Acabnews Bologna

“Chi ha paura di Bartleby?”

Ronchi e Sel si dicono a favore dell’assegnazione di una nuova sede, ma nella maggioranza a Palazzo d’Accursio c’è chi rema contro. Il comunicato di Bartleby e gli attestati di solidarietà e sostegno.

17 Luglio 2012 - 19:06

L’individuazione di uno spazio per pemettere al progetto di Bartleby di proseguire sta generando tensioni nella maggioranza consiliare di Palazzo d’Accursio, dopo lo stop all’ipotesi di una soluzione in via San Felice che pure era già stato mostrata agli attivisti.

Da una parte il gruppo Frascaroli-Sel si schiera decisamente a difesa dello spazio autogestito: “Ad oggi ancora non si intravede una soluzione chiara per lo spazio Bartleby tuttora ospitato nei locali dell’Università di Bologna in via San Petronio vecchio – si legge in una nota dei quattro consiglieri – Quello spazio dovrà essere lasciato entro l’estate e nonostante l’amministrazione stia lavorando da tempo alla trattativa per l’individuazione di una soluzione si inseguono voci sulle difficoltà e sulle resistenze che questa trattativa incontra. Speriamo veramente – e a questo stiamo lavorando – si possa a breve conoscere il futuro dell’esperienza Bartleby che, ne siamo convinti, rappresenta una ricchezza per la nostra città”.

Dall’altra la questione sembra molto meno liscia tra le fila del Pd, dove pare qualcuno sia nettamente contrario.  “Ci sono sensibilità diverse”, ammette l’assessore alla cultura Alberto Ronchi: “Quello del Bartleby per quello che ho potuto vedere è un progetto che ha una valenza culturale. E’ giusto che questo tipo di attività trovi una rappresentanza in città, con tanti ci siamo riusciti in questi anni, ultimo esempio il Lazzaretto. Io sto su questa linea qui”.

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> Il comunicato diffuso oggi da Bartleby:

CHI HA PAURA DI BARTLEBY?

In questi ultimi giorni si è riaperto il dibattito sull’assegnazione di una sede per il progetto Bartleby. Lo ribadiamo ancora una volta: Bartleby non sono quattro mura in via San Petronio Vecchio, ma un progetto politico e culturale, che nasce all’interno delle lotte contro la dequalificazione dei saperi e vive all’interno di una composizione sociale fatta di studenti e precari, musicisti e lavoratori della cultura.

Tre anni fa occupammo con la scommessa che a Bologna ci fosse un potenziale inespresso. Che gli studenti della città non fossero solo spugne a cui spremere soldi, di cui farsi vanto nelle statistiche d’Ateneo, ma che, nella crisi dell’università, potessero spingere per creare un modo nuovo di immaginare l’università al di fuori dei vincoli e delle gerarchie che la prendono in ostaggio. Abbiamo visto moltiplicarsi gli esperimenti, abbiamo favorito il nascere di nuove collaborazioni che abbattessero le barriere fra le discipline.

La scommessa di Bartleby non riguarda solo l’università, ma la produzione di arte, cultura e saperi nello spazio cittadino: musicisti di diversa estrazione e formazione si sono incontrati nei nostri spazi e hanno cominciato a lavorare insieme. Scrittori, attori e studiosi hanno trovato nel nostro progetto una possibilità di sperimentazione. Esattamente quella capacità propulsiva di cui le istituzioni Bolognesi si fanno vanto (“Bologna città della cultura”, “Bologna patrimonio dell’Unesco per la musica”, “Bologna polo universitario”), salvo poi tarpare le ali a questi esperimenti. Tutto questo ci sembra assurdo.

Ancora più assurdo perchè, dal momento che la nostra volontà di dialogo non è mai venuta meno, una soluzione era stata trovata, nei locali di via San Felice 11. Soluzione che però è sfumata per volontà dell’amministrazione comunale. Forse perchè dietro al “caso Bartleby” si celano tensioni di una maggioranza che deve operare scelte in tempi di crisi e scopre le divisioni al proprio interno? Forse perchè l’università vede in Bartleby una minaccia piuttosto che una ricchezza? Forse perchè le idiozie securitarie dei comitati “antidegrado”, che considerano la socialità di studenti e precari una mera questione di ordine pubblico, stanno prendendo in ostaggio il dibattito cittadino?

