Culture

Speciale / La doppia dose di Freak Antoni

Ieri è morto Roberto “Freak” Antoni, voce degli Skiantos. Per quasi sessant’anni ha vissuto “troppo avanti”. Lo ricordiamo con un’intervista a Zeroincondotta nel 1999 e con i tanti “segni” che la sua vita artistica ci lascia.

13 Febbraio 2014 - 10:53
(foto per la copertina di “Inascoltabile” – 1977)

Su una mailing list antiproibizionista è circolata questa notizia: “Freak ci ha fatto l’ultimo regalo e il suo ultimo scherzo, che bastardo , invece di festeggiare con noi …. Per chi non lo sapesse Freak Antoni nel 2003 ha girato con noi il nostro documentario antiproibizionista [download]”.

Le prima agenzia sulla sua morte è stata battuta alle 10 e 37, poi sulle sue storie di vita e di palcoscenici si sono riempite le pagine dei siti, dei blog, delle bacheche di Facebook.

La notizia della malattia che se l’è portato via prese corpo con un concerto al Laboratorio Crash il 28 maggio 2012. Alla presenza di tre generazioni di aficionados, Freak Antoni salutò gli Skiantos. Tanta birra, un po’ di tristezza, molti tatuaggi e un finale con le lacrime agli occhi: “Sono un ribelle mamma”, con il canto collettivo che coprì la voce dell’artefice del rock demenziale.

Roberto Antoni aveva tante facce, quella di Freak degli Skiantos, quella del cabarettista / performer Beppe Starnazza, del poeta Astro Vitelli o dell’attore Tony Garbato.

Nel ’77, tra i ragazzi e le ragazze del movimento lui c’era, da damsiano poco più che ventenne. Poi, negli anni successivi, con tutte le sue “incarnazioni”, praticando l’ironia, ha continuato a vivere prendendosi più libertà di tanti altri. E’ passato per la musica, la poesia e la scrittura. E, come si dice in questi casi, artisticamente ha lasciato il segno.

Nelle sue canzoni c’era tanto di sé. Come, per esempio, in “Non ce la faremo mai”: Amico non vogliamo diventare / degli stupidi arrivisti / dei gran professionisti / dei pittori iconoclasti / dei vandali teppisti / degli stronzi fiscalisti / Non ci frega del successo / non c’importa di sfondare / non contare su di noi perché lo sai: / non ce la faremo mai!

O come in “Ero buono”: Una volta mi cercavo la rivolta / ogni tanto mi sentivo molto stanco / poi un giorno ho trovato un giusto tono / ero buono – ero buono / Forse mi volevi più cattivo / più deciso, più aggressivo / ma solo oggi ho trovato il giusto tono / tu eri buono – io sono buono.

I tanti segni lasciati da Freak e dagli Skiantos

Crediamo… anzi, siamo sicuri: a nessun altro gruppo musicale due giornali come Mongolfiera e Zero in condotta hanno dedicato tanto tempo come agli Skiantos. Tra i concerti a cui abbiamo assistito, gli articoli su di loro che sono usciti sulle nostre pagine, le centinaia di minuti trascorsi a scartabellare nel nostro incasinato archivio fotografico per trovare un’immagine della mitica band che non fosse già stata utilizzata un’altra volta, abbiamo accatastato tante di quelle ore che, messe assieme, danno corpo a una vera e propria “fase Skiantos” della varie redazioni che si sono succedute. Metteteci pure i due libri (“Rock & altri suoni” e “Centofiori”, delle Edizioni Mongolfiera), in cui a Freak Antoni è stato chiesto un contributo, e le tante volte che ci siamo fatti frullare per la testa le massime di Antoni in versione Astro Vitelli (le più gettonate: “La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo”, “Abbiamo toccato il fondo, adesso possiamo cominciare a scavare”) e la “sbornia” è quasi completa.

Tutto questo per dire che, come ogni grande passione, il nostro rapporto con gli Skiantos ha vissuto anche momenti di vera difficoltà. Ma di questo lunghissimo flirt non si possono dimenticare tanti altri momenti pieni di divertimento, calore, entusiasmo, esaltazione, commozione. Ve li riassumiamo: il loro concerto al Palasport per Bologna Rock 1978, un mitico concerto al Made in Bo, c’erano più di diecimila persone, con tutto il collinone del Parco Nord brulicante di ragazzi e ragazze in delirio, il concerto dentro la Fabbrica occupata in via Serlio, il concerto in duo acustico (di Freak Antoni e Dandy Bestia) per l’amnistia per i detenuti politici degli anni ‘70.

