Acabnews Bologna

«Se non ora quando?»

Riceviamo e pubblichiamo il testo del volantino che il Circolo Anarchico Berneri distribuirà domani in piazza. «L’emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi o non sarà!»

26 Gennaio 2011 - 13:20

Nella giornata di oggi agli operai metalmeccanici si sono uniti alcuni lavoratori e lavoratrici di altre categorie, questa manifestazione è stata attraversata da cortei studenteschi ma non si è riusciti a realizzare quello sciopero generale che è necessario per affrontare la situazione nella quale si trova il modo del lavoro e l’intera società degli sfruttati e degli oppressi.
Alcuni sindacati “di base” e indipendenti (Confederazione Cobas e USI-AIT) hanno indetto lo sciopero generale intercategoriale mentre altri (USB e CUB) oltre alla categoria metalmeccanica, sono riusciti a proclamare lo sciopero solo in alcuni comparti (come Scuola, Università e Ricerca, per la CUB) o in alcune province (come a Como e Varese per la USB).
Fatto sta che un movimento di solidarietà sociale e di classe è stato spezzato in tanti rivoli e la catena della produzione del valore non è stata fermata.
Da una parte le ragioni di questa impasse sono da ricercare nella politica della CGIL che non vuole sentire ragioni e non solidarizza con le esigenze della FIOM; la richiesta dello sciopero generale era già stata avanzata in tutte le sedi ed in modo chiaro a piazza San Giovanni il 27 novembre scorso; questa richiesta è stata sostenuta con forza dal movimento dei precari e degli studenti che hanno occupato scuole e università in novembre e dicembre; questa richiesta è stata perorata anche da molti lavoratori e lavoratrici che non aderiscono né alla FIOM né alla CGIL.
Da un’altra parte anche la FIOM ha le sue responsabilità avendo accettato la concertazione sindacale ha aperto quel varco che oggi è diventato il baratro nel quale anche quest’organizzazione rischia di precipitare. Quanti contratti “bidone” abbiamo dovuto ingoiare dal 1992-93?!? Chi ha formato gli accordi quadro che impediscono, di fatto, lo sciopero spontaneo? Chi ha avallato le regole sulla rappresentanza che riservano ai sindacati “firmatari” i diritti sindacali?
Questo ha provocato un risentimento anche nei confronti della FIOM che oggi produce disgregazione nel fronte di lotta, rompe il fronte della solidarietà, impedisce al movimento dei lavoratori di essere all’altezza della sfida che il padronato ed il governo impongono.

Stiamo, davvero, raschiando il fondo del barile.
Il movimento dei lavoratori deve riprendere il mano il proprio destino e lo può fare contando solo su sé stesso. Non ci sono aree politiche, non ci sono governi “amici” che possano sostituire l’autonoma iniziativa delle lavoratrici e dei lavoratori. Un nuovo movimento “dal basso” deve ripartire per aggregare attorno a sé tutta la società degli sfruttati e degli oppressi, aprendo una nuova stagione di lotta che sappia dare un futuro a chi oggi un futuro non ce l’ha.
La condizione dei giovani è disperante (oltre il 30% di disoccupazione, oltre l’altro 30% di precarietà); il reddito medio di quella che dovrebbe essere la generazione del futuro è al di sotto dei 600 euro (e con 600 euro al mese si deve stringere la cinghia o fare, obtorto collo, i “bamboccioni”).
La condizione degli immigrati è avvilente; questo nuovo pezzo della classe operaia italiana è soggiogata da leggi razziste, segregazioniste (peggio che in SudAfrica o in Palestina).
In entrambe i settori la condizione femminile risente dell’oppressione di genere che è ancora forte visto che non sono state rimosse le cause sociali e culturali di quest’oppressione.
Le forme strutturali della discriminazione e del sessismo: la rappresentazione istituzionalizzata del «femminile», le immagini sessiste di Tv, giornali, libri di scuola, ma anche i processi di precarizzazione del lavoro femminile, le disparità di salario e di carriera nei posti di lavoro, l’attribuzione diseguale, solo alle donne, della cura gratuita della casa, dei bambini, degli anziani. Proprio la crescente discriminazione del lavoro femminile diventa, in tempi di crisi economica, il fulcro materiale di un rinnovato autoritarismo sul corpo delle donne, costrette a lavori malpagati e, di conseguenza, sempre più vincolate alla casa in posizione di subalternità e dipendenza economica.
Anche nell’area sociale dei così detti “garantiti” la falce della cassa integrazione e dei licenziamenti ha prodotto perdite di posti di lavoro per oltre 1 milione di persone: i primi a pagare sono stati, ovviamente, i giovani, le donne, gli immigrati.

La situazione in Italia non è certo migliore che negli altri paesi. Al di là della propaganda del governo e dei partiti che lo sostengono e della sostanziale subordinazione a queste logiche di tutto il quadro politico istituzionale la situazione nel nostro paese è del tutto paragonabile, sul piano sociale, ai “paesi a rischio” (come Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda), in alcuni di questi (vedi Spagna) ci sono addirittura migliori ammortizzatori sociali.
Il regime che ci governa da oltre 20 anni ha tutti i caratteri della dittatura. Oggi che in Tunisia il proletariato arabo è riuscito a rovesciare quel regime dispotico, oggi che in Algeria e in Egitto vi sono importanti movimenti di lotta, oggi quando anche in Albania la gente si solleva contro il governo della corruzione e delle “piramidi finanziarie”, oggi, cosa facciamo noi?

Le condizioni materiali e morali che oggi ci vengono imposte dal padronato e dal governo richiedono da parte nostra una risposta che non del capitale; e là demolire quel dio, onde tutti possano vedere con i propri occhi può essere parziale: la rivoluzione sociale è possibile, è necessaria, è urgente, è la via attraverso la quale possiamo porre fine a quanto oggi ci sfrutta e ci opprime.

Ma la rivoluzione non si fa in quattro e quattr’otto, direte voi.
Anche noi ne siamo convinti. Però è assolutamente necessario prepararla. Per fare questo la costruzione di un vero sciopero generale è essenziale. In questo processo di autoorganizzazione si sperimenterà la forza che è possibile mettere in campo, ci si allenerà alla lotta, si metteranno in piedi quegli organismi che alla lotta servono (dai consigli di fabbrica a quelli di quartiere). Ognuno di noi dovrà coinvolgersi in questo movimento per esserne protagonista senza capi e senza deleghe.
L’emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi o non sarà!
Se non ora, quando?
Se non noi, chi?

Le anarchiche e gli anarchici del circolo Berneri di Bologna

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