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Antifascista a processo, “grave colpire libertà di espressione”

L’associazione di Mutuo soccorso denuncia il caso di un attivista citato a giudizio dopo la denuncia dell’ex presidente del Santo Stefano, Giorgetti, per quanto disse in una videointervista a Zic: la solidarietà della redazione.

09 Febbraio 2018 - 12:37

“Qualcuno doveva aver calunniato Joseph K. perché senza che avesse fatto nulla di male, una bella mattina lo arrestarono”. E’ l’incipit del ‘Processo’ di Franz Kafka, che l’associazione di Mutuo soccorso sceglie per aprire una nota diffusa negli scorsi giorni, volendo inquadrare “l’apparente assurdità – si legge – di un procedimento penale al quale un nostro associato si vede costretto. Un’assurdità che per gli organi inquirenti è in realtà del tutto conseguente ai fini e agli obiettivi che il potere, specialmente nei periodi più bui, si dà: mantenere lo status quo, eliminare le voci di dissenso. Qualcuno ricorderà il romanzo di Kafka: non si capisce nulla del processo intentato al sig. K., ma questi non può sfuggire al processo, anche se non sa né perché è processato, né chi è il tribunale davanti al quale il processo si svolge”.

Questa la vicenda riassunta dall’associazione: “Dal 2012 prende corpo a Bologna una partecipata campagna per la chiusura della sede di Casapound animata da un coordinamento antifascista del quartiere Murri che dà vita a numerose iniziative. Tra queste il festival Lunetta rossa presso il parco della Lunetta Gamberini e due cortei popolari (novembre 2012 e maggio 2014) che vedono la partecipazione di almeno duemila persone. ‘Nessuno spazio ai fascisti’: questo slogan è fatto proprio da gran parte della città e rilanciato più volte e in più modi da tutto il quartiere. Questa istanza antifascista si intreccia con la difesa di Atlantide, storico luogo del movimento tranfemminista e punk, presso Porta S. Stefano, minacciato di chiusura da parte di un’amministrazione cittadina cieca e irresponsabile”.

Il processo in questione, spiega l’associazione, è quello a carico di un attivista antifascista, recentemente citato direttamente a giudizio dalla Procura al termine delle indagini scaturite da una denuncia dall’allora presidente del Quartiere Santo Stefano Ilaria Giorgetti e dal suo vice. L’accusa è avere definito questi ultimi, durante il corteo del maggio 2014, “come ‘fascisti, squallidi e improbabili’, specificando le loro responsabilità: avere avallato, nel loro mandato, la propaganda di formazioni di estrema destra in quartiere”. Ai due, ricordano gli attivisti, si addebitava di non essersi opposti alla sede di Casapound e di aver concesso le sale di quartiere (Baraccano e sala dell’Angelo) a “iniziative xenofobe e dichiaratamente fasciste da parte di formazioni di estrema destra”. Nell’elenco ci sono una conferenza negazionista dell’Olocausto, “la commemorazione pubblica dell’anniversario della nascita di Giorgio Almirante, convention di Fratelli d’Italia, conferenze di Forza Nuova e Casapound”. Invece, “nel 2014 la presidenza del quartiere ha invece negato, senza plausibili giustificazioni, la disponibilità di una sala del quartiere già prenotata per lo svolgimento di un’iniziativa pubblica sul tema ‘Autogestione bene comune’. Allo stesso tempo ha invocato più volte lo sgombero di Atlantide anche per mezzo di conferenze stampa lì davanti e di attacchi verbali in cui quella sede è stata definita un ‘letamaio'”.

Prosegue il comunicato: “Ricordiamo che l’esercizio di critica politica è garantito dall’art. 21 della Costituzione e che in numerose occasioni la Corte di Cassazione ha sia riaffermato la libertà di manifestazione del pensiero politico sia precisato che l’utilizzo del vocabolo ‘fascista’ costituisce legittimo esercizio del diritto di critica per definire una prassi amministrativa che non rispetta gli oppositori”. Nonosatante ciò, i due “decidono di portare il nostro associato a processo, con l’arroganza che già aveva caratterizzato il loro operato da amministratori”.

Si legge in conclusione: “Sappiamo che la Procura della Repubblica di Bologna si distingue per una prassi liberticida e vessatoria nei confronti di coloro i quali rivendicano in ambito sociale libertà e diritti. Nella nostra attività più che decennale abbiamo seguito decine di processi, molti dei quali arbitrari. Eppure questo ci pare particolarmente grave, perché vuole colpire la libertà di pensiero e di espressione. Vogliamo ipotizzare che sin dalla prima udienza tutta la procedura venga stralciata, senza necessità da parte nostra di imbastire campagne mediatiche che varchino le mura della città e facciano ulteriore cattiva pubblicità a chi sta provando a costruire questo castello con la sabbia. Insomma, parrebbe di sognare, se non che è tutto reale. E allora non siamo nel campo dell’assurdo, ma come ci suggerisce Kafka, nel campo dell’esercizio dell’autorità che intende riaffermare le proprie prerogative. ‘Le catene dell’umanità torturata sono di carta protocollo’ ha detto una volta lo scrittore praghese. È il congegno della cosiddetta giustizia, se non direttamente il potere personale, che si vuole imporre istituendo questo processo, è l’arroganza del potere ottusamente burocratico, teso a difendere i propri privilegi, che si vuole affermare: ‘Il capitalismo è un sistema di dipendenze che procedono dall’alto al basso e dal basso all’alto’, così diceva ancora Kafka, uomo libertario e ironico. Al nostro associato va la nostra solidarietà. Alla grigia boria di funzionari e politicanti opponiamo la consapevolezza di libertà e la passione antiautoritaria che contraddistinguono ogni essere umano desideroso di verità”.

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Le dichiarazioni contestate all’attivista furono rilasciate nel corso di una videointervista a Zeroincondotta. Di questo siamo dispiaciuti ed esprimiamo la nostra solidarietà a chi si ritrova a pagare con grane giudiziarie il proprio impegno politico e antifascista nell’autorganizzazione sociale.

La redazione