Gli Skiantos e gli anni Ottanta

Quando sbucarono fuori gli Skiantos, sulla scena musicale di quegli anni c’era il punk. Ma gli Skiantos fecero partito a sé. Non si potevano considerare punk, anche se c’era qualcosa del punk nel loro stile. Avevano imparato qualcosa dagli indiani metropolitani, qualcosa dal dadaismo più estremo, qualcosa dal surrealismo. Ma la chiave della loro esperienza e della loro lezione fu la demenza. De-mente, che sta fuori dalla mente, che si allontana dal cervello, che schizza fuori dall’intelligenza.

Skiantos fu il grido gutturale e un po’ stridulo della demenza che stava per arrivare.

Gli Skiantos portavano sulla scena l’onda limacciosa degli anni Ottanta, della demenza senile dell’umanità. Stavano per arrivare i Reagan, i Berlusconi, l’osceno corteo del travoltismo, il fascismo degli stadi, il nazionalismo e l’integralismo, e Craxi e Forlani e lo yuppismo. Stava arrivando l’onda della dittatura ultraliberista, l’onda del pentitismo truculento e assassino.

Freak Antoni, con la sua intelligenza agghiacciante e con le sue antenne, sentì tutto questo prima degli altri. Si rese conto, grazie al sensore da clown di cui disponeva, del fatto che il mondo in arrivo era un mondo senza più cervello.

Per questo gli Skiantos esplosero come una risata dolorosa e sofferente.

Da Parco Lambro in poi, nei movimenti, si mescolarono la critica e la follia.

Con gli Skiantos la follia prese il sopravvento, in forma di annuncio.

Le stagioni del rock demenziale

Ci può fare da guida inattendibile, quella che Freak definì la “non fondamentale opera”, cioè le “Stagioni del rock demenziale” (edita da Feltrinelli), testo chiave per non capire nulla sul rock demenziale e, forse proprio per questo, quello che propone una fotografia più vivida di ciò che quel movimento è stato nei suoi anni migliori. In calce a quella sacra Bibbia erano riportati i Manifesti del Rock Demenziale, veri e propri concentrati del demenzial-pensiero. Il Primo Manifesto del Rock Demenziale, fra le altre cose, recitava: “Con il suono demenziale: a) muore l’idea che x fare un complesso rock devi essere un fenomeno; b) te ne freghi dei consensi; c) finisce il mercato e inizia il contagio. Merci di tutto il mondo unitevi e divorate i vostri produttori!!”.

In quell’avviso si ritrovava una costante degli anni dell’esplosione del punk: l’urgenza di trovare una via d’espressione infischiandosene delle difficoltà tecniche. Le carenze tecniche diventavano anzi un marchio distintivo, un modo per prendere le distanze dalla musica complessa e virtuosistica, simbolo di artificiosità e falsità in opposizione alla spontaneità e alla verità. Semplificare diventava un obbligo per poter dire il prima possibile, dire più forte degli altri.

“Tanto vale pestare duro/suonare energico, stimolante/ fare testi semplici con rime baciate/ritmi immediati che dicono tutto e non devi decifrare-capire-interpretare con atteggiamento critico”, recitava il Secondo Manifesto del Rock Demenziale.

Perchè gli Skiantos facevano invaghire 

Gli Skiantos sono stati adorati da tanti giovani, per diverse generazioni, perché sono stati musicisti importanti nella storia del rock italiano, senza mai essere riusciti ad arrivare al successo o, perlomeno, alla ricchezza. Non sappiamo se, per loro, questa sia stata un gran bazza, ma questo lineamento li ha fatti sicuramente apprezzare.

