Attualità

Barcellona / Cronache di una settimana di resistenza

Dal capoluogo catalano un approfondimento per Zic.it sulle lunghe giornate di manifestazioni e guerriglia seguite allo sgombero del centro sociale di Can Vies.

03 Giugno 2014 - 09:17

0. Nota preventiva

Nel momento in cui si conclude la scrittura di questo articolo, il re Juan Carlos di Spagna abdica al trono.
Cade così il garante del processo di Transizione dal franchismo, nonché simbolo dell’unità della Spagna dal 1975 a oggi.

1. Barcellona

FOTO 1 - CORTEO, di Victor Serri - Directa.catLa mattina del 26 maggio un massiccio corpo di Mossos, il corpo di polizia autonomo di Catalunya, sgombera il centro sociale di Can Vies, nel centro di Sants, un quartiere popolare con una storia di resistenza e cooperazione operaia. Il quartiere si trova appena fuori dal centro di Barcellona, poco lontano da Plaza de Espanya, uno dei primi approdi dei turisti in arrivo dall’aeroporto di El Prat.
Plaza de Espanya è anche il principale punto di riferimento per l’accesso all’enorme struttura del Museu d’Art de Catalunya, nonché la piazza che ospita l’antica Plaza de Toros, oggi adibita a gigantesco spazio commerciale. E’ anche il punto di inizio di Avinguda Paral-lel, una delle vie che conduce al porto e all’inizio della Rambla, per la quale si sta portando avanti un imponente piano riabilitazione.
Non sono i primi né gli ultimi processi di una città che si è votata al cosiddetto “civismo” (si veda il documentario “Barcelona 2006: L’any del vicisme“, di Jordi Oriola) e al turismo di massa ( “Bye Bye Barcelona“, di Eduardo Chibas).
La settimana di fuoco che ha accompagnato lo sgombero di Can Vies parla di una città che, attraverso i suoi piani urbanistici, cambia in maniera rapida e radicale. Tali processi per essere messi in pratica hanno richiesto l’intervento energico e la violenza dei Mossos.
Le proteste di Can Vies rappresentano prima di tutto l’emergere di una resistenza a questi processi, sempre più evidenti in tutta Europa, si tratti di grandi o di piccole città.

2. Tessuto urbano e conflitti

Lo sgombero di Can Vies non è un caso isolato. Poco più di due mesi fa è avvenuto lo sgombero della Carboneria, una casa occupata dal 2008, appena fuori dalle vie del quartiere tra il mercato di Sant Antoni e Avinguda Paralel. La resistenza degli occupanti, che sono arrivati ad appendersi sulle pareti della facciata esterne si misurò con un contingente poliziesco impressionante. Anche in quel caso si sono verificati scontri e una conseguente caccia all’uomo nelle strade del centro storico.
Nell’estate scorsa ad essere sgomberata era stata la nave (questo il nome per indicare le aree con più capannoni industriali) di Cal Africa. I circa trecento occupanti, per lo più migranti dall’Africa subsahariana, erano stati così costretti a trovare una soluzione differente per la propria vita. Una cosa tutt’altro che facile date le condizioni di illegalità di molti migranti che, visti il gran numero di detenzioni e i continui rimpatri, vivono uno stato di tensione eccezionale, reso ancora più pressante dal costante pattugliamento delle vie del centro da parte dei Mossos e della Guardia urbana.
FOTO 2 - CANVIESIn questo contesto si inserisce il caso dello stabile di Can Vies proprietà della TMB, la compagnia di trasporti su metropolitana, responsabile della richiesta di sgombero. La campagna alla difesa di Can Vies punta il dito contro entrambi questi soggetti, chiarendo esplicitamente: Si Can Vies va a terra, barri en peu de guerra!
Riguardo alla richiesta di sgombero TMB dichiara: “L’oggetto del processo giudiziario è stato recuperare il possesso effettivo di questa proprietà e evitare danni agli occupanti e ai vicini, trattandosi di un edificio in cattive condizioni…TMB non ha preteso in alcun momento ottenere un profitto o una resa immobiliaria dell’edificio, dal momento che la maggior parte della superficie è coinvolta nel piano di organizzazione urbanistica vigente e non è edificabile”.
Tuttavia Can Vies non può essere considerato solo un luogo fisico. La campagna di difesa dello spazio, Defensem Can Vies, si costituisce di azioni simboliche (come, ad esempio, l’occupazione della TMB), ma anche di attività a livello di quartiere.
La quasi maggiore età del centro sociale (diciassette anni appena compiuti) e l’attività costante sul territorio hanno reso Can Vies un elemento vivo e costitutivo di Sants. Un radicamento che nel corso della settimana tra il 26 maggio e l’1 giugno ha fatto sentire il suo peso in maniera decisiva.

