Dopo la netta vittoria del “Oxi” al referendum greco sull’accordo con le istituzioni europee, raccogliamo e pubblichiamo alcuni approfondimenti proposti da InfoAut, EuroNomade, Effimera, Dinamopress, Global Project, ∫connessioni precarie, Atene Calling.
Noi la crisi ve la creiamo!
Editoriale (da InfoAut, 6 luglio)
Ha vinto l’Oxi, ed era tutt’altro che scontato. Nessuno, soprattutto, pensava a uno scarto di questa grandezza, misura della distanza che separa la dignità dall’ignavia. Nonostante la campagna terroristica delle organizzazione internazionali e la concreta minaccia di asciugare i portafogli, il popolo greco ha sconfitto la paura e ha scelto la dignità. È stato sconfitto il sistema del debito, raccogliendo e trasformando in arma la parola d’ordine che da tempo i movimenti agitano: noi la crisi non la paghiamo. Sono stati sconfitti la Merkel, Schäuble e Draghi, cioè i rappresentanti della dittatura finanziaria sul piano continentale. Sono stati sconfitti conservatori e socialdemocratici, ancora una volta uniti a difesa degli interessi di banchieri e rentier. Sono stati sconfitti Renzi e il PD, ignobili baciapile dei potenti di turno. Chi crede alla democrazia dovrebbe invocare le immediate dimissioni di tutta questa classe dirigente. Noi che più realisticamente pensiamo in termini di rapporti di forza, assumiamo il dato di fatto del loro indebolimento e da qui rilanciamo in avanti. Perché sappiamo che questa vittoria e la loro sconfitta rischiano di essere risultati velocemente reversibili se non si riescono ad approfondire e portare sulla linea di faglia rispetto alla Troika e alle politiche di austerity. Ora che abbiamo intravisto un barlume di paura negli occhi dei nostri nemici, quella paura va agita e trasformata in terrore. (continua)
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Dopo il referendum greco: cogliere l’occasione
Editoriale (da EuroNomade; 6 luglio)
Che sarebbe stata una vittoria travolgente lo abbiamo capito a ora di pranzo, quando un disperato Martin Schulz, un secolo dopo il tradimento della socialdemocrazia tedesca con il voto sui crediti di guerra, è intervenuto a urne aperte, in spregio a ogni “regola”, che pure da buon tedesco avrebbe dovuto onorare (le dimissioni dalla presidenza del Parlamento europeo sarebbero un atto dovuto, ancorché improbabile considerata la statura etica del personaggio).
Già da ore, dai quartieri popolari di Atene e Salonicco, dal porto del Pireo, dalle campagne e dalle isole il voto greco, con la violenza oggettiva del suo segno di classe, stava travolgendo il castello di carte costruito da una macchina di propaganda quale non si era mai vista nella storia europea. Resterà un’onta incancellabile per la socialdemocrazia europea, per uomini meschini come Hollande e Schulz, avere avallato questa penosa macchinazione. Non sappiamo come definire Renzi: lo spettacolo più squallido lo ha offerto proprio lui, genuflettendosi di fronte ad Angela Merkel, nella pietosa speranza di poter riscuotere, tra qualche mese, qualche “concessione”, in fondo non così distante da quel che hanno chiesto in questi mesi Tispras e il satanico Varoufakis. (continua)
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Niente sarà più come prima
Editoriale (da Effimera; 6 luglio)
La netta vittoria dei NO nel referendum greco segna un punto di svolta irreversibile per l’Europa. Per la prima volta, un paese dell’Eurozona dichiara in modo netto la sua contrarietà all’imposizione di politiche d’austerity da parte dell’oligarchia economica che pretende di governare l’Europa.
Tale vittoria rappresenta oggi un vulnus che potrebbe contaminare anche altri paesi del vecchio continente, a partire dalla Spagna.
Il nervosismo di Bruxelles di queste ore e le pesanti dichiarazione della socialdemocrazia tedesca mostrano che siano loro oggi a cominciare ad aver paura.
