Il collettivo: “Recapitato un ‘decreto di fissazione di udienza camerale’ avente per oggetto la misura di ‘sorveglianza speciale’ e ‘obbligo di dimora’” all’attivista “recentemente uscito dal carcere e dai domiciliari a seguito della manifestazione antifascista dello scorso anno a Piacenza”.
“Pochi giorni fa è stato recapitato un ‘decreto di fissazione di udienza camerale’ avente per oggetto la misura di ‘sorveglianza speciale’ e ‘obbligo di dimora’ per tre anni a Lorenzo, un nostro compagno recentemente uscito dal carcere e dai domiciliari a seguito della manifestazione antifascista dello scorso anno a Piacenza in cui per l’intera giornata si tentò di impedire l’apertura di una sede di Casapound difesa dalla celere e dai carabinieri”. Lo scrive il Cua.
Prosegue il collettivo: “Per motivare il provvedimento oltre alla manifestazione antifascista piacentina la procura di Bologna elenca la partecipazione del nostro compagno alle lotte degli operai della logistica, alla lotta per il diritto all’abitare e alle iniziative dei movimenti sociali antirazzisti e in difesa dei territori dalle devastazioni ambientali. Per la procura qualsiasi attivista o militante sociale può essere potenzialmente colpito della misura visto che vengono segnalate le manifestazioni che più hanno animato le lotte e i conflitti degli ultimi anni a Bologna e in Emilia. Ma per attivare il complessivo progetto repressivo si è scelto Lorenzo per la sua partecipazione alle manifestazioni antifasciste e nello specifico il corteo contro Casa Pound a Piacenza che nel dispositivo viene ripetutamente citato. La procura bolognese inserisce la propria attività in coerenza con i recenti fatti di Torpignattara e Casalbruciato e nel più ampio rigurgito fascista che vede protagonisti sia organizzazioni neofasciste che alcune personalità istituzionali impegnate a discriminare e aggredire gruppi sociali su base etnica, di genere e ceto di appartenenza. D’altronde la ‘sorveglianza speciale’ è l’olio di ricino d’oggi messo a disposizione delle questure: dove formalmente viene definita ‘misura di prevenzione’ nei fatti si ha una vera e propria pena del sospetto che trova la sua legittimità nell’arbitrarietà della decisione politica del procuratore tizio o del digossino caio, è uno strumento coerente al codice Rocco del regime del Duce, che nei fatti regala alla digos una grande varietà di sanzioni quali: obbligo di dimora, divieto di dimora, ritiro di patente e passaporto, divieto di partecipazione a manifestazioni pubbliche e ad assemblee culturali e politiche, rientri obbligati sia diurni che notturni nella propria casa, obbligo di firma, divieto di frequentazione di piazze, quartieri, o bar, divieto di iscrizione ad albi professionali e alla possibilità di aprire attività o di lavorare in contesti considerati non adeguati”.
Si legge poi: “Rendiamo quindi nota questa nuova aggressione repressiva annunciando che ci opporremo sia per via legale che tramite campagne e iniziative di solidarietà antifascista in quanto evidente l’obiettivo vessatorio nei confronti del movimento antifa e criminalizzatore contro qualsiasi forma di sostegno alle istanze delle lotte sociali e sindacali aperte nel nostro territorio. Non possiamo permettere che nel contesto storico e sociale di oggi un provvedimento come questo cominci a dettare legge nella nostra città facendo spazio senza ogni dubbio alle organizzazioni neofasciste e ad una cultura reazionaria che punisce e sanziona ogni espressione di solidarietà sociale e partecipazione politica! Intanto con ferma determinazione continueremo nella nostra quotidianità di militanza sociale nelle facoltà universitarie e là dove le ingiustizie ci chiameranno a presidio di lotta e conflitto al fianco dei discriminati, degli ultimi e degli sfruttati della nostra città. Senza retorica: non faremo un passo indietro! Ora e sempre antifa!”.