Adesso l’amministrazione universitaria minaccia lo sgombero estivo con la città vuota: una mossa da cuor di leoni. L’amministrazione comunale sembra tentennare. Una soluzione per Bartleby era stata trovata e su questa si stava costruendo un accordo, qualcuno si è messo di traverso. A questo punto è il caso di chiederci: perché parte di chi governa questa città, tanto in comune come in università, vuole soffocare questa esperienza? Chi si oppone al fatto che studenti, artisti e precari si organizzino in autonomia e facciano liberamente (e gratuitamente!) circolare saperi, cultura, socialità? Invitiamo tutte le forze politiche, sociali, sindacali e culturali di Bologna ad esprimersi e a prendere posizione in merito. Bene che tutti prendano parola e dicano chiaramente a quale progetto di città stanno lavorando.

Noi le nostre scelte le abbiamo fatte e le portiamo avanti ogni giorno a viso aperto, senza nasconderci dietro paraventi. Centinaia di persone insieme a noi hanno sostenuto e sostengono ogni giorno quest’esperienza.

Bartleby sin dalla sua nascita lavora perchè si dispieghi quella forza trasformativa data dalla scommessa dell’incontro fra i tanti e diversi che Bologna la vivono e la rendono un luogo ancora capace di attrarre intelligenze e creatività. Bartleby è parte di una Bologna che vive il presente come possibilità, l’autogestione come ricchezza, la contaminazione come forza collettiva.

Bartleby

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> Lettere e comunicati di solidarietà:

UNO SPAZIO PER BARTLEBY

A Palazzo d’Accursio c’è chi non vuole che sia assegnata una nuova sede a Bartleby.

In un’estate torrida, segnata purtroppo dal continuo incedere di una crisi martellante anche qui tra le mura della città, le preoccupazioni della giunta comunale appaiono essere sempre più distanti dalle necessità di chi vive le strade di Bologna e la bandiera della “lotta al degrado” viene issata ripetutamente al fine di sacrificare sull’altare della tranquillità ogni luogo o esperienza viva e aggregativa.

Crediamo che in questo contesto vadano inquadrate anche le recenti notizie riguardanti i compagni e le compagne di Bartleby, sotto attacco in questi mesi per una chiara volontà politica di Comune ed Università. Bartleby da anni rappresenta una delle più significative esperienze di organizzazione dal basso che in questa città si sono date e la sua capacità di rimettere in discussione tanto la produzione del sapere quanto la produzione di valore sociale in questa città ha fatto sì che quello spazio divenisse una vera e propria contraddizione per chi prende decisioni sulle nostre vite a Bologna.

Nato e cresciuto dentro e oltre le mura di via Capodilucca prima e San Petronio Vecchio, ma soprattutto dentro e contro un centro storico sempre più militarizzato e inattraversabile, Bartleby è ancora oggi una scommessa da difendere collettivamente.

Solidarietà alle compagne e ai compagni di Bartleby

Spazi e non sgomberi per l’autogestione!

Vag61 – Spazio Libero Autogestito

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Gli spazi di student* e precar* non si toccano!

Negli ultimi mesi stiamo assistendo ad un fortissimo attacco alle condizioni di vita di ampissime fasce sociali. Il governo delle banche,col suo programma iperliberista, non ci sta solamente rubando un futuro già costantemente sotto rapina, ma anche l’orizzonte possibile del quotidiano si rattrappisce a velocità sempre più accelerata.
Anche nei nostri territori tenta di avanzare un’idea di gestione del sociale sempre più verticale e dura, che non può che essere battuta e contro-agita dalle lotte sociali.
Dalla grande ondata dei movimenti globali di questi anni abbiamo imparato che non c’è più vita per noi se non attraverso la riappropriazione della ricchezza e dei saperi socialmente prodotti, di spazialità e temporalità autonome, di forme nuove del politico.
Per questo sappiamo che difendere e diffondere esperienze di autogestione, socialità e produzione culturale dal basso è giusto e necessario. Per questo siamo e saremo al fianco di Bartleby!