Il pallino passa ora alla Bce, che deve decidere in queste ore se continuare a fornire liquidità alle banche greche oppure farle morire. Varoufakis si è fatto da parte, sottraendo ai vampiri della comunicazione l’uso della sua immagine. Rimane, e risuona più forte, l’accusa di terrorismo da lui rivolta alle banche. Dovrebbero dimettersi Merkel e Schauble non Varoufakis. Ora tuttavia le istituzioni non hanno alibi: aggredire o cedere; trattare o correre il rischio di un effetto boomerang con pesanti costi economici. (continua)
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Cronaca di una vittoria non annunciata
Di redazione dinamica (da Dinamopress; 6 luglio)
Atene il giorno del voto era calma, ma in trepidante attesa. La maggior parte dei cittadini con cui abbiamo parlato fuori dai seggi di Exarchia e Neapolis, strapieni di propaganda per il no, ci hanno raccontato con orgoglio e senza paura di aver votato no, al contrario dei pochi votanti per il si, quasi sempre non disposti a dichiararlo con altrettanta facilità. La linea di demarcazione è chiara: a Kolonaki e Aghios Panteleimonas la propaganda è tutta per il sì. E i voti pure, fino a raggiungere circa l’85 per cento. Nei quartieri popolari di Atene invece, dove la povertà è diventata norma con le politiche di austerità nei cinque anni di memorandum, il no ha raggiunto percentuali altrettanto alte. La divisione è netta nella società, tra chi ha pagato troppo e non accetta più l’arroganza dell’austerità, la violenza dei tagli e della povertà, e chi si arricchisce sfruttando, privatizzando, impoverendo.
Nel pomeriggio la tensione è molto alta, nessuno sa cosa potrà accadere, così come nessuno si sbilancia in previsioni; i sondaggi, dal giorno prima, avevano cambiato segno: parità per il si e per il no. Si giocherà tutto su poche percentuali di voto, dicono i giornali, greci ed europei, parte del sistema di potere impegnato fino in fondo in una battaglia di classe, di “terrorismo mediatico” contro il no. Di fronte alle sedi di alcune televisioni private, sponsor efferati del si al referendum, si erano radunati spontaneamente centinaia di manifestanti già sabato pomeriggio per una decisa contestazione.
Ma chi ha organizzato la campagna per il no, compagni ed attivisti che incontriamo di fronte le scuole, nelle sedi delle realtà di movimento, nei bar di Exarchia e poi anche nella sede di Syriza, piano piano comincia ad affermarlo, a crederci: “Vincerà il no, la piazza di venerdì ce l’ha fatto capire. La campagna mediatica di costruzione della paura non ha funzionato, vedrete che vincerà il no”. La settimana scorsa, ci raccontano, il numero dei cittadini per il No è cresciuto fino a strabordare nella manifestazione di venerdì. C’è ancora paura di dirlo apertamente, ma si diffonde nell’aria la possibilità di una vittoria. Più si avvicina la chiusura dei seggi, più la tensione sale, non si rilasciano più interviste e ci si prepara alla lunga attesa dello spoglio. I compagni sorridono, molti cominciano a crederci, ce la faremo dicono, si aspetta ancora ma la sensazione è positiva. (continua)
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E tu, che vita vuoi?
(da GlobalProject; 6 luglio)
Non è facile restituire un momento storico. Al di là dell’analisi politica, che certo deve giungere per tenere assieme la complessità, le contraddizioni, le sfumature della portata di un evento, quello che ci interessa fare qui è restituire una fotografia. Forse qualche brillante ideologo storcerà il naso, ma è ciò che ci sentiamo di fare adesso a poche ore dalla straordinaria vittoria del no. Le emozioni e l’entusiasmo della piazza, la spontaneità dei cortei partiti da Exarchia e da Panepistimio, non sono un’appendice al dato politico: ne fanno parte fine in fondo.
Già dalle sette di mattina, anche nei seggi più piccolo del quartiere dei movimenti ateniesi, milioni di persone si sono recate alle urne per mettere una croce su di un foglio. Il quorum non era un traguardo da raggiungere, era scontato. Quando su di un foglio puoi decidere il tuo futuro, è difficile non raccogliere la sfida. Così come è impensabile boicottare le urne per esprimere il doppio no, come i comunisti del KKE. I votanti dell’oxi sorridono e dicono orgogliosamente la loro scelta referendaria; il sì, almeno nei seggi di exarchia, rimane muto, quasi introvabile.