3. Puzza di elezioni

FOTO 3 - BiipartidismoMa per capire la settimana legata a Can Vies bisogna aggiungere un altro elemento significativo, seppure in misura minore rispetto ai precedenti. Il giorno in cui avviene lo sgombero è infatti il giorno successivo delle elezioni europee che in Spagna hanno avuto un esito differente rispetto all’Italia. Dopo una campagna elettorale segnata dagli escrache contro il PP, portati avanti dalla PAH (Plataforma Afectados por la Hipoteca, un’organizzazione di lotta contro gli sfratti attiva a livello nazionale), i risultati elettorali mettono in evidenza che la somma dei voti di PP e PSOE, i principali partiti rispettivamente di destra e di (cosiddetta) sinistra del parlamento spagnolo, non raggiunge la quota del 50% dei consensi. Per la Spagna nazionale questo vuol dire la fine del bipartitismo. Una crisi resa evidente dalla vittoria della scommessa elettorale di Podemos, guidato dalla figura carismatica di Pablo Iglesias e vicino al movimento #15M, per quanto non possa esserne considerato una naturale espressione.
Parallelamente, le elezioni in Catalunya hanno segnato la vittoria della coalizione indipendentista. Si tratta di un altro elemento da non sottovalutare, se si tiene conto che il referendum è in cima all’agenda politica catalana specialmente con l’inasprirsi della crisi economica.
Ci sono poi le elezioni municipali dell’anno prossimo, per cui sta per aprirsi la campagna elettorale che potrebbe determinare la piega degli eventi.
Vietato perdere voti dunque, vietato toccare alcunché prima delle elezioni e soprattutto vietato mostrare la realtà catalana come frammentata.
Eppure il terreno delle istituzioni sta franando.
Il giorno dopo lo sgombero di Can Vies, Manuel Prat, capo dei Mossos, rinuncia al suo ruolo. “Motivazioni personali” è la motivazione ufficiale, ma la data della decisione desta più di un sospetto: Manuel Prat si dimette infatti il giorno prima della seduta parlamentare che ne avrebbe chiesto le dimissioni. Molto più probabilmente queste sono causate dallo scandalo destato da diversi casi di violenza dell’ultimo anno da parte del corpo speciale: diversi morti per la violenza dei mossos e una donna che ha perso un occhio a causa di un proiettile di gomma.
FOTO 4 - Ada ColauLo stesso giorno desta scandalo la sentenza che semi assolve Felix Millet e il suo collaboratore Jordi Montull, responsabili di corruzione nella gestione dei fondi di un hotel di lusso. A proposito della sentenza Ada Colau, leader del movimento PAH scrive “Oggi si è resa pubblica la sentenza giudiziaria del caso del Hotel Palau: un anno di carcere per Millet e Montull, che non finiranno mai in carcere, mentre tutta la cupola dell’urbanismo viene assolta. E’ una sentenza che mette in evidenza l’impunità di una casta politica corrotta protetta da un’amministrazione convertita in una rete clientelare, in “mafia” non solamente “organizzata”, bensì, peggio, “legalizzata”.
Insomma il patto di fiducia nelle istituzioni è tutt’altro che solido.

