile immaginare, in un periodo di crisi come quello attuale, che saranno in pochi (ma noti) ad avere risorse sufficienti per acquistare alloggi e locali pubblici.

Il ricavato dell’operazione servirà solamente in parte per acquistare nuovi immobili, con un saldo netto finale sicuramente negativo, mentre un’altra parte verrà utilizzata per la riqualificazione di alloggi Erp. Considerando però la bassissima percentuale di edilizia popolare nella città di Bologna (circa il 5,6%, mentre in Francia è pari al 15%), del tutto insufficiente a soddisfare le domande presentate per un alloggio Erp (circa 400 assegnazioni annue per 10.000 richieste), questa operazione rappresenta un triste paradosso.

Di fronte ad un’emergenza abitativa che colpisce sempre più duramente la città di Bologna, questa operazione immobiliare del Comune di Bologna sembra andare nella direzione opposta rispetto al soddisfacimento di una richiesta di alloggi pubblici che aumenta ogni anno. Suona ancora più strano che dopo anni in cui non ci sono state politiche per la casa, l’unica cosa che si riesca a fare è (s)vendere il patrimonio pubblico, già ridotto ai minimi termini.