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Virus, in presidio alla Regione: “Vogliamo reddito!”

Centinaia all’iniziativa convocata da Adl Cobas Emilia-Romagna per chiedere misure di emergenza per lavoratori e lavoratrici bloccati dall’emergenza coronavirus e per l’internalizzazione di servizi primari oggi in appalto. Una delegazione ricevuta in consiglio regionale. Fra le bandiere, anche quelle di altre sigle del sindacalismo di base.

03 Marzo 2020 - 15:11

“Precar@, intermittenti, partite iva, lavoratori e lavoratori dello spettacolo, educatori ed educatrici devono comunque arrivare a fine mese, pagare l’affitto, la babysitter, le bollette. Vogliamo il reddito di quarantena!”. Sono le parole delle attiviste e attivisti di Adl CobasTpo, Làbas, Casa Madiba Network e delle reti degli educatori di Rimini e Reggio Emilia, che questa mattina hanno organizzato un presidio davanti alla sede del Consiglio regionale per reclamare interventi immediati a sostegno del reddito ma anche richiedere l’internalizzazione di servizi pubblici primari, come per esempio quelli educativi, a più di una settimana dall’inizio dell’emergenza Covid-19 e dalle conseguenti ordinanze restrittive che hanno interrotto numerose attività lavorative, il cui effetto sta ricadendo direttamente su lavoratrici e lavoratori che si trovano senza ore di lavoro né retribuzione da più di una settimana.

Fra gli slogan intonati dal presidio è stato scandito: “Virus, neve, elezioni, a perdere le ore son gli educatori”, ma anche semplicemente la richiesta di “lavoro, diritti, dignità”, perchè nonostante l’emergenza per il virus “i mutui e le bollette non vanno in vacanza: vogliamo reddito per tutto l’anno”. Queste le parole di un lavoratore dei servizi educativi dalla Romagna: “Quello che sta succedendo con l’emergenza coronavirus e con l’ordinanza non fa altro che mettere in evidenza le condizioni strutturali del nostro lavoro, in cui vediamo la sospensione del lavoro e del salario non solo in situazioni di emergenza come questa, ma anche nel periodo natalizio o di pasqua. E’ una condizione che conosciamo benissimo, ma questa finestra mediatica ci dà l’opportunità di mettere in luce quale sia la nostra situazione. Siamo qui per chiedere strumenti di integrazione del reddito, e per opporci al recupero delle ore che ci vorrebbe far pagare l’emergenza, senza essere retribuiti e dovendo recuperare chissà quando le ore non svolte in questi giorni”. Insieme agli educatori delle cooperative, anche i riders, che invece si trovano ad affrontare un problema opposto, cioè le consegne di cibo a domicilio che non si fermano. “McDonald’s e simili per qualche consegna in più non chiuderebbero mai neanche in caso di guerra civile, figuriamoci per l’epidemia di un nuovo virus di cui non si conosce la cura”, dichiara un ciclofattorino di Riders Union Bologna.

Nel corso della manifestazione, durante la quale si sono potute vedere bandiere anche di altre sigle del sindacalismo di base come Usb e Usi-Cit, si sono registrati gli interventi di lavoratori colpiti dalla recente emergenza, alcuni venuti a manifestare anche da altre città della regione. Non sono mancati interventi anche a sostegno delle iniziative culturali promosse da realtà autogestite e organizzate dal basso: “Vogliamo forme di sostegno alle realtà culturali e sociali di questa città e questa regione. Gli spazi culturali sono costretti ad annullare iniziative quali presentazioni di libri negli spazi culturali e sociali della città. Ci chiediamo però perché i supermercati possano restare aperti e affollati e lo stesso non valga per i luoghi della cultura? Reclamiamo sostegno agli affitti per le realtà che organizzano cultura dal basso: la cultura è una cosa seria. Noi vogliamo la garanzia che i luoghi della cultura non vengano uccisi, non una semplice gestione mediatica di quello che sta succedendo, come si è visto con l’assegnazione gratuita della card cultura dal Comune di Bologna, che paradossalmente ha avuto l’effetto di creare grandi assembramenti di persone che volevano ottenerla. Noi vogliamo che la card cultura sia gratuita sempre”. Durante il presidio una delegazione di Adl è stata ricevuta da alcuni consiglieri regionali per aprire un tavolo di confronto sui temi sollevati dai lavoratori.

Questa mattina la Regione è stata al centro delle cronache anche per un altro motivo: un dipendente regionale, sindaco inoltre di un piccolo paese piacentino, è risultato positivo al tampone. Due dipendenti sono stati conseguentemente tenuti a casa, e sono in corso misure precauzionali. Stando ai dati diffusi ieri sera, il numero di contagiati in Emilia Romagna è intanto salito a 335: 212 a Piacenza, 61 a Parma, 8 a Reggio Emilia, 29 a Modena, tre a Bologna, uno a Forlì-Cesena, due a Ravenna e 19 a Rimini. Undici le persone decedute.