Bifo sfida il rettore Dionigi sui provvedimenti cautelari inflitti a diversi studenti di Hobo: “Chiedi di far ritirare queste misure ingiuste”. Pubblichiamo, inoltre, le informazioni per scrivere a Matteo, arrestato per la manifestazione antifascista di Cremona.
“Caro Ivano, spero che tu mi conceda di darti ancora del tu come quando nel 1974 occupammo insieme, con tanti altri tra i quali il comune amico Stefano, la Centrale universitaria per un’agitazione dei docenti precari”. Comincia così la “lettera personale” che Bifo ha voluto indirizzare al rettore Ivano Dionigi. Il testo, diffuso nell’ambito della campagna #LibertàDiDimora, recita: “Da allora è passato tanto tempo, ciascuno di noi ha maturato scelte differenti nella vita e nel lavoro, e diversa è stata l’evoluzione della nostra coscienza politica. Ma su un punto credo che non ci siamo allontanati l’uno dall’altro: ci accomuna ancora certamente la cultura della libertà e della democrazia, che decliniamo entro contesti culturali diversi ma che ci porta in ogni caso a respingere il disprezzo autoritario della legge e la violenza del potere. In una parola il fascismo. Certo di questa nostra ideale vicinanza voglio informarti di un episodio del quale certamente sei stato tenuto all’oscuro. Un mese fa l’Università di Bologna pubblicò la notizia che si sarebbe tenuta una manifestazione pubblica con la presenza della Ministra Madia. Molti risposero a quella convocazione, e tra gli altri un gruppo di ragazzi alcuni dei quali per avventura sono studenti dell’Università di cui sei oggi il Magnifico Rettore. Come puoi vedere in un filmato elettronico che puoi trovare a codesto indirizzo un gruppo di agenti di polizia impedì a questi ragazzi di entrare. Non soltanto gli agenti impedirono a studenti della tua Università di assistere a una manifestazione cui tu stesso li avevi chiamati, non solo venne loro impedito di esprimere eventualmente la loro opinione a proposito delle cose che la Ministra era venuta a comunicare, ma come puoi vedere dal filmato, gli agenti manganellarono con brutalità ingiustificabile gli studenti che non avevano altra intenzione se non quella di esercitare un loro diritto. Come se non bastasse, nei giorni successivi alcuni di quegli studenti furono colpiti da una misura cautelare che se non sbaglio si chiama ‘arresto domiciliare’, e due di loro (incredibile dictu) sono addirittura interdetti dal risiedere nella nostra città che si fregia del titolo nobilissimo di città democratica e antifascista. Se mi permetto di turbare la tua tranquillità e i tuoi studi con questa lettera personale, è perché credo che una tua parola avrebbe un peso che non può avere quella di un cittadino qualunque quale io sono. Sono certo che una volta informato dei fatti, tu – che non sei codardo né succube di una violenza fascista – chiederai alle autorità competenti di ritirare queste misure ingiuste (che il nostro comune amico ha giustamente definite barbariche)”. Firmato: “Franco Berardi. Matricola 1925 della Facoltà di Lettere e Filosofia, laureato l’11-11-1971”.
Dopo quelle citate da Bifo nella sua lettera, non sono mancati altri provvedimenti cautelari. Ad esempio l’arresto di Matteo per la manifestazione antifascista che si svolse lo scorso gennaio a Cremona. Dopo la manifestazione che ha attraversato la zona universitaria, è circolato l’indirizzo che si può utilizzare per inviare messaggi di solidarietà: Matteo Maria Pascariello,
Casa circondariale Dozza, via del Gomito 2 – 40127 Bologna”. Agli attestati di sostegno già segnalati su questo giornale, aggiungiamo quello di Làbas: “Devastazione e saccheggio è un reato infame, sproporzionato, che non ha diritto di esistere. Usarlo per portare in carcere uno studente universitario di Bologna che ha partecipato ad un corteo antifascista in risposta ad un aggressione assassina di Casapound è ancora più infame. A Cremona c’eravamo tutt*. Matteo libero!”.