4. Guerra (26-27 maggio)

Lo sgombero di Can Vies era annunciato per il mese di aprile. Tuttavia il comune aveva concesso due mesi in più, per tentare una negoziazione che non è mai arrivata nemmeno ad aprirsi. Molto più probabilmente, infatti, questi due mesi sono stati solo un modo per guadagnare tempo e spostare la data fatidica al dopo le elezioni.
Il giorno dello sgombero le vie circostanti vengono bloccate da decine di camionette dei Mossos, una pratica del tutto comune a Barcellona
La voce si sparge immediatamente e centinaia di persone, rispondono anche altre zone di Barcellona, ma è soprattutto il quartiere a rispondere. Grazie ad una forma di resistenza radicale da parte degli occupanti all’interno dell’edificio le operazioni di sgombero durano fino al pomeriggio, consentendo la gente solidale di recarsi sul luogo . La resistenza è immediata e combattuta strada per strada. cassonetti incendiati e lanci di pietre, sono il prologo di una lunga settimana. I Mossos rispondono con cariche e camionette lanciate a velocità nelle vie.
FOTO 5 - colpo orecchioI manifestanti vengono inseguiti fin dentro ai portoni aperti dai vicini per permettere a chi è in fuga di rifugiarsi all’interno dei palazzi. Le forze dell’ordine attaccano anche la sede della Directa testata giornalistica in cui si erano rifugiati alcuni manifestanti. I numerosi arresti e feriti fanno aumentare la rabbia, presente nelle pratiche e nei cori lanciati per le strade del quartiere. Un furgone viene dato alle fiamme.
La sera successiva la piazza centrale si Sants si riempie e per una seconda notte il quartiere conosce tre ore di guerriglia combattuta strada per strada. Nella stessa notte la gru che ha abbattuto parte del centro sociale viene presa d’assalto e bruciata, diventando così uno dei simboli della resistenza
I Mossos agiscono un’altra volta brutalmente. A un ragazzo seduto sulla propria bicicletta viene letteralmente spaccato un orecchio con una manganellata. .
Uno dei cori più cantati recita: “Se Can Vies va a terra, guerra guerra guerra”.

5. #EfecteCanVies (28-29-30 maggio)

Lo scandalo per la politica del sindaco Xavier Trias e per l’operato dei Mossos cresce. Mercoledì 28 maggio 40, convocatorie da tutta la Catalunya dichiarano la loro solidarietà alla lotta di Can Vies (qui la mappa). Manifestazioni vengono convocate anche fuori dalla regione. Tra queste rrisalta il nome del quartiere Gamonal, nella città di Burgos, dove nel gennaio 2014 una decisa resistenza di dieci giorni ha bloccato la costruzione di un parcheggio nel quartiere. Nella protesta di Can Vies, Gamonal diviene un riferimento costante, il segno che una protesta può vincere. Il suo nome appare nelle parole, nei comunicati, sui muri dei quartieri.