Un’altra cosa che non ha lasciato indifferenti è il loro rapporto con il pubblico (santificato anche dalla canzone Siete un pubblico di merda), anche se, probabilmente, dal loro pubblico non sempre sono stati capiti. A tal proposito, ci piace citare quello che disse Freak in un’intervista nell’aprile del 1990: “Il pubblico è un mostro a mille, diecimila teste. Una massa indistinta, indefinita; contemporaneamente molto intelligente e molto stupida. Il pubblico va corteggiato e, allo stesso tempo, violentato. Forse, l’unica cosa che bisogna fare è viziarlo. Non bisogna mai subirlo, anche se va rispettato. Gli Skiantos volevano conquistare il pubblico, volevano provocare, ma spesso erano fraintesi. Noi tiravamo al pubblico verdure e altri oggetti poco contundenti, anche vermi da pesca. Quest’ultima provocazione era sicuramente un po’ forte, ma spesso ci rispondevano con lattine piene ad altezza d’uomo”.

“Doppia dose”. un’intervista a Freak nel 1999 

Nel 1999, preceduto da un disco singolo “Karabigniere Blues / Io sono un autonomo, sempre”, uscì un doppio CD antologico, una trentina di canzoni allineate sotto il titolo di “Doppia Dose”. Il 15 dicembre 1999, prima del concerto che presentava a Bologna il disco, intervistammo Freak Antoni.

L’ambasciatore dell’evento era stato un nostro amico fotografo, Roberto Serra, sua era l’immagine della copertina del nuovo Cd. Suo pure lo studio fotografico dove incontrammo Freak. “Su un terreno neutro”, commentò scherzosamente.

La scenografia dell’intervista era particolare: in mezzo a migliaia di negativi e diapo, con le canzoni del nuovo disco come colonna sonora, lo “Skianto” cominciò a parlare, con una “flemma” ineguagliabile, scandendo con chiarezza i suoi concetti.

Freak, cos’è il nuovo album degli Skiantos? Lo stile, nel prezzo (e questo è buono), è prendi due e paghi uno…

“In effetti, ‘Doppia Dose’, il nostro nuovo Cd ha questa caratteristica. Si tratta di una doppia dose di musica, con un titolo volutamente malizioso, scelto apposta per provocare nella testa dei maligni l’associazione con sottintesi stupefacenti. Abbiamo, però, anche un riferimento storico: il disco Double Dose degli Hot Tuna.

Si tratta di due Cd: il primo, ‘Solito Trionfo’, è la nuova discografia degli Skiantos contemporanei; l’altro, ‘M’hai cotto il razzo’, vede invece coinvolti gli Skiantos storici, quelli del ‘77, che si sono rimessi assieme per l’occasione. Abbiamo coinvolto tutta la “famiglia”. La bellissima grafica, per esempio, è di Simonetta Scala, la moglie di Dandy Bestia. In ‘Solito Trionfo’, poi, siamo stati stimolati da complici prestigiosi quali Lucio Dalla, Luca Carboni, Enzo Iachetti, Shel Shapiro (Rokes), Montefiori Cocktail + Johnson Righeira, Banda Osiris, Gang, Renzo Arbore, Ambra, Datura, Angelo Branduardi, Riccardo Tesi, Patrizio Fariselli (Area), Andy J. Forest, Samuele Bersani, Marco Carena, Jimmi Villotti. Questi amici si esibiscono in modi diversi: c’è chi canta un ritornello, chi propone una frase musicale, chi partecipa a un coro. Tutti si sono skiantosizzati in una sorta di scherzo collettivo giocato all’insegna dell’improvvisazione creativa”.

Un’antologia molto partecipata, dunque?

“No, si tratta di 28 canzoni tutte inedite, anche quelle degli Skiantos storici sono tutte nuove. Lo stile è quello del brutal rock, con la nostra tipica ironia, secondo la formula demenziale. Avevamo nel cassetto una cinquantina di canzoni che ci sembravano meritevoli di vedere la luce. Erano 5 anni che non facevamo un disco con pezzi inediti, non perché non avessimo materiale, ma perché ci mancava la produzione giusta”.

A proposito del produttore, ci sembra curioso questo incontro con Oderso Rubini che abbiamo conosciuto prima come musicista, poi come produttore di musica contemporanea d’avanguardia…

“Si è trattato, per noi, di un bel colpo di fortuna. Quando ci siamo incontrati abbiamo compreso che lui era la persona giusta per capire gli Skiantos. Il suo è stato un ritorno al rock dopo tanti anni: Oderso era stato il mitico produttore del Bologna Rock del 1978. Ma ha utilizzato la sua esperienza più recente per spingerci a fare cose più sperimentali, un esempio su tutti: il pezzo dance con i Datura. Mentre gli altri produttori con cui avevamo lavorato in precedenza erano preoccupati di rendere gli Skiantos presentabili per il mercato discografico, erano soprattutto concentrati sul busines, Oderso ci ha stimolati ad essere noi stessi fino in fondo.