Collettivo Universitario Autonomo

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Pare che Bartleby abbia spaccato il PD bolognese. Mica male per un collettivo universitario. Qualcuno dirà che in fondo mettere a nudo le contraddizioni del PD è ormai uno sport troppo facile. E’ vero. Tuttavia bisogna proprio che questa specifica contraddizione venga inquadrata per quello che è.
Qualcuno, dentro quel partito, ritiene politicamente inaccettabile che l’amministrazione comunale di Bologna assegni uno spazio a un collettivo di giovani che organizza eventi culturali, concerti, seminari, presentazioni di libri, iniziative e dibattiti politici, senza chiedere un centesimo a nessuno. Un collettivo che esercita la critica pratica dell’esistente, come del resto fanno altre realtà bolognesi, le quali hanno posti assegnati da anni.
Qualcuno, dentro quel partito, pensa che un’esperienza del genere vada spenta, punita. Evidentemente stare fuori dal giro d’affari cittadino, dalle clientele politiche e… “sopravvivere” suscita scandalo. Perché significa dimostrare che le cose si possono fare in un altro modo. Ad esempio senza inneggiare ipocritamente alla pace sociale; ma anche senza “entrismi” utilitaristici, senza lobbismo politico o accademico. Per qualcuno questo è davvero troppo. Per noi è più che sufficiente a stare dalla parte giusta.

Wu Ming (collettivo di scrittori)

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vDi fronte all’ennesima e più pressante minaccia di sgombero di Bartleby non possiamo non riaffermare l’esigenza di difendere tutte le esperienze di autogestione, un bene comune che non può essere sottratto alla città.
Fuori dalle retoriche istituzionali, le esperienze di autogestione devono essere riconosciute e promosse per la produzione culturale e sociale che hanno assicurato e continuano ad assicurare.
La “nefasta utopia” dell’autogestione continua a scavare.

Spazio pubblico autogestito Xm24

 

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Le cattive ragazze vanno ovunque, con Bartleby lo scrivano
Ed infine, è ritornata l’estate.
Come ogni anno, insieme alla spietata zanzara tigre e all’insostenibile umidità padana, tornano anche soffocanti minacce di sgombero.
Anche questa volta, una parte dell’amministrazione comunale spinge, perchè non vuol perdersi l’appuntamento più appassionante che potrà godersi sotto agli ombrelloni della riviera.
Altro che tornei di burraco e racchettoni sulla spiaggia. Molto più eccitante un bello sgombero.
E quest’anno dal bussolotto della tombola è spuntato il nome del nostro caro scrivano.

Temiamo tristemente, del resto, che le domande politiche poste da Bartleby siano destinate a non avere riposte chiare, all’altezza.

In questa città ormai spenta dalla noia e dal degrado culturale dei sempre all’erta comitati di quartiere, dalla cecità sulla governance della crisi che spezza le nostre esistenze anche dentro porta, Bartleby ha portato elaborazione e condivisione di saperi, sperimentazione e accesso gratuito alle molteplici forme di espressione artistica, attenzione verso le questioni sociali e possibilità di autonomia diffusa.
Una continua sperimentazione che potrebbe essere interrotta dalle partite a scacchi tra i pedoni di un’amministrazione afflitta da guerricciole interne.

E’ passato più di un anno da quando si è insediata la nuova giunta cittadina e ancora non si è capito quale sia il progetto di città a cui stanno lavorando. Ammesso che ci sia e lo stiano facendo. A meno che, non si tratti dell’ennesima giunta di Tentenna, messa lì per non disturbare gli interessi di voraci massonerie e leghe di speculazione.
Perché fino ad ora, attorno a noi, abbiamo visto solo manifestazioni di misero provincialismo.
Di cos’è che si discute in questa città secondo i quotidiani locali? Di orari di concerti (meglio il rock o il jazz?), di topi e mandrilli, di bus sì o no nel fine settimana delle vetrine dei negozi del centro. E sorvoliamo sulla vuota pomposità del pianostrategicometropolitano, solo per pietà.

