Le porte rimosse durante una manifestazione molto partecipata. “Giusto difendere la possibilità per tutti e tutte – scrivono gli studenti -di accedere ad una sala studio”. L’Università: “Nulla da aggiungere a quanto detto ieri dal Rettore”.
“Diciassette giorni di mobilitazione e apertura dei tornelli, 6 assemblee serali, 600 firme raccolte in meno di 48 ore all’interno della biblioteca, queste sono state le forti e collettive premesse alla grande giornata di oggi. Gli studenti e le studentesse del 36 hanno smontato i tornelli, hanno tutti e tutte assieme fatto in modo che quel luogo rimanga ciò che è sempre stato: uno spazio libero, dove incontrarsi e discutere tra amici e colleghi dell’Unibo e di tutte le altre Università.” Con queste parole l’assemblea che in questi giorni si è ritrovata nella biblioteca universitaria ha rivendicato la definitiva rimozione delle porte d’ingresso per il controllo degli accessi al civico 36 di via Zamboni, avvenuta oggi nel primo pomeriggio. Infatti per gli studenti l’operazione dell’installazione dei tornelli ha dato luogo solo a “decine di migliaia di euro spesi contro la volontà degli studenti e delle studentesse, decine di migliaia di euro che si devono spendere, sì, ma per rendere più economici i pasti in mensa ad esempio, o per comprare nuovi libri che tutti possano consultare, o ancora per garantire nuove borse di studio o agevolazioni sugli affitti”.
Dopo essere state rimosse, le due ante della porta sono state trasportate da circa duecento studenti nell’anticamera del 33 di via Zamboni, all’ingresso del rettorato, dove poi è stato consumato un pranzo sociale, e dove gli attivisti hanno rilasciato alcune dichiarazioni contro i responsabili dell’Università che sono intervenuti sulla vicenda in queste settimane e contro il rettore Ubertini che “si dice d’accordo con i 600 docenti che lamentano la scarsa conoscenza dell’italiano da parte degli studenti, ma ha ignorato le 600 firme contro i tornelli raccolte in due giorni”.
Dall’Università, dopo la rimozione delle porte, è intervenuto il prorettore Degli Esposti che ha detto di non voler “aggiungere nulla a quanto detto ieri dal rettore Francesco Ubertini”, rispetto alle possibili sanzioni disciplinari messe in campo dall’Ateneo verso alcuni degli studenti protagonisti delle proteste di questi giorni. Per quanto riguarda invece l’apertura della biblioteca fino a mezzanotte, Degli Esposti afferma che verrà valutato “il da farsi”.
Nel comunicato diffuso nel pomeriggio a firma “studenti e studentesse del 36” non si risparmiano le critiche a tutta la dirigenza universitaria, a cominciare dal rettore che “dichiara apertamente che le regole le detta lui, e solo lui. Noi crediamo che la realtà cui dovrebbe finalmente adeguarsi sia un’altra: se gli studenti e le studentesse esprimono necessità, bisogni e volontà collettive quelle si devono ascoltare, non gli interessi degli investitori privati”. Anche la prorettrice Trombini “in una settimana ha cambiato tre volte le ragioni dell’installazione degli atroci tornelli. Ci ha convocati in un tavolo fasullo e farlocco dove addirittura hanno provato a convincerci che il 36 non è frequentato e che i meccanismi di controllo servono per garantire maggiori prestiti (sic!!). Il 36 che tutti i giorni viviamo da anni non solo è tra le biblioteche più attraversate di Bologna (quant’è – signor Rettore – che non mette piede a Discipline Umanistiche?) ma è per di più una comunità che da sempre difende la città e la zona universitaria da orrende ed infami ideologie come il razzismo ed il fascismo. In queste sale studio germoglia un progetto di città accogliente, meticcio e solidale, qui c’è l’antidoto al leghismo. Da sempre. Ubertini vorrebbe radere al suolo questa comunità per importare modelli di socialità e studio che ci ricordano troppo da vicino le grandi aziende, le fiere del lavoro gratuito stile Expo e tutto ciò che all’incontro oppone l’individuazione, la solitudine e l’egoismo. Non lo accetteremo mai”.
Per gli studenti “evidentemente all’Unibo interessano più gli affari dei privati che i bisogni degli studenti. Vogliamo che a decidere sulle risorse che Noi! mettiamo nelle tasche dell’università siano gli studenti e le studentesse stesse. Abbiamo collettivamente, con forza e ragione, detto un chiaro No a questo scellerato dispositivo di controllo degli accessi. Oggi ce ne siamo liberati. L’Ateneo prenda atto delle 600 firme e della quantità di giovani che oggi hanno composto l’iniziativa, prenda atto che le aziende, i privati possono comodamente andare a fare i lo sporchi affari altrove: qui abbiamo bisogno di servizi, tempi, spazi e diritto allo studio garantiti, abbiamo bisogno di prezzi accessibili in mensa, di affitti non stellari. Con queste necessità devono fare i conti. Sin da subito”.
E sulle paventate denunce e provvedimenti disciplinari aggiungono: “L’università ha minacciato questa mobilitazione di recrudescenze repressive. Non solo non ci fanno alcuna paura, ma le rispediamo tout-court al mittente: i bisogni studenteschi non sono un problema di ordine pubblico, basta aggredire, reprimere e biasimare la sincera, autentica e collettiva volontà con giudizi, misure giudiziarie e ridicole sospensioni. Qua si combatte una battaglia vera, perché è vero che quei soldi vanno spesi altrimenti, che un muro all’ingresso è una forte violenza perpetrata ai danni di una comunità. Qua si combatte una battaglia giusta, perché è giusto difendere la possibilità per tutti e per tutte di accedere ad una sala studio, è giusto e sacrosanto non cedere a fasulle paure securitarie bensì difendere tutti e tutte assieme i sani valori di libertà, antirazzismo e fratellanza che qua si possono respirare a pieni polmoni. Non accetteremo nuove chiusure della biblioteca, o altre provocazioni da quattro soldi messe in campo con l’unico scopo di far fraintendere i fatti e gettare cattiva luce sulla nostra lotta. Sul diritto allo studio non si transige”.
Intervengono anche i collettivi attivi in università. Il Cua su Facebook: “In centinaia oggi abbiamo dimostrato che il 36 non è solo una biblioteca! I tornelli sono stati rispediti al mittente! Ubertini il 36 non vuole barriere!”. Hobo in un comunicato diffuso nel pomeriggio dice che “nonostante il maldestro tentativo della procura di ridurre la lotta ai tornelli a pochi rappresentanti dei collettivi, noi sappiamo che la verità è un’altra. Il 36 è una collettività in movimento e la libertà è una battaglia cara a tutti”. Così Lubo: “Di fronte all’immobilismo e alla schizofrenia delle autorità universitarie, un modo per porre fine a questo scempio dei tornelli ce lo siamo trovato da soli.L’università è di chi la vive! Con buona pace del Rettore Ubertini e dei suoi cani da guardia!”.
La mobilitazione degli “studenti e studentesse del trentasei” continuerà già domani, con una nuova assemblea “alle ore 13 in Sala Affreschi (al 36) per valutare assieme la situazione” e organizzarsi “per eventuali nuove iniziative”.