Attualità

Cucchi, per Giovanardi «Poverino, era un drogato»

La morte in carcere di Stefano Cucchi libera l’estro del sottosegretario Giovanardi, le cui parole alimentano il clima di omertà e di intidimidazione verso chi dubitasse dell’operato delle forze dell’ordine. Anche di fronte all’evidenza.

10 Novembre 2009 - 13:35

Apprendiamo le dichiarazioni di ieri  del Ministro Giovanardi, secondo cui Stefano Cucchi sarebbe morto perchè era ‘un drogato’, essendo d’altronde in carcere in quanto ‘noto spacciatore’.

Portano rabbia le parole di Giovanardi, perchè sembra di rivivere le dichiarazioni della questura e dei poteri dello stato dopo la morte di Federico Aldrovandi, dichiarazioni che precedono l’avvio delle indagini e che non hanno nessun tipo di motivazione se non lo slancio del sottosegretario con ‘delega alla lotta alla droga’ (sic!). Secondo il sottosegretario Stefano alla morte pesava 42 chili a causa dell’uso di sostanze, non importa se le cartelle cliniche (pubblicate da diversi siti democratici ) dicano il contrario, un drogato è sempre un drogato e ‘poverino se è morto’ dice il ministro, ma noi che possiamo farci?

Ci troviamo di fronte all’ennesimo infagamento delle vittime del sistema penitenziario e dell’ordine pubblico italiano, ancora una volta non sono sotto accusa la ferocia degli operatori del carcere, come per Aldro non era in dubbio la buona fede dei poliziotti che lo hanno massacrato.
Nessuno si scandalizzi: è l’ennesimo deja vù, l’ennesima messa in stato d’accusa che dovrebbe sollevare poliziotti, polizia penitenziaria e sistema carcerario dalla responsabilità dell’ennesima morte in carcere.
Stefano non pesava 42 chili perchè era un drogato, ma perchè era in sciopero della fame e della sete finchè non gli avrebbero permesso di parlare con il suo avvocato.
Che Giovanardi non sappia quello che dice è fuori discussione: mente sapendo di mentire. E ancora una volta la famiglia della vittima si è trovata a dover mettere in piazza il proprio dolore, diffondendo le foto della morte e la cartella clinica di Stefano nell’intento di sfuggire alla criminalizzazione e all’offesa.
Il sottosegretario Giovanardi ha forse condotto delle indagini personali? Con quali motivazioni giustifica le sue parole?
O sta forse cercando, neanche tanto velatamente, di influenzare l’opinione pubblica e di orientare le indagini della magistratura?
E intanto i media mainstream ci danno sotto, e del corteo in memoria di Stefano riportano solo bottiglie contro la polizia e cassonetti incendiati, tralasciando la partecipazione del quartiere, la presenza di numerosi migranti e di ‘gente qualunque’, fuori dai centri sociali o dai soliti ambienti dell’attivismo . La determinazione di chi è sceso in piazza perchè sa che questa non è nè la prima nè l’ultima morte in carcere, che ‘i nostri ragazzi’ col manganello in mano ci vanno giù pesante. Intanto è di oggi la dichiarazione di Fabio Anselmo, legale dei Cucchi e della famiglia Aldrovandi, secondo cui esiste un testimone dei pestaggi subiti da Federico in carcere.
Nel caso la colonna vertebrale spezzata non fosse sufficiente come prova.