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Atlantide: “Lottiamo per vivere”

I collettivi di porta Santo Stefano: “Se il Comune ha altri spazi, li assegni alle associazioni che hanno vinto il bando per l’utilizzo del cassero”.

08 Marzo 2014 - 13:41

Atlantide, lotta per vivere!

atlantidewretchedAtlantide é la sede di gruppi femministi, lesbici, gay, queer e punk dal 1998. Sono questi stessi gruppi che da allora hanno vissuto, fatto vivere e aperto alla città il cassero di Porta Santo Stefano, promuovendo libertà e autonomia per le donne, visibilità politica e (auto)organizzazione femminista e lgbtiq, autoproduzione e distribuzione culturale indipendente, socialità non mercificata.

Quasi un anno fa, si concludeva con un nulla di fatto l’incontro tra l’assessore Matteo Lepore e i collettivi di Atlantide: alla proposta dell’assessore di trovare soluzione al conflitto tra le Atlantidee, Comune e Quartiere Santo Stefano, con l’assegnazione di uno spazio alternativo al Cassero di Porta Santo Stefano, avevamo chiaramente risposto di no. «Accettare questa proposta – scrivevamo – significherebbe di fatto avvallare la politica dei bandi promossa dall’attuale amministrazione come tentativo di normalizzazione delle esperienze di occupazione ed autogestione».

Come dimostra la felice (seppur temporanea) conclusione della vicenda di Xm24 attraverso l’istituzione del Comitato per la Promozione e la Tutela delle Esperienze Sociali Autogestite e l’assegnazione diretta a titolo gratuito di una parte degli spazi dell’ex mercato (garantita da una convezione firmata dall’amministrazione comunale e il Comitato stesso), il Comune sembra avere fatto marcia indietro rispetto a questo utilizzo strumentale dei bandi. Gli esiti del bando sugli spazi di Atlantide, però, sono ancora lì, a fare da spada-di-damocle sulla nostra esperienza quindicennale di occupazione e autogestione. In questi ultimi giorni, sono state le stesse associazioni vincitrici di quel bando, Xenia ed Evoè, a sollevare a mezzo stampa la situazione paradossale nella quale ci troviamo. Sebbene non ci interessi entrare direttamente nel merito di quelle dichiarazioni, ci preme tuttavia sottolineare alcune questioni per fare un pò di chiarezza.

Di fronte alla minaccia di sgombero di Atlantide, agitata dal Comune e dal quartiere Santo Stefano, abbiamo già sottolineato che se questo dovesse davvero accadere, tutti i soggetti coinvolti si dovranno assumere pubblicamente la propria responsabilità politica, associazioni vincitrici del bando comprese. Noi, del resto, abbiamo la certezza che queste associazioni hanno sempre saputo che il Cassero di Porta S.Stefano è la sede ormai storica di altre realtà collettive: infatti ne erano già state direttamente informate sia durante le visite allo spazio avvenute a bando ancora aperto, sia nel corso di alcuni incontri di confronto avvenuti dopo gli esiti del bando.

Se il Comune e i Quartieri hanno a disposizione altri spazi – come del resto dimostra anche la convenzione stipulata da Xenia per la sede di via Marco Polo -, hanno anche in mano la soluzione: assegnarli alle associazioni vincitrici del bando su Atlantide. Se saranno altri fatti a parlare, magari per mano delle forze dell’ordine, sarà evidente che per la giunta comunale è prioritario avere femministe, lesbiche, gay, queer e punk fuori dal quartiere Santo Stefano. E dovranno pubblicamente spiegare perché. Dato che si tratta dello stesso quartiere in cui è sotto sgombero un’altra esperienza di autogestione, Làbas, mentre i fascisti di Casa Pound continuano ad avere vita relativamente tranquilla, noi qualche idea ce l’abbiamo e non possiamo fare altro che ripeterla.

La proverbiale “accoglienza” di Bologna, del resto, riconosce alle donne, alle lesbiche, ai gay, alle e ai trans solo una cittadinanza “vigilata”, riducendole, quando va bene, a “oggetto” di tutela e assistenza. Le soggette autonome, attive e autoderminate che si autorganizzano per costruire la propria idea di città e società da protagoniste, evidentemente possono essere molto scomode. Per chi non è interessata alla logica dello sportellismo, per chi non ha “servizi” da offrire, per chi non intende erogare lavoro gratuito – quello che chiamano “volontariato”- per la sussidiarietà che crea profitto sulle macerie del welfare, per chi non segue una politica “associazionista” dietro cui si cela la produzione di reddito, le porte della città sono chiuse. Del resto, a proposito di porte, abbiamo già visto Bologna trasformare una storica sede politica del movimento lgbt in un “museo” – un museo della madonna, in senso letterale, e preferiamo non vederne altre. Ribadiamo quindi ancora una volta che la legittimità a mantenere viva e riprodurre la nostra esperienza dentro il cassero di Porta Santo Stefano, sta tutta nella nostra storia e nella passione determinata di migliaia di persone, singole e gruppi che hanno in Atlantide un punto di riferimento irrinunciabile.

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