A pubblicare i risultati della ricerca sull’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza in regione è il collettivo Mujeres Libres, che insieme a La Mala Educacion, Laboratorio Smaschieramenti e Non Una Di Meno Bologna invita a partecipare al corteo per l’aborto libero sicuro e gratuito che si terrà il 28 settembre con concentramento in piazza del Nettuno.
“In vista dell’avvicinamento al 28 settembre, giornata internazionale dell’aborto libero sicuro e gratuito”, il collettivo transfemminista Mujeres Libres Bologna ha diffuso sul proprio blog “i dati sull’obiezione di coscienza raccolti in una collaborazione tra diverse realtà dell’Emilia-Romagna”, pubblicando un opuscolo denominato “Mappatura dal basso dell’obiezione di coscienza in Emilia-Romagna”. Le attiviste lanciano ancora una volta l’allarme sull’accesso all’interruzione di gravidanza, spiegando in un post sui social network come “ad oggi il diritto all’aborto in Italia è minacciato dall’altissima percentuale di obiettorə di coscienza ancora numerosissimə e operativə nelle strutture sanitarie pubbliche. La loro presenza è un incitamento all’odio verso le donne e riteniamo colpevole lo stato che abilita ancora queste soggettività all’accesso a carriere che ostacolano l’autodeterminazione sui corpi di chi decide di interrompere una gravidanza. Non siamo delle incubatrici!”.
“Vogliamo ricordare – continuano Mujeres Libres – la situazione del Molise, recentemente posta al centro dell’attenzione da articoli indignati perché l’unico medico 69enne che pratica aborti in tutta la regione non è potuto andare in pensione e ha prorogato il suo servizio presso l’ospedale Cardarelli di Campobasso poiché non hanno trovato per tempo unə sostitutə. Non ci stupisce come tutto questo non sia emerso prima, a dimostrazione che la trasparenza e la presa di coscienza che in un’intera regione ci sia un solo medico non obiettore non è d’interesse per chi amministra questo stato. Riteniamo che sia obbligatorio e compito della Regione e delle Asl monitorare i dati e le singole situazioni affinché il servizio venga garantito. Il mancato monitoraggio permette il dilagare dell’obiezione di coscienza come sta succedendo in Molise e in molte altre regioni italiane. Nell’opuscolo appena pubblicato raccontiamo come abbiamo raccolto i dati dalle Asl della regione Emilia-Romagna, li mostriamo e analizziamo. Per ricevere i dati dalle Asl della regione Emilia-Romagna abbiamo fatto una richiesta ufficiale di accesso agli atti, seguendo l’esempio dal Coordinamento delle Assemblee delle Donne dei Consultori e Non Una Di Meno Torino. A questo lungo lavoro di mappatura hanno collaborato le seguenti realtà: Casa Delle Donne Di Ravenna, Ipazia liberedonne, Non Una Di Meno Ravenna, Casa delle donne Parma, Mujeres Libres Bologna, Non Una Di Meno Bologna, Non Una Di Meno Modena, Non Una Di Meno Piacenza”.
Intanto, in occasione della giornata transnazionale per l’aborto libero e sicuro del 28 settembre Mujeres Libres Bologna, La Mala Educacion, Laboratorio Smaschieramenti e Non Una Di Meno Bologna hanno lanciato sotto le Due Torri un corteo con concentramento alle 17,30 in piazza del Nettuno: “In tutto il mondo l’autodeterminazione delle donne e delle persone LGBTQIA+ è messa in pericolo dai nuovi fascismi e gli attacchi delle destre reazionarie, conservatrici, integraliste religiose sono la reazione patriarcale ai nostri desideri, e si sostanziano nel tentativo di negarci la libertà, di fatto legittimando la violenza che subiamo quotidianamente. Ma la nostra lotta non si ferma: sui nostri corpi decidiamo noi! A dicembre abbiamo gioito con lə compagnə argentine e questo settembre con lə compagnə Messicane per la legalizzazione dell’aborto dopo una lotta durata decenni, e speriamo di poter gioire a breve anche con lə compagnə di Andorra e quellə di San Marino. A gennaio abbiamo seguito le rivolte in Polonia contro l’entrata in vigore di una legge che vieta l’aborto anche in caso di gravi malformazioni del feto. Anche negli Stati Uniti si sta lottando perché in Texas, in questi ultimi giorni, l’interruzione di gravidanza è diventata illegale dalla sesta settimana, rendendo di fatto l’accesso all’aborto impraticabile, arrivando persino a premiare economicamente chi denuncerà un aborto praticato oltre la sesta settimana”.
Spiegano ancora collettivi e reti transfemministe nel manifesto d’indizione della manifestazione: “L’aborto non può esser un percorso ad ostacoli, in cui la burocrazia complica i passaggi necessari per accedervi in tempi brevi, sempre con la paura che sia ormai troppo tardi per venirne a capo. Abortire con la RU486 quando possibile è sicuro e ci consente una più piena autodeterminazione sui nostri corpi, non costringendo a ospedalizzarci quando non necessario. Ci permette anche di non essere esposte al pesante giudizio che spesso siamo costrettə a subire quando ci rivolgiamo alle strutture sanitarie chiedendo di accedere ad un servizio essenziale; il giudizio varca le porte delle strutture sanitarie e investe la società tutta. lo stigma dell’aborto è presente in ogni ambiente, non solo in quelli ultra cattolici, si incolla sulla pelle, si insinua nelle nostre vite e pretende che paghiamo sempre un prezzo per esercitare il diritto di scelta sui nostri corpi. Se abortisci sei un’assassina (non è il Papa stesso a dirlo?), poi ne soffrirai, ti sentirai colpevole, non è certo una scelta che si fa a cuor leggero. Si pretende che usciamo traumatizzatə dall’interruzione volontaria di gravidanza, che proviamo vergogna, disagio, rifiuto per quell’esperienza. Ma i racconti, le testimonianza, la nostra esperienza e quella delle nostre sorellə, compagnə, è tutt’altra. Infatti abortire viene spesso vissuto come un atto di autodeterminazione, un esercizio di libertà di gestire i nostri corpi e scegliere sulle nostre vite. Lo ribadiamo: renderci difficile e doloroso abortire non ci convincerà a portare avanti una gravidanza che abbiamo deciso di interrompere; semmai ci esporrà al rischio di dover abortire mettendo in pericolo la nostra salute in maniera direttamente collegate alle nostre possibilità economiche. L’aborto sicuro è anche una questione di salute! Una salute intesa nel suo complesso come benessere sociale, intrecciata e determinata da fattori economici, politici, sociali e culturali. Determinata anche da gerarchie tra le regioni che rendono inaccessibile una cura che possa rispondere ai nostri bisogni e desideri”.
“Per tutto questo – concludono – combattiamo con forza la presenza di obiettori e realtà no-choice nelle strutture pubbliche, così come i gruppi anti-scelta nelle scuole: siamo arrabbiatə, siamo inarrestabili e rifiutiamo la narrazione corrente dell’aborto come esperienza traumatica. L’aborto libero, sicuro, gratuito, è indispensabile: vogliamo gridare a gran voce che non ci vergogniamo affatto, che abbiamo sempre abortito e che sempre abortiremo!”.