Qui non esiste un dibattito pubblico, la produzione culturale è continuamente mortificata, i legami sociali sono disincentivati.
“Non te ne accorgi, ma da qua se vanno tutti”. Perché la verità è che qui il comune non esiste.

Chi prova a costruirlo davvero, lo fa contando solo sulle proprie risorse – spesso “autosfruttandosi”, quotidianamente, generosamente, con passione, ma anche esercitando un sano conflitto nei confronti di questo immobile pantano. Perché, siamo vive.
In cambio riceviamo indifferenza, arroganza, paternalismo, sgomberi. Perché, metaforicamente parlando, ci preferirebbero morte.

Certamente, ci fa ancora più tristezza che in questa replica estiva di serie Z, il nuovo protagonista sia “lo sguardo affettuoso, severo e concreto di una madre di famiglia”.
Del resto, si sa. Le brave ragazze vanno in consiglio comunale, quelle cattive vanno ovunque.
Ad ognuna, la propria piccola rivoluzione. Ma il buonsenso qualunquista è cattivo consigliere.
Dal canto nostro, noi staremo sempre con il coraggio della verità dello scrivano.

Laboratorio Smaschieramenti/Antagonismogay

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Il rumore e il silenzio: perché togliere ai giovani anche la voce?

Tra pochi giorni le studentesse e gli studenti di Bartleby potrebbero non avere più una sede. Vittime apparentemente dell’incapacità dell’Ateneo di Bologna e dell’Amministrazione comunale di individuare una soluzione condivisa, sono divenuti loro malgrado ostaggi involontari di una politica “politicista” che non riesce più a dare nessuna risposta alle istanze dei cittadini. La sede di Bartleby è stata attraversata in questi anni da una moltitudine di musicisti, scrittori, artisti, docenti universitari e attivisti politici; si sono susseguiti, quasi senza soluzione di continuità, presentazioni di libri, reading di poesie, concerti di musica classica, videoproiezioni, mostre di fumetti, dibattiti sull’attualità e sul mondo. Tutto è stato organizzato in assenza di qualsiasi finanziamento, a costo zero per la collettività. Consideriamo Bartleby uno dei più attivi e vivaci laboratori di autoformazione e produzione culturale che Bologna abbia espresso negli ultimi anni. Che esso sia nato proprio all’interno del contesto universitario dovrebbe costituire motivo di orgoglio per un Ateneo che ha scelto di eleggere innovazione ed eccellenza nella ricerca a propri valori guida. L’iniziativa autonoma di studenti e studentesse, la volontà di approfondire in modo critico problemi e teorie inerenti i più diversi campi del sapere, la pratica della ricerca intesa come lavoro condiviso, partecipato e orizzontale, sono tutti valori di portata immensa per la crescita della comunità universitaria bolognese. La didattica che pratichiamo nelle aule, sempre più sacrificata per effetto delle varie riforme di stampo economicista ed efficientista che si sono succedute nel corso degli anni, non può bastare da sola a creare le condizioni di un vero protagonismo della componente studentesca nei processi di trasmissione delle conoscenze. Luoghi come Bartleby, dove i giovani e le giovani universitarie hanno la possibilità di definire autonomamente le proprie linee di interrogazione e confrontarsi tra loro e con i/le loro docenti in un processo permanente di appropriazione orizzontale del sapere sono essenziali se vogliamo che l’Università sappia svolgere davvero quel ruolo di fucina dei talenti che le compete in una società che si vuole avanzata come la nostra. In ragione di tutto questo appare davvero incomprensibile l’atteggiamento dei rappresentanti delle istituzioni universitarie e cittadine nei confronti di Bartleby. In realtà una spiegazione esiste. Qualcuno (o più di uno) vuole approfittare di questa occasione per spegnere una voce libera. Bartleby ha sempre perseguito con tenacia l’affermazione della propria identità, irriducibile rispetto al sistema dei partiti, rifiutando la genuflessione ai poteri costituiti come pratica politica ed esprimendo in città un punto di vista mai omologato. Né va dimenticato che i suoi appartenenti si sono opposti fieramente all’approvazione della legge di riforma dell’Università e più tardi a quella del nuovo Statuto dell’Ateneo, così come ai tagli alla cultura e alle ricette economiche ultra-liberiste imposte dall’Unione europea e dai governi Berlusconi e Napolitano-Monti. Speriamo di cuore che la minaccia di sgombero, senza prospettive di rilocazione, di questo importante progetto culturale possa essere evitata, attraverso l’individuazione di una sede idonea ad ospitarne le attività. Chi ha il potere di farlo ci ripensi: Università e Amministrazione comunale hanno l’obbligo morale di individuare una soluzione idonea a salvaguardare l’esperienza di questi anni e a garantire le condizioni che ne permettano la prosecuzione!