La sera del 28 maggio il quartiere Sants è circondato da un dispiegamento di forze dell’ordine impressionante. Ciononostante, diversi cortei arrivati da più punti della città entrano nel quartiere portando la loro solidarietà attiva. L’ingresso nella piazza di ciascuno di questi è salutato con applausi e cori: in poco più di tre giorni la resistenza si è dunque allargata, non si tratta più di un problema del quartiere ma è tutta la città a partecipare attivamente.
La pioggia torrenziale non ferma i manifestanti che per la terza notte di fila affrontano la polizia che, anche in questo caso, carica forse in maniera più massiccia rispetto alle notti precedenti. Tre ore di barricate e battaglie, con camionette della polizia nuovamente lanciate a tutta velocità per le strade, i Mossos a sparare proiettili di gomma e un elicottero della polizia, già presente nelle notti precedenti, a monitorare costantemente la situazione dall’alto, puntando il proprio faro sui manifestanti, in perfetto stile “occhio di Sauron”.
Per ore gruppi di manifestanti creano una situazione ingestibile per le forze dell’ordine, tanto che nella stessa sera viene richiesto l’aiuto della polizia nazionale. Un paradosso, viste le spinte indipendentiste, che rende l’idea della tensione. Il bilancio della serata è di più di venticinque arresti, molti dei quali eseguiti dalla secreta, la polizia in borghese.
E’ a questo punto che il sindaco Trias, dopo essersi dichiarato disposto a negoziare “ma non con i violenti”, tenta di riaprire la negoziazione. Trias è infatti in enorme difficoltà: attaccato dai media nazionali ma anche da diverse voci del territorio barceloneta, tanto che per negoziare cerca l’appoggio della CUP, partito della sinistra indipendentista catalana, e di alcune delle realtà organizzate.
Le condizioni che la CUP pone per permettere una risoluzione del conflitto sono nette, tanto che viene dichiarato al sindaco che, affinché ci possa essere una mediazione, ci devono essere solide basi risolutive, totalmente assenti fino ad ora. La Cup chiede quindi che l’Ayuntamento di Barcellona riapra il dialogo con Can Vies e le associazioni del quartiere; che il presidente del quartiere, Jordi Martí, si dimetta per la sua “gestione nefasta per il quartiere di Sants” e per il fatto “evidente che (Martí) non è un attore risolutivo, bensì una parte responsabile e causa del conflitto”; che si “demilitarizzi il conflitto di forma immediata”, una forma quest’ultima che indica esclusivamente le forze dell’ordine come cause della violenza di piazza.
Il centro sociale di Can Batlló, situato nello stesso quartiere, dichiara nel frattempo la sua rottura totale con l’ayuntamento, scrivendo in un comunicato di considerare nulla la propria convenzione con il comune di Barcellona : “Non vogliamo essere presi come esempio né essere parte di una gestione politica che dirige, provoca e, come se non bastasse, si sente orgogliosa delle politiche come quelle che stanno prendendo piede nel quartiere… Da Can Battlò vogliamo dire che, da ora in avanti, rompiamo ogni tipo di contatto con il Distretto e con l’ayunament di Barcellona”.
FOTO 5 - PUTOHELICOPTEROOrmai sono diverse le voci che chiedono le dimissioni del sindaco Trias. Tanto che addirittura il Pais ne approfitta per dedicare articoli elogiativi nei confronti del centro sociale  mettendo in questione l’operato del sindaco.
Giovedì 29 e venerdì 30 sono comunque notti di tensione, ma dopo la grande prova di forza di mercoledì i disordini diminuiscono. Si chiede a gran voce la liberazione degli arrestati. Tuttavia le detenzioni continuano, così come la presenza costante dell’elicottero sul quartiere, che poco a poco assume il duplice ruolo di tortura psicologica e simbolo di uno stato di guerra. Le attenzioni sono tutte per la manifestazione di sabato 31.

