Culture

Culture / Danzando di sfruttamento: nei cinema “The Harvest”

Il nuovo documentario della bolognese Smk Videofactory è un musical, e racconta una giornata di ordinario schiavismo nelle campagne del basso Lazio.

19 Gennaio 2018 - 10:53

“Il racconto della vita della comunità sikh vittima di caporalato che vive nelle campagne dell’Agro Pontino e la denuncia dell’uso di sostanza dopanti a cui sono costretti i lavoratori attraverso un genere inedito: il docu-musical”, che “unisce il linguaggio del documentario alle coreografie delle danze punjabi, raccontando l’umiliazione dei lavoratori sfruttati dai datori di lavoro e dai caporali”. E’ “The Harvest”, la nuova scommessa di Smk Videofactory, associazione di produzione indipendente attiva in città dal 2009.

Il film è diretto da Andrea Paco Mariani, la colonna sonora originale è scritta da Claudio Cadei e interpretata da Stephen Hogan. Ha già all’attivo la menzione speciale dello HumanDoc festival di Varsavia e la partecipazioone al Delhi International Film festival. Arriva nei cinema “grazie a Distribuzioni dal Basso/OpenDDB, il portale che sostiene la circolazione di opere creative di autori indipendenti in tutta Europa”, spiega la factory, e come già i precedenti lavori nasce da una campagna di crowdfunding: “La coproduzione popolare è il modello di sostenibilità che abbiamo scelto da anni”.  Si parte stasera a Bologna con la prima nazionale in Cineteca: le proiezioni sono già sold out, ma il film è di nuovo in programmazione martedì 23 gennaio alle 19.00 e 21.30 al Cinema Teatro Galliera di via Matteotti. Poi da febbraio inizierà il tour in molte città italiane.

Sono migliaia i lavoratori migranti che sostengono oggi la decantata eccellenza italiana della produzione agroalimentare. The Harvest (ovvero, il raccolto) denuncia questa realtà intrecciando due storie: una è quella di Gurwinder, che “viene dal Punjab, da anni lavora come bracciante nell’Agro Pontino, da quando è arrivato in Italia  vive insieme al resto della comunità sikh in provincia di Latina”. Poi c’è Hardeep: “E’ indiana, ma parla con accento romano, e si impegna come mediatrice culturale. Lei, nata e cresciuta in Italia, cerca il riscatto dai ricordi di una famiglia emigrata in un’altra epoca, lui è costretto, contro il suo stesso credo, ad assumere metanfetamine e sostanze dopanti per reggere i pesanti ritmi di lavoro e mandare i soldi in India”.

Due storie narrate nel tempo di una giornata “dalle prime ore di luce in cui inizia il lavoro in campagna alla preghiera serale presso il tempio della comunità. Un duro lavoro di semina, fatto giorno dopo giorno, il cui meritato raccolto, tra permessi di soggiorno da rinnovare e buste paga fasulle, sembra essere ancora lontano”.