In questi anni, Bartleby è stato uno dei pochi centri di produzione culturale a Bologna capace di agire secondo pratiche di autonomia e di partecipazione, senza piegarsi alle logiche istituzionali che dominano questa città. E’ urgentissimo che l’Università e il Comune risolvano il problema della sede, per non spezzare la continuità di questa straordinaria esperienza e non dissipare un patrimonio intellettuale (ma anche politico e umano) accumulato in anni di lavoro. E invece non lo hanno ancora fatto, trascinano le cose da mesi, e di fronte a questo atteggiamento di chiusura sorge spontanea una domanda: perché hanno tanta paura di Bartleby? Come docente dell’Alma Mater e cittadina bolognese, provo una profonda vergogna per l’atteggiamento delle istituzioni di cui faccio parte o che dovrebbero rappresentarmi.

Donata Meneghelli
Letterature Comparate/Comparative Literatures
Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica

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Esprimo il mio pieno sostegno a “Bartleby” e a tutti coloro che hanno animato il progetto. Trovo assurdo che le istituzioni non possano (o non vogliano) trovare un accordo per garantire continuità a un’esperienza che, pur in un momento di estrema difficoltà materiale, nel quale l’università sta assumendo forme sempre più verticistiche e tecnocratiche, ha saputo realizzare iniziative di indiscutibile valore culturale e che ha promosso un’idea di sapere come bene comune, aperto al dialogo e alla circolazione trasversale tra studenti, ricercatori e docenti. Quando poi, come sembra, il mancato raggiungimento di un accordo viene condizionato da dissensi politici interni alle istituzioni, lo scontento si traduce facilmente in indignazione. Mi auguro dunque, come altri colleghi di questo Ateneo, che vengano scongiurate inutili azioni di forza e che si trovi al più presto una soluzione condivisa con cui dare continuità e respiro a uno dei progetti più interessanti che la città abbia espresso in questi anni.

Prof. Federico Bertoni
Università di Bologna – Dip. di Filologia Classica e Italianistica

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Ritengo che alla vostra esperienza, debba essere data una risposta positiva. In questi anni, come SLC-cgil abbiamo cercato di mettere al centro della nostra iniziativa, come sindacato dei settori della cultura, il rilancio dell’iniziativa culturale in città, quale parte essenziale del welfare territoriale, sia grazie al rilancio delle grandi istituzioni culturali, sia attraverso le esperienze dal basso di cui bartleby è senza dubbio un esempio originale e prezioso. Pertanto ritengo che il comune di Bologna, che peraltro a mio avviso, ha prodotto innovazioni significative e positive sulla programmazione culturale di Bologna e, nonostante i pesanti tagli dovuti alle sbagliate politiche governative degli ultimi anni, abbia continuato ad investire sulla produzione culturale, abbia il dovere di trovare una soluzione perché la vostra esperienza, che è un piccolo ma importante patrimonio per la città, possa proseguire.

