Essere seri è un progetto

Per una città libera… Bologna

Milena Magnani è una donna bolognese di 44 anni con un'esperienza lavorativa nel settore dell’educazione e dell’accoglienza. Oltre a questo, ha esordito nella produzione narrativa nel 1993 con il romanzo "L’albero senza radici" (Nuova Eri), a cui ha fatto seguito nel 1996 "Delle volte il vento" (Vallecchi). Nel 2008, per le edizioni Feltrinelli è uscito il romanzo “Il circo capovolto” (una fotografia di popoli senza dimora che rischiano di scomparire ma che lottano per conservare le proprie radici) . Si tratta di un intreccio di parole, accenti e culture lontane che raccontano il mondo nomade. Con questa lettera, parla di Bologna, della sua città e si rivolge a chi, come lei, la vuole cambiare.

6 novembre 2008 - Milena Magnani (scrittrice)

magnani milena Mi rivolgo a chi si sta spendendo per pensarla, questa Bologna un pò diversa.
Mi rivolgo a voi per alcuni motivi.
Intanto perché vedo gli inquilini dei palazzi che ho intorno.
Vedo l’espressione indurita con cui escono dal quartiere la mattina. E i loro occhi che non cercano più niente.
Mi rivolgo a voi
perché vedo le panchine vuote nei cortili.
E i bambini rintanati nelle case, o trascinati via veloce perché non indugino un solo istante in strade pericolose.
Vedo il sospetto verso gli stranieri ad ogni passo, e quando sono in casa, più che sentire da sotto le chiacchiere o le voci delle persone, sento il vibrare dei vetri al passaggio caotico delle macchine lungo quelle che sarebbero le nostre strade.

Ecco cosa vi voglio dire.
Che cerco intorno a me qualcosa che corrisponda alla mia città, quella dove avevo inteso vivere, ma non trovo nulla, forse non trovo più neanche me.
Deve essersi svolta in questa città una qualche operazione micidiale, qualcosa di simile a una bonifica del senso critico e delle istanze di solidarietà più vere, una bonifica avvenuta nel silenzio, qualcosa che gli amministratori non hanno detto, mentre forse avrebbero dovuto.
Si tratta di una bonifica che ha debellato il collante di socialità e di valori che abitavano nel cuore dei bolognesi, una bonifica che ha indotto la gente a dimenticarsi della propria storia, a farsi schiva, a deviare per strade private e secondarie, a stemperare la propria generosità , fino a che puf! Ora sono obbedienti consumatori e camminano più leggeri.

Ecco cosa vi voglio dire.
Che mi fermerò con voi perché ho nostalgia di una città che deve ancora arrivare, ho nostalgia di un luogo dove si possa ancora aspirare a una socialità migliore, una città in cui le identità si possano scambiare.
Ci sono stati momenti in questi anni in cui ho avuto la tentazione di chiederlo ai miei figli. Ma dove vi sto facendo vivere? Che cosa ne pensate di questa Bologna che avete intorno? Voi., ad esempio, dove vi sentite nello spazio e nel tempo?
I miei figli sono ancora bambini.
E’ difficile spiegare loro che questa città viene da un percorso di valore immenso, spiegare che questa città è stata un punto nevralgico di quella svolta culturale e politica che è il stata il 68 e subito dopo il 77.
E’ difficile spiegarlo ai miei figli considerato che hanno davanti più che altro gli Ipermercati, il traffico sulla tangenziale per il Motor show, i McDonald’s, le scitte spray il via Larga “zingari sterminio”, vedono gli sgomberi rivolti alle abitazioni della gente povera, vedono questa umanità incazzata e autisticamente chiusa tra se e il proprio hi pod, vedono lo stadio Dall’Ara dove durante la partita Juve Bologna un tifoso ha potuto prendere a sassate in testa un padre della tifoseria avversaria nell’indifferenza totale dei passanti, e dove dalla curva gridavano “Pavel zingaro”, senza che si sia levata neanche una balbuzie di indignazione da parte della cittadinanza o delle istituzioni.
Sì io mi accorgo che i miei figli stanno crescendo in una città che sta diventando razzista e intollerante, una città che si inginocchia reverente ai templi del consumismo di massa, si inginocchia in quei non-luoghi (come dice Marc Augé) perfetti per il dissolvimento ogni capacità di ascolto, di innovazione e di senso critico...Ecco, come faccio io a parlare loro di quello che mi sarei aspettata invece di diverso?
Allora dico solo: questa Bologna non ve l’avrei mica voluta mostrare così, e invece...
E dopo magari faccio quei gesti un po’ vaghi, come per dire che era solo una cosa detta così, senza alcuna importanza precisa.
Anche perché, lo sappiamo tutti in cuor nostro che Bologna è solo la prova amministrativa e culturale di dove sta andando il mondo, il mondo capitalista, il mondo liberista allo sbando selvaggio, si intende.


