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Community center, domani il giudice decide sul processo

Libertà di dimora in presidio davanti al Tribunale: “Rifiutare e rompere il dispositivo della paura e delle stesse misure cautelari preventive è possibile”.

29 Marzo 2016 - 19:03

Corteo di Hobo contro i divieti di dimora - © Michele LapiniE’ prevista domani l’udienza preliminare per le 22 persone denunciate per resistenza per quanto occorso allo sgombero del Community center di via Filippo Re il 7 ottobre 2014, e per il sucessivo blitz al rettorato. A rischiare il rinvio a giudizio ci sono anche gli studenti Loris e Parvis, il primo agli arresti domiciliari per violazione di un divieto di dimora, il secondo tutt’ora sottoposto a tale regime.

Domani alle 9,30 Libertà di dimora ha annunciato che sarà in presidio all’ingresso del Tribunale, in via Farini 1.  “Il divieto di dimora che la Procura di Bologna ha utilizzato preventivamente contro Loris e Parvis- si legge nel comunicato diffuso- è una misura cautelare di retaggio fascista, che trova origine nel ventennio più buio della nostra storia quando chi non si uniformava al pensiero del partito unico dominante veniva relegato al confino o alla reclusione”.

“Unica colpa di Loris e Parvis – prosegue il testo – è infatti stata quella di difendere lo scorso autunno insieme a tanti studenti e studentesse uno spazio autogestito all’interno del campus universitario di Filippo Re dalla violenza di uno sgombero e dagli scudi e manganelli di decine di poliziotti in assetto antisommossa. Insieme a Loris e Parvis a cui sono state comminate le misure cautelari preventive altri venti tra studenti e studentesse dell’Università di Bologna sono state denunciati. Unica colpa di questi studenti è quella di desiderare e costruire un’Università che sia spazio di libera circolazione di sapere critico, luogo di messa in condivisioni di intelligenze, spazio di riflessione, scambio e costruzione di un mondo altro, non luogo della violenza della polizia e della militarizzazione. Costruire e sviluppare giorno dopo giorno spazi di autonomia all’interno dell’università e della città, spazi di un sapere libero e critico, capace di prendere posizione contro la guerra e la violenza della crisi, spazi di un sapere che attraverso la pratica dell’autoformazione mette al centro lo studente da protagonista attivo e non da utente, rappresentano esperienze da preservare e difendere e non da colpire attraverso misure cautaleri, manganelli, denunce,confini e arresti. Oggi più che mai che la nostra Università è preda di un’amministrazione che militarizza gli spazi, manganella gli studenti, protegge e diffonde saperi di guerra, battersi per un sapere libero e liberato dovrebbe essere prerogativa di tutte e tutti noi”.

Continua la nota: “Libertà di Dimora attraverso diverse iniziative costruite in città, di dibattito e di manifestazione cittadine, è riuscita a sviluppare in pochi mesi una presa di coscienza ampia rispetto ai dispositivi delle misure cautelari preventive per troppo tempo utilizzate e troppo facilmente accettate; è riuscita a catalizzare una presa di parola e un’opposizione larghe e forti rispetto ai tentativi di Procura, Università, Questura e Amministrazione cittadina di diffondere paura e di limitare gli spazi di agibilità politica e di dissenso. Tutti e tutte insieme abbiamo dimostrato che è possibile rifiutare e rompere il dispositivo della paura e delle stesse misure cautelari preventive, con determinazione come ha fatto Loris, senza accettazione solitaria e silenziosa delle limitazioni delle nostre libertà. Adesso tutte e tutti insieme dobbiamo ancora una volta gridare forte e chiaro che Bologna non ha paura e non si arresta né si piega ai deboli tentativi di chi vorrebbe limitare la nostra capacità di costruire un mondo più libero, più giusto e lieto. Vogliamo l’immediata liberazione di Loris e Parvis e di tutti gli studenti e studentesse colpite da abiette misure cautelari preventive e denunciati per il libero sapere. Lo ribadiamo ancora una volta ad essere socialmente pericolose sono queste misure cautelari preventive, perché laddove non c’è dissenso non c’è libertà”.