6. Primavera Sants (31 maggio)

E’ tutta colpa dei No Tav.
Sulla Vanguardia, un giornale della destra catalana, è stato recentemente pubblicato un articolo che imputa la colpa dei disordini nelle recenti manifestazioni catalane ai No Tav. D’altronde, dai giochi olimpici del 1992 “Barcellona è una città mitica per i giovani italiani. Mare, allegria, cultura e liberalità. La città Erasmus”. Conoscendo i teoremi della stampa italiana che indica la Grecia come il campo di addestramento di chiunque abbia fatto resistenza nelle piazze degli ultimi anni, viene da chiedersi quale sia l’organizzazione anarchica in grado di organizzare una Laurea Triennale in Grecia e una Specialistica in Val di Susa, con tanto di Erasmus a Barcellona. E quale sia, a questo punto, la quota d’iscrizione.
In realtà il movimento di Can Vies viene accusato di essere filo Eta e anti-indipendentista, per mettere etichette al movimento e certificarlo come nemico assoluto.
Contro i teoremi che dividono i manifestanti buoni da quelli cattivi, parlano i numeri della manifestazione che, dopo una settimana di guerriglia, contano circa ventimila persone a sostegno della protesta. Una prova di forza collettiva che risponde allo slogan della manifestazione: “Defensem els barris”, difendiamo i quartieri.
FOTO 6 - lo so che fa schifo PAULFOTO 6 - lo so che fa schifo PAUL jpegUn momento simbolico avviene proprio nell’inizio della manifestazione: sulla Ronda di Sant Antoni, la prima via percorsa dal corteo, si trova una dozzina di camionette parcheggiate una dietro l’altra e una fila di Mossos con caschi e passamontagna già indossati, manganelli in mano così come le speciali pistole per sparare proiettili di gomma, maschere antigas appese al collo e pronte all’uso. Nessuna barriera separa la polizia dai manifestanti che sono quindi chiamati a passare davanti ai poliziotti armati per circa un centinaio di metri.
Nonostante la tensione il corteo sfila davanti al plotone dei Mossos senza che nulla accada, in un faccia a faccia degno di un western.
Il corteo sfila per le vie del centro storico arrivando ai piedi della Rambla. Si tratta del simbolo di una città votata al turismo di massa, concentrata in grandi eventi di richiamo come il Primavera Sound, il mega festival musicale di primavera che accoglie fan da tutta Europa, in corso di svolgimento proprio nei giorni della protesta.
Irrompendo nei luoghi del divertimento la manifestazione assume così il ruolo di una sfida aperta alla maniera di pensare e organizzare la città.
Per questo motivo ai piedi della Rambla, uno nutrito schieramento di Mossos e Gardia urbana impedisce il passaggio verso Plaça Catalunya. Tuttavia la fotografia è già scattata: Barcellona mostra l’altro volto della città di “mare, allegria, cultura e libera”: quello delle forze dell’ordine schierate nell’atto di fronteggiare una manifestazione.
FOTO 7Nonostante la tensione anche in questo caso non si arriva al contatto, dopo una lunga pausa la manifestazione prosegue su una via laterale, mentre un cassonetto incendiato sembra poter diventare il simbolo della giornata, che però non è finita. Il corteo tocca altri snodi: la Rambla di Raval, dove sono stati bruciati alcuni cassonetti, e piazza Sant Jaume, di fronte all’ayuntamiento, dove la manifestazione si scioglie ufficialmente.
Tuttavia parte del corteo prosegue per le vie del centro, fino a quando, verso mezzanotte, duecento manifestanti vengono circondati e bloccati vicino a Sant Antoni. Alla stampa viene impedito l’accesso, così come agli avvocati. La situazione viene fotografata e trasmessa tramite Bambooser da chi vive nei palazzi limitrofi.
L’attuazione della polizia arriva sulle pagine del New York Times, garantendo che la vicenda superi i confini nazionali, un elemento reso complicato dall’uso della lingua catalana nelle comunicazioni del movimento).
A destare scalpore è ancora una volta l’atteggiamento dei Mossos: oltre alla richiesta dei documento di identità e all’ispezione degli zaini, i manifestanti vengono obbligati a indossare cappucci e passamontagna per poi essere fotografati.
Nel frattempo su Whatsapp e Twitter circolano messaggi per chiamare a raccolta le persone ancora sveglie, che iniziano ad arrivare alla spicciolata. Arrivano anche il parlamentare Davide Fernàndez, della CUP e David Companyon (ICV-EUiA) annunciando che saranno chieste spiegazioni per l’azione della polizia. Passata abbondantemente la mezzanotte, dopo aver trascorso una giornata in marcia, la gente torna a radunarsi circondando il cordone di poliziotti, accusati di sequestro dai manifestanti, mentre dal vicinato inizia una casserolada.

7. Reconstruciò (1 giugno)

FOTO 8 - Lavori a Can ViesLa domenica mattina Can Vies non si ferma. Così come per la mattina del sabato, gli esponenti del centro sociale propongono di ricostruire la parte abbattuta, chiunque voglia aiutare è chiamato a dare una mano.
Al centro delle macerie si trova la gru annerita dal fuoco, su cui molte persone pongono dei vasi da fiore. Difficile immaginare che ci si sbarazzerà di questo simbolo.
Alla ricostruzione partecipa tutto il quartiere, senza limiti di età. Can Vies mette a disposizione guanti ed elmetti e il resto del lavoro consiste nello spaccare pietre e spostare macerie. La settimana si conclude con un totale di una sessantina di arresti. Tuttavia la mobilitazione non si ferma e Can Vies chiarisce in maniera netta le sue richieste:
1. Dimissione del presidente del quartiere, Jordi Marti, e del sindaco Xavier Trias
2. Fine dei lavori di abbattimento di Can Vies.
3. Liberazione dei detenuti e cancellazione dei capi d’accusa.
4. Che si ponga termine il dispiegamento di polizia che militarizza il quartiere
5. Fine del processo di sgombero dei centri sociali.

Per seguire le future manifestazioni si consiglia il giornale Diagonal Periodico (castigliano), il Setmanari Directa (catalano) e affidarsi al mondo di Twitter seguendo gli hastag #EfecteCanVies e #DefensemElsBarris.

plv