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Bartleby è tornato a casa [comunicato+lettera alla città]

Bartleby, uno spazio di condivisione dei saperi, uno snodo delle lotte per la riappropriazione sociale della ricchezza tra università e metropoli può nuovamente cominciare a pulsare.

25 Novembre 2009 - 16:08

> Comunicato degli occupanti

Oggi 25 Novembre 2009, Bartleby ha riaperto le porte di
via Capo di Lucca 30! Un centinaio di studenti e studentesse, precari
e precarie, artisti e musicisti, hanno questo pomeriggio invaso la
strada di via Capo di Lucca e sono entrati con forza e determinazione
in quella palazzina che tutte e tutti abbiamo fatto vivere e dalla
quale abbiamo lanciato delle sfide alla città. Siamo qui, Bartleby è
tornato a casa.
Ricomincia a pulsare il centro di Bologna, ricomincia a vivere un
atelier della produzione indipendente. Uno spazio di condivisione dei
saperi, un territorio di libera espressione e uno snodo delle lotte
per la riappropriazzione sociale della ricchezza tra università e
metropoli.

Bartleby è innanzitutto un complice dell´Onda, dei conflitti contro lo
smantellamento del sistema della formazione e della ricerca e delle
battaglie per il libero accesso e la qualità dei saperi.
L´ autoriforma quindi come pratica costituente che si pone l´obiettivo
di ridefinire la relazione tra sapere vivo e sapere morto, tra
autogestione e subordinazione, tra resistenze della produzione comune
di conoscenza e processi di gerarchizzazione, tra accesso alla
ricchezza prodotta e rendita.
Un processo quindi che nasce dalle figure che vivono e producono
dentro l´università. Studenti, ricercatori e docenti che vogliono
affermare una decisione comune sui processi formativi e di ricerca:
libero accesso ai saperi, autogestione dei percorsi formativi, crediti
e fondi per i seminari di autoformazione e per la ricerca
indipendente. Questa è l´ università che vogliamo costruire.

Siamo studenti, ricercatori, artisti, musicisti e precari: un
intreccio di relazioni, un progetto che immediatamente eccede i
confini labili dell´accademia e ci parla di una città da creare.
Parliamo da un luogo, da uno spazio occupato, dai suoi laboratori
artistici e culturali ma guardiamo a una città possibile.
Infatti la città a venire vive già tutta in potenza, nella tensione
allo scambio e all´incontro, nella circolazione dei linguaggi e dei
saperi, nella sperimentazione di nuove forme di vita, nei flussi
comunicativi che la reinventano di giorno in giorno. Un tessuto vivo,
centrale per la produzione e l´economia metropolitana, e al contempo
messo all´angolo e escluso dalla decisione politica: attaccato
frontalmente da cinque anni di cofferatismo.
Bartleby Occupato è solo un sintomo, un segno visibile che in
autonomia una presa di parola è possibile e che dal basso possiamo
cambiare le geografie di Bologna.

Bartleby reclama reddito contro la crisi e grida “Yes we cash!”.
Da oggi Bartleby è un punto di costruzione di una campagna regionale
sul reddito minimo garantito: un reddito garantito, individuale,
cumulabile al salario.
Nel tempo in cui la precarietà si fa condizione comune e la crisi
attacca violentemente le condizioni materiali di tanti e tante, si fa
sempre più decisivo costruire un campo di conflitti attorno alla
riappropriazione della ricchezza. Tradurre quel “noi la crisi non la
paghiamo”  in una tensione affermativa: reclamare un  welfare adeguato
all´eterogeneità delle figure della produzione e alle qualità del
lavoro contemporaneo. Reddito vuol dire non essere piu’ ricattabili
dai tempi di vita dettati da lavori sottopagati ma libero accesso alla
formazione, ai saperi e alla conoscenza. Reddito vuol dire
autodeterminazione, sicurezza, indipendenza e autonomia.

Bartleby – Spazio Occupato

> Di seguito il testo della lettera pubblica di Bartleby- spazio occupato:

Lettera da una città a venire.