Un saluto

Alessio Festi segretario generale SLC-cgil Bologna

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Bartleby è stato in questi anni un luogo essenziale di confronto e di costruzione di sapere critici. La città di bologna sarebbe più povera se bartleby non fosse esistito. Per questo ha il mio incondizionato sostegno nella vertenza per ottenere una nuova sede.

Sandro Mezzadra (università di Bologna)

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Ed io mi chiedo: perché sgomberare Bartleby, invece di farlo esplodere con la dinamite?

Non andrebbe punita con maggior severità la tracotanza di chi si azzarda, oramai da anni, a mettere in ombra l’Università più antica del mondo? Ma chi si credono di essere questi presuntuosi? Non potevano limitarsi a bere birra e suonare i piatti? Era proprio necessario riempire sale, indecorose e fatiscenti, di ricercatrici europee, professori americani, scrittori, editori, intellettuali, artisti, disegnatori…mentre l’Università italiana boccheggia e vagola nel buio?

Accontentarsi di uno sgombero, dunque? Francamente, preferirei di no…

Federico Martelloni (Università di Bologna)

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Considero Bartleby uno dei più attivi e vivaci laboratori di autoformazione e produzione culturale che Bologna abbia espresso negli ultimi anni. Che esso sia nato proprio all’interno del contesto universitario dovrebbe costituire motivo di orgoglio per un Ateneo come il nostro che ha scelto di eleggere innovazione ed eccellenza nella ricerca a propri valori guida. L’iniziativa autonoma di studenti e studentesse, la volontà di approfondire in modo critico problemi e teorie inerenti i più diversi campi del sapere, la pratica della ricerca intesa come lavoro condiviso, partecipato e orizzontale, sono tutti valori di portata immensa per la crescita della comunità universitaria bolognese. La didattica che facciamo nelle aule, sempre più sacrificata per effetto delle varie riforme di stampo economicista ed efficientista che si sono succedute negli anni, non può bastare da sola a creare le condizioni di un vero protagonismo della componente studentesca nei processi di trasmissione delle conoscenze. Luoghi come Bartleby, dove i giovani e le giovani universitarie hanno la possibilità di definire autonomamente le proprie linee di interrogazione e confrontarsi tra loro e con i/le loro docenti in un processo permanente di appropriazione orizzontale del sapere sono essenziali se vogliamo che l’Università sappia svolgere davvero quel ruolo di fucina dei talenti che le compete in una società che si vuole avanzata come la nostra. Spero quindi di cuore che la minaccia di sgombero, senza prospettive di rilocazione, di questo importante progetto culturale possa essere evitata, attraverso l’individuazione da parte dell’Ateneo e/o dell’Amministrazione comunale di una sede idonea ad ospitarne le attività.

Monica Dall’Asta (DARvipem – Dipartimento delle Arti)

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Carissim*,

sono di nuovo a testimoniare pubblicamente della grande rilevanza che un’esperienza come quella di Bartleby ha avuto in questi anni nel panorama intellettuale, culturale e formativo della città di Bologna. La sola idea che tanta ricchezza di progettualità sia stata definitivamente “condannata a morire” dalle autorità cittadine e universitarie mi lascia senza parole. Non è comunque questo il tempo della rassegnazione. Dobbiamo tutti assieme continuare a collaborare, fianco a fianco, con pazienza e con tenacia, per difendere e sostenere Bartleby e le pratiche alle quali ha sempre saputo dare sostanza.

Un abbraccio fraterno

Sergio Brasini
Dipartimento di Scienze Statistiche
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

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Cari compagni e amici di Bartleby

che altro dirvi? A Bartleby ho partecipato a eventi culturali, ho discusso con un filosofo americano e uno bolognese assieme a mia figlia, ho raccontato il mio prossimo romanzo, ho sfogliato nella biblioteca riviste di cui ricordavo appena l’esistenza.

Tutto questo quante poltrone vale? Quanti voti?

Quanto conta la cultura, al pallottoliere della politica felsinea?

Un abbraccio,

Girolamo De Michele

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Altre lettere di sostegno, fa sapere Bartleby, saranno pubblicate sul sito www.bartleby.info man mano che arriveranno.