La sede centrale di Syriza nel pomeriggio è un fremito, tutti sono titubanti, per quanto continuino ad avere quella speranza che il popolo greco – memore delle lotte passare e delle scelte elettorali presenti – alla fine non si faccia intimorire dal sì dei media, di Merkel, Schäuble, Juncker e Tusk. Le ragioni del no sono chiare. (continua)
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Di∫social! La democrazia degli ateniesi
(da ∫connessioni precarie; 7 luglio)
La frase sibillina che Junker ha pronunciato in mattinata – nell’Eurozona ci sono 19 democrazie, non una – continuerà a pesare. Bisogna ammettere che ha ragione, a meno di non considerare democrazie soltanto quelle dove si ottengono risultati in linea con le nostre aspettative. Quel che accade è invece che abbiamo di fronte un’alternativa piuttosto netta: vogliamo trasformare l’occasione del NO greco in una disputa sul vero significato della democrazia, o vogliamo invece comprendere cosa c’è dietro al 61% dell’OXI greco, e cioè una insubordinazione di massa e di classe contro il comando della finanza, della precarietà e della povertà, che rivendica salari, pensioni, servizi e una vita libera da ricatti? La democrazia, in tutto questo, è un dettaglio, un momento di passaggio, una mossa ormai compiuta e che non potrà essere facilmente riattivata. Ed è uno strumento, vale la pena ricordarlo, che anche il nemico può decidere di usare….Mentre in troppi parlano di democrazia, la nostra occasione di fare risuonare l’OXI greco in Italia e in tutta Europa risiede altrove ed è meglio rendersene conto in fretta… (continua)
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Perché a Exarchia ha prevalso il Sì. Una riflessione oltre i miti urbani.
di Viola Vertigo (da Atene Calling; 8 luglio)
Qualcuno di molto più saggio di me diceva che “nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso”. Questa frase, così sibillina eppure così concretamente illuminante, è quanto di più puntuale esista per parlare di come, oggi, i giornali internazionali e in particolar modo italiani parlano della capitale greca alla vigilia e dopo il referendum.
Sarebbe estremamente interessante analizzare come la narrazione dell’opposizione SÍ/NO, nei giorni che si avvicinavano al giorno della votazione, abbia nei fatti costruito i presupposti perché i greci si riconoscessero davanti ad una scelta di classe: con lo status quo che dall’avvento dell’era democratica governa il Paese, fatto di armatori, aristocratici, rampolli di riccastri di varia natura e nuovi ricchi dello showbiz; oppure contro. Mi riservo di analizzare questa controversia altrove, lasciando qui, solo a guisa di commento, la mappa della zona urbana di Atene che evidenzia le municipalità dove ha vinto il NO e dove ha vinto il SÍ. (continua)
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5 luglio: come la moltitudine ha bloccato un colpo di Stato post-moderno in Europa
di Michalis Bartsidis, Akis Gavrilidis, Sofia Lalopoulou (da ∫connessioni precarie; 8 luglio)
Il fatto che domenica scorsa il «No» abbia ottenuto una maggioranza schiacciante nel referendum in Grecia è ben noto a tutti. Le osservazioni, le conclusioni, gli argomenti, le possibili conseguenze che possono essere tratte da questo evento sono praticamente infinite. Con questo testo, necessariamente breve, ci interessa però trasmettere un elemento semplice, al quale non è stato dato spazio sufficiente nei resoconti mainstream e che per noi è importante almeno quanto il risultato stesso del voto. La scorsa settimana in Grecia si è assistito alla rottura del silenzio – durato quasi tre anni – delle masse e al loro ritorno in primo piano nell’arena delle mobilitazioni sociali e politiche. Tutto questo è accaduto in poco più di quattro giorni.
La sera del 29 giugno, due soli giorni dopo l’annuncio del referendum da parte di Tsipras, emergeva un’immagine della società greca segnata dal silenzio, dalla paura e dalla confusione. Questi aspetti sono stati accentuati e continuamente ritrasmessi dai mezzi di comunicazione di massa. Molti dei funzionari e degli intellettuali legati a SYRIZA sembravano condividere questo imbarazzo e sembrava che alcuni di loro – ministri inclusi – prefigurassero la caduta del governo e si preparassero ad abbandonare la nave. In effetti, non è un segreto che tanto in Grecia quanto all’estero ci siano stati sforzi coordinati per trovare una via semi-legale per liberarsi del governo. (continua)
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Greferendum, non è tutto OXI quel che luccica
(da Infoaut; 6 luglio)
Dopo lo spumante dei primi minuti, va ripreso uno sguardo lucido e laico per guardare a quanto sta accadendo intorno alla Grecia. Va confermato questo atteggiamento nell’analizzare le probabili conseguenze della vittoria dell’OXI al referendum di ieri, scartando esaltazioni e cercando di concentrarci sulla realtà dei fatti.
L’obiettivo reale del governo Tsipras era però un altro, ovvero l’ottenimento di una nuova dose di fiducia popolare nei confronti di Syriza e delle sue modalità di gestire le relazioni con i creditori: una vera scommessa effettuata nel momento in cui era più debole la posizione della Grecia al tavolo negoziale con la Troika-istituzioni. Syriza esce rafforzata dal no, ma la realtà dei rapporti di forza in campo sul piano europeo è ben diversa, e le è tuttora decisamente sfavorevole. (continua)