Per questo mi rivolgo a voi, perché quello che la città sta mostrando è la storia di una traiettoria, una traiettoria che disintegra il nostro futuro, che annienta il nostro bisogno di senso e di rispetto.

E nonostante oggi, giorno in cui scrivo, succeda che tutto il mondo progressista e democratico festeggi con ottimismo la straordinaria vittoria di Barack Obama, io sospetto che lui, con tutto il suo carico di buoni propositi, nulla potrà contro le vere lobby del potere economico che governano di fatto gli ingiusti e sclerotizzati sbilanciamenti del mondo.

Come scrive puntualmente John Berger:
“Ovunque la gente si chiede: dove siamo? La domanda è storica, non geografica. Cosa stiamo vivendo? Dove ci stanno portando? Cosa abbiamo perso? Come andare avanti senza una visione plausibile del futuro? Perché non riusciamo più a vedere cosa c’è oltre la nostra esistenza personale? (...) Non sarebbe meglio rendersi conto e dire con fermezza che stiamo vivendo nel caos più tirannico che sia mai esistito? Non è facile afferrare la natura della tirannide perché il suo potere è solidamente strutturato eppure diffuso, dittatoriale e tuttavia anonimo, onnipresente eppure senza luogo.”

E rispetto a questa pervasività della tirannide voglio dirvi che non riesco neanche più a muovere accuse specifiche alla classe politica che ha amministrato Bologna in questi anni.
Si tratta, come per la maggior parte delle giunte comunali in carica nella nostra Italia, di una classe politica completamente scollegata dai propri ideali, una classe politica manovrata da poteri economici e finanziari le cui influenza agisce nelle sedi di Palazzo d’Accursio esattamente come nei luoghi del Parlamento o di qualsiasi altra assemblea di governo.
Quello che è successo a Bologna è successo infatti in tutte le altre città, le cui classi politiche al governo non hanno potuto fare altro che asservire la logica dell’alta finanza e dei grandi capitali (Lo ha fatto Guazzaloca esattamente come Cofferati, lo ha fatto Alemanno esattamente come Veltroni e si potrebbe continuare la desolante lista...) .
Non hanno potuto fare altro che asservire un certo tipo di chiesa (quella più reazionaria), cercando di occultare i bisogni di giustizia e nascondendo la miseria sgomberandola di qua e di là.
E’ in questa ottica di asservimento che si è fomentata la grande macchina mediatica di costruzione della paura, perché una città spaventata consente di occultare le pecche di un sistema politico e economico allo sbando, consente di spostare le cause del disagio sociale diffuso attribuendone le responsabilità ai poveri, ai rom dei campi, agli stranieri senza permesso, ai diversi .
Di fronte a questa consapevolezza, di fronte all’evidenza di una politica istituzionale che se ne infischia e se ne infischierà clamorosamente del bene comune, appare chiaro che chi ha la lucidità e la creatività e il coraggio per guardare la realtà debba prendere in mano il proprio destino e dire:
Scendo dal vecchio carro. Dissento.

E’ chiaro che chi dissente si sente subito aggredire:
- Ma come dissenti? Adesso che Cofferati ha ritirato la sua candidatura? Adesso che il Pd e Rifondazione magari ritrovano un’intesa elettorale...

Allora lo dico a voi:
Dissento dalla grande simulazione della politica che ha governato Bologna in questi anni, dissento dal teatrino degli interessi privati applaudito di fatto da cittadini fiacchi e indifferenti, dissento dalle mafie perché ritengo che siano mafie tutti i giochi di potere che manovrano gli appalti per le opere pubbliche, perché sono mafie i baronati, le associazioni e le lobby di interesse che hanno condizionato e condizioneranno le politiche locali, sono mafie i politici omertosi, i giochi sporchi dentro la sanità, dentro i trasporti pubblici.
Dissento perché so che ogni giorno migliaia di persone lasciano il loro paese non certo per venire a derubarci ma perché lì in quel loro paese non c’è più un cavolo di niente per cui valga la pena di restare.
Dissento perché credo che ci sia la possibilità di costruire un laboratorio dell’incontro, perchè credo che le differenze siano una risorsa, perchè grazie all’incontro con i rom dei campi e con i migranti mi sono sentita migliore di prima.
Dissento perchè credo che molte delle attuali sofferenze e disagi che Bologna esprime potrebbero essere alleviati se ci fossero persone capaci di sporcarsi le mani con la realtà, di scendere nel mondo di tutti e di prendere alcune decisioni realistiche e relativamente semplici.
Dissento perché ho una mia idea di cultura, che parte dal rispetto, dall’ascolto, e che disprezza il sistema dello strapotere mediatico che rende best seller i libri di Bruno Vespa.

Si tratta di un dissenso profondo, motivato e serio e credo di poterlo dire insieme a voi che essere seri in questo dissenso sia già di per sé un ragionevole progetto.