Acabnews Bologna

“Acer non funziona, i servizi sono al collasso. Che succede a Bologna?”

Sportello casa Adl Cobas denuncia i disservizi dell’ente: parla “di lotta al crimine e al degrado, quando non muove un dito per riqualificare o semplicemente fornire la manutenzione” delle case popolari. E sui servizi sociali: “Appaiono sempre meno in grado di far fronte alle molteplici e crescenti richieste, le risorse sono scarse e mal distribuite”.

25 Marzo 2021 - 12:42

Da parecchi mesi, ormai, ai nostri sportelli riceviamo persone che lamentano varie problematiche nel rapporto con Acer: ritardi, silenzi, assenza di dialogo, di assistenza, grovigli burocratici”. E’ la situazione descritta dallo Sportello per il Diritto all’Abitare Adl Cobas. “Per fare qualche esempio, – continua lo sportello di Adl Cobas – possiamo raccontare l’esperienza di una signora che, a distanza di quasi un anno dalla morte del congiunto, ancora attende la finalizzazione della pratica di subentro, rischiando di non poter fare domanda per il recente contributo per l’affitto, o dello stato vergognoso in cui versano i caseggiati in alcune della zona della città, dove la parola ‘manutenzione’ fa venir da ridere solo a pronunciarla. Ci vengono segnalati disservizi di vario genere; inoltre abbiamo passato settimane, insieme a nostrx assistitx, a tentare di fare domanda Erp per rientrare nella prossima graduatoria –ricordiamo che si parlerà di quella 2022 –ma a quanto pare, l’ufficio casa di Acer non prende appuntamenti almeno fino al 2023(!). Solo dopo aver fatto delle telefonate e esserci presentatx in sede ci è stato detto che d’ora in poi sarà possibile fare domanda attraverso il sito del comune di Bologna. Ma una persona che non ha accesso alle nostre stesse risorse, come potrebbe saperlo? Noi ci chiediamo, come è possibile che un’azienda che produce decine di migliaia di euro di utili ogni anno, non riesca ad adempiere a delle semplici pratiche burocratiche, o peggio ancora si soffermi a parlare di lotta al crimine e al degrado, quando non muove un dito per riqualificare, o semplicemente fornire la manutenzione dovuta a una vita dignitosa. Alcuni alloggi versano in condizioni di abbandono vergognose, oggi, più ancora che in altri periodi storici, lasciati alla solitudine e all’abbandono, aumentando l’emarginazione nelle periferie”.

Parlando delle periferie, spiega lo Sportello per il diritto alla casa, “anche i servizi sociali appaiono sempre meno in grado di far fronte alle molteplici e crescenti richieste; le risorse sono scarse e mal distribuite tra i diversi quartieri della città che presentano diversi livelli di problematicità, e i numeri di coloro che hanno bisogno di assistenza sono in aumento a causa della nuova crisi che sta colpendo famiglie e singoli. Anche in questo ambito sempre più persone che abbiamo modo di incrociare nei nostri spazi ci riferiscono di porte ‘sbattute in faccia’ e risposte evasive. Noi comprendiamo la difficoltà di gestire tali problematicità con poche risorse e poco personale ma a maggior ragione riteniamo che ci sia bisogno di prendere una posizione in merito allo stato in cui versano i servizi e spingere affinché chi ha bisogno riceva gli aiuti necessari. Non si può pensare che in periodo di pandemia intere famiglie e singoli rischino di finire per strada senza avere alcun appoggio da parte di chi dovrebbe sostenerli. Spesso si tratta di famiglie, con bambine/i natx e cresciutx nel quartiere, che non solo sono sottoposte allo stress di doversi riorganizzare ritrovandosi da un giorno all’altro i/le figlie a casa a causa della zona rossa senza spesso aver accesso ad adeguati supporti alla didattica, ma vedono anche con timore l’avvicinarsi della data in cui l’ufficiale giudiziario busseràalla loro porta, senza trovare nei servizi sociali alcun appoggio, se non il consiglio di lasciare Bologna. La migliore risposta delle istituzioni in questa emergenza sembra essere quella di voler ‘espellere’ queste famiglie/soggettività dalla città, aumentandone il rischio di marginalità. Non ci si prende la briga neppure di spiegare le ultime misure restrittive prese dal Comune, di fornire informazioni. Siamo rimastx molto colpiti e colpite da come, proprio pochi giorni fa, una persona che viene spesso al nostro sportello, oberata dal lavoro, dal pensiero dello sfratto, dall’avere i/le figli/e a casa da scuola, non sapesse neppure che poteva andare a spasso nel parco sotto casa. E questo deve far riflettere, in primis le istituzioni, su chissà quante famiglie, come quella di Y., siano lasciate alla solitudine e allo smarrimento, nonché all’ansia di vedersi avvicinare la data di uno sfratto. Sicuramente l’idea di finire per strada, in piena zona rossa, in piena pandemia, magari con un contratto di lavoro precario, con i/le figli/e che subiscono un ulteriore stress, oltre a quello di essere ancora rinchiusx in casa, non è un buon modo per vivere. Tensioni economiche, abitative, relazionali che, oltre a sfaldare pian piano il tessuto sociale di molti e molte cittadinx, rischiano di sfociare in qualcosa di ben più grave”.

Continua il comunicato: “Tante parole si sprecano sulla crisi del turismo, su come riattrarre la gente in città dopo la pandemia, e dall’altra parte non ci si fa scrupolo ad allontanare da Bologna persone, storie, famiglie, radicate da anni, se non da decenni, sul nostro territorio. Senza che ci sia un piano serio di ristrutturazione degli edifici vuoti lasciati alla speculazione, con le assegnazioni degli alloggi a canone calmierato bloccate ormai da anni, con, appunto, Acer che da un lato si vanta con pubbliche dichiarazioni di operazioni di ripristino della legalità negli edifici popolari e dall’altro non è in grado di evadere semplici pratiche di subentro, creando enormi difficoltà agli inquilini e alle inquiline. No, non è questa la Bologna che vogliamo. Da tempo chiediamo che la città, gli enti preposti, attivino un piano sociale straordinario per la casa, che si cerchino delle soluzioni concordate per tuttx coloro che vivono questa città e la rendono viva, dalle centinaia di studenti e studentesse che non riescono più a pagare l’affitto a causa della contrazione del reddito, alle famiglie sotto sfratto che non riescono a trovare una nuova sistemazione spesso per motivi di nazionalità, a chi, a causa della pandemia, ha perso il posto di lavoro e, in mezzo alla strada, rischia di finirci a breve. La Bologna che vogliamo non parla di espulsione dalla città, di gente buttata per strada in zona rossa, di servizi sociali, a volte, completamente inesistenti. Parla di affitti equi per tutti e tutte, di misure di sostegno per chi è costrettx rinunciare al lavoro – se non lo ha già perso – perché ha i/le figli/e a casa da scuola, di moratoria sugli sfratti fino alla fine dell’emergenza pandemica, a tutela di inquilinx e piccoli proprietari/e, di un accesso alla città e alla casa dignitosa e eguale. La Bologna che vogliamo parla del diritto ad un’esistenza degna, ora più di prima!”.