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A che gioco stanno giocando sulla pelle di Joy?

CIE e violenza sulle donne. Gli ultimi aggiornamenti e un breve sintesi della vicenda dal blog noinonsiamocomplici, che segue gli sviluppi quotidianamente e dà appuntamento sotto il carcere di Como alle 6.30 di venerdì mattina.

09 Febbraio 2010 - 16:39

A che gioco stanno giocando sulla pelle di Joy?

La situazione è sempre più pericolosamente ‘nebbiosa’. Una ragione in più per essere presenti sotto il carcere di Como venerdì 12 febbraio e mostrare che Joy non è sola.

I nostri avvocati questa mattina si sono recati alla cancelleria e all’ordine, dove vengono depositate le nomine e le revoche agli avvocati provenienti dal carcere.

La prassi vorrebbe che, una volta avvenuta la nomina o la revoca, il carcere immediatamente comunichi con un fax alla cancelleria e all’ordine degli avvocati del tribunale di Milano i cambiamenti.

Il documento non c’è.

Joy, ripetono dal carcere, avrebbe revocato la nomina giovedì 4 febbraio.

Lunedì il fax a Milano non è ancora arrivato.

Gli avvocati hanno intimato, con un fax, al carcere di Como di inviare la copia del documento di revoca della nomina fatto da Joy.

Noi, per ora, sappiamo che il colloquio che volevamo avere con Joy, insieme ad una interprete, non ci è stato concesso proprio per la revoca della nomina all’avvocato D’Alessio.

Nomina che ancora non compare ufficialmente da nessuna parte.

Cosa più grave, a questo punto, il fatto che, per questa “anomalia” Joy ora si trova senza un avvocato: almeno finchè non comparirà quel documento ufficiale che da Como fa tanta fatica ad arrivare….

Noi, intanto, continuiamo ad inviarle raccomandate e telegrammi chiedendole di rinominare il suo avvocato.

Sintesi cronologica

Una sera dei primi d’agosto 2009 Vittorio Addesso, ispettore-capo del Centro di identificazione per immigrati (Cie) di Milano,cerca di violentare Joy, una donna nigeriana, nella sua cella. Grazie all’aiuto di Hellen, sua compagna di reclusione, Joy riesce a difendersi.

Qualche settimana dopo nel Cie scoppia una rivolta contro le condizioni disumane di reclusione. In quell’occasione Joy, Hellen e altre donne nigeriane vengono ammanettate, portate in una stanza senza telecamere, fatte inginocchiare e picchiate violentemente.

In seguito alla rivolta, a Milano si è svolto un processo contro 14 donne e uomini migranti, tra cui Joy e le altre.

Durante una delle prime udienze, quando in aula entra Addesso per testimoniare, le/i migranti processati denunciano pubblicamente gli abusi quotidiani da parte di quell’ispettore-capo e Joy trova il coraggio di raccontare del tentato stupro.

In seguito al processo, alcuni/e migranti, tra cui Joy ed Hellen, vengono condannati a 6 mesi di carcere; altri a 9 mesi.

Le ragazze vengono separate e mandate in diverse carceri, in modo da isolarle e neutralizzare la forza che hanno saputo esprimere collettivamente.

La data della scarcerazione per Joy e le altre si avvicina – il 12 febbraio prossimo – ma nel frattempo un evento tragico rende evidente il rischio che le ragazze corrono: venire di nuovo rinchiuse in un Cie.

A portare alla luce questo rischio è il suicidio di uno dei migranti condannati in quel processo, Mohammed El Abouby, nel carcere di San Vittore. Mohammed si è suicidato in carcere con il gas dopo avere saputo che sarebbe stato nuovamente deportato nel Cie milanese dopo la scarcerazione, il 12 febbraio, e questo l’ha spinto a farla finita.

L’intrappolamento nel meccanismo Cie-carcere-Cie è, infatti, uno degli aspetti del razzismo di Stato che moltiplicherà le vittime della violenza sancita per legge.

A questo punto ci chiediamo cosa potrebbe succedere se Joy ed Hellen all’indomani della scarcerazione, il prossimo 12 febbraio, verranno portate in qualunque Cie d’Italia. Se tornano in quello di Milano ritrovano Vittorio Addesso & C.; se vengono mandate in un altro Cie, si troveranno davanti altri gestori dell’ordine, colleghi loro, che sanno chi sono le ragazze e che coraggio hanno avuto… E allora cosa potrebbe accadere?

A fronte di tutti i discorsi ipocriti e razzisti di politici e mass-media sulla violenza contro le donne, negli scorsi mesi in diverse città ci siamo mobilitate, a partire da un appello lanciato da questo blog, per denunciare gli abusi e le violenze contro le immigrate e gli immigrati nei Cie.

A Milano il presidio organizzato il 25 novembre da un gruppo di compagne ha subito tre violente cariche della polizia. Nonostante fosse stato organizzato in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, le forze dell’ordine non volevano che venissero denunciati gli stupri nei Centri di identificazione ed espulsione ad opera dei loro colleghi in divisa.

Ad una settimana dalla scarcerazione, l’avvocato di Joy scopre di essere stato revocato e che al suo posto è stata nominata un’avvocata d’ufficio.

Non sappiamo quali pressioni e ricatti abbia subito Joy per arrivare a questa scelta, ma una cosa è certa: qualcuno ha molto interesse ad insabbiare tutta questa vicenda e, per fare ciò, sta cercando di isolare in tutti i modi Joy e le altre da chi ha espresso loro, fattivamente, solidarietà in questi mesi.

Ma la nostra solidarietà deve continuare a tradursi in concretezza: non possiamo permettere che Joy ed Hellen tornino nelle mani dei loro aguzzini.

Nasce così la campagna Ribellarci è giusto, a sostegno di Joy e delle sue compagne.

Col pretesto della “sicurezza”, le donne migranti vengono rinchiuse in lager in cui ricatti e abusi sessuali sono all’ordine del giorno.

Col pretesto della “sicurezza” in Italia stanno verificandosi, nel silenzio generalizzato, abusi degni d’un regime fascista.

Chi non intende essere complice di questo sistema basato sullo stupro e la violenza deve impedire che Joy ed Hellen vengano rimesse nelle mani dei loro aguzzini.

Appuntamento il 12 febbraio alle 6.30 di mattina davanti alla stazione di Albate Camerlata Fs (Como).

Dalle ore 7 in poi davanti al carcere di Como – in via Bassone 11 – per aspettare Joy!

Per info: 327 2029720

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