Eccoci qua, ricomincia a vivere un atelier della produzione artistica
e culturale indipendente nel cuore di Bologna.
Bartleby: studenti, ricercatori, artisti e precari, un intreccio di
relazioni, un progetto e una terza occupazione, una passione che ci
spinge sempre in avanti.
Fino a immaginare una città nuova e differente da quella che negli
ultimi anni abbiamo visto inaridirsi, stretta nella morsa dei divieti.
Abbiamo in mente una mappa disegnata da corpi che si muovono
liberamente, da contaminazioni continue, a partire da quella materia
viva che ha saputo resistere anche al cofferatismo, e che non ha mai
smesso di formulare delle possibili alternative.
Una città tutta da creare.
Utopia?
Noi parliamo da un luogo, che non è indifferente, ma non è solo di
questo luogo che vogliamo parlare. Anzi.
Ci sta a cuore la scommessa su Bologna, quindi sul nostro presente e
sul nostro futuro.
Di questa scommessa noi ci sentiamo parte.
Pensiamo che la città a venire viva già in potenza nella circolazione
dei linguaggi e dei saperi, nelle moltissime forme di sperimentazione
artistica e culturale, nel reinventare ogni giorno le relazioni e gli
spazi.
Giovani (e non solo), chi qui studia e fa ricerca, o dipinge, suona,
allestisce spettacoli, chi è in continuo movimento alla ricerca di un
lavoro, e molti altri… tutti privi di garanzie adeguate; è di questo
che stiamo parlando.
Un tessuto vivo, centrale per la produzione e l´economia metropolitana
e tuttavia  escluso dalla decisione politica, attaccato frontalmente
da cinque anni di cofferatismo.
Una ricchezza enorme, che deve essere riconosciuta, e che reclama i
suoi diritti.
Noi, Bartleby, di questa città possibile siamo un piccolo pezzo, un
tentativo di dare risposte reali a bisogni e desideri diffusi e
altrettanto reali.
Spazi per la produzione artistica, percorsi culturali differenti,
momenti di incontro libero e molto altro. Siamo solo un sintomo di
come, partendo dal basso e in autonomia, trasformazione e innovazione
siano possibili.
Sono state le straordinarie mobilitazioni dell´Onda e la sua spinta
costituente a riqualificare i processi della conoscenza e a indicarci
questa strada. Ma noi siamo un’anomalia che si vuole generalizzare.
Il dibattito pubblico e politico degli ultimi mesi – elezioni
comunali, un nuovo rettore – ha messo al centro tre parole;
discontinuità (rispetto alla miseria e alla miopia delle
amministrazioni precedenti), eccellenza e innovazione, che ci sembrano
decisive rispetto alla scommessa su Bologna.
E’ giunto il tempo di voltare pagina: di scommettere su arte, cultura,
formazione e innovazione per rilanciare questa città.
Certo servono luoghi di incontro e di produzione liberi, ma anche un
welfare contemporaneo e adeguato alle nuove forme del lavoro e della
vita metropolitana.
Chi ogni giorno vive, crea e ricrea questa città deve avere diritti,
reddito, garanzie.
A partire da Bartleby, da questa parzialità vogliamo aprire un
dibattito su questi temi.
Se da un lato siamo un sintomo di un´esigenza diffusa, dall´altro
possiamo essere anche un banco di prova: che faranno da domani i nuovi
amministratori dell´università e della città?
Che risposte intendono dare a richieste di questa importanza?
Questa lettera vuole essere una sfida e al contempo un invito alla
discussione. Invitiamo non solo le istituzioni universitarie e
cittadine, ma soprattutto gli studenti, i ricercatori e i precari, gli
intellettuali, gli scrittori e gli artisti, e chiunque si senta parte
viva e attiva di questa città, e avverta sulla propria pelle l’urgenza
dei temi che abbiamo posto, a intervenire e promuovere pubblicamente,
già da oggi, questo dibattito, nelle forme che riterrà più opportune.
Confrontiamoci, costruiamo. La posta in gioco è alta. Cambiare Bologna ora!

Bartleby