Volevamo un produttore che ci fosse complice che capisse le nostre caratteristiche e quelle del rock demenziale, in Oderso Rubini lo abbiamo trovato. Questa riunione felice ha fatto scattare la molla: era venuto il momento per tirare fuori le 50 canzoni che avevamo nel cassetto”.

E il coinvolgimento dei “vecchi” Skiantos da cosa deriva?

“La ragione per cui abbiamo convocato gli Skiantos storici è per il fatto che ai nostri concerti un sacco di gente, anche i ragazzi e gli adolescenti, non solo i quarantenni, ci chiede il divertimento dei vecchi tempi… lo svacco creativo di quel periodo. Ci sembrava che ci fosse un sacco di nostalgici degli Skiantos prima maniera, perciò abbiamo pensato di offrire anche un disco con i “ragazzi di una volta””.

Come sono sopravvissuti gli Skiantos in questi anni?

“Quando, agli inizi degli anni ‘80 (dal 1981 al 1984), decidemmo di fermarci i componenti degli Skiantos storici presero ciascuno la propria strada. Quella scelta ci ha segato le gambe, ci ha fatto perdere credibilità tra gli addetti ai lavori: eravamo poco affidabili, troppo umorali. Quando abbiamo ricominciato con gli Skiantos contemporanei, siamo sopravvissuti continuando a fare concerti nel sottobosco musicale. Non abbiamo avuto troppa pubblicità, per cui non si sapeva troppo di noi, circolavano poche notizie sui nostri concerti. Per questo, ci hanno definito “un gruppo di nicchia”, mentre noi, presuntuosamente, amiamo definirci “un gruppo da tabernacolo”.

L’unica grande consolazione è stata il concerto estivo che, ogni anno, teniamo al Made in Bo, dove si radunano diverse migliaia di nostri fans”.

E cosa ci dici delle curiose collaborazioni che avete attivato per questa produzione?

“Si tratta di complicità con artisti molto interessanti che sono stati molto vicini a noi. Luca Carboni che, sicuramente, come esternazione artistica ci è molto diverso, l’abbiamo chiamato perché quando cominciò a suonare disse: ‘ Se suonano quei matti degli Skiantos, posso farlo anch’io’.

Enzo Iachetti perché, vedendo i suoi spettacoli dal vivo, mi sono reso conto che è molto comunicativo e preparato musicalmente. E mi sono accorto che è molto più bravo di come, solitamente, appare in TV, dove è quasi sempre relegato al ruolo di spalla.

Fabrizio Fariselli degli Area è sempre stato un nostro mito, come del resto il gruppo di cui ha fatto parte.

Una scoperta interessante, a cui il nostro Cd vorrebbe contribuire, sono i Gang: un vero e proprio caso di ingiustizia mass-mediologica. Sono molti anni che suonano, anche se sono stati ignorati dal grande pubblico e dagli organi d’informazione, sono un grande gruppo pop-rock. Il suo cantante solista ha una bellissima voce. Ci piacerebbe che il nostro disco potesse contribuire a una loro rivalutazione, anche perché Canzone per Che, che facciamo con loro, è un pezzo a cui teniamo molto. Per noi, il Che è un mito, amiamo la sua coerenza perché ha pagato in prima persona per le sue idee”.

Parlando di rock demenziale, non possiamo non farti una domanda sul fenomeno Elio e le Storie Tese.

“Elio si è ispirato alla nostra esperienza, ma ha capito una cosa fondamentale: si doveva posizionare a destra degli Skiantos. Doveva stare dalla parte dei ‘bottoni’… del professionismo. Lui e le Storie avevano la necessità di rendersi ‘credibili musicalmente’, per cui hanno saccheggiato Frank Zappa che era il loro mito. L’idea di Elio è quella di rendersi apprezzabile musicalmente affinché non ci siano falle nella loro credibilità.

Gli Skiantos, invece, in sintonia con il punk rock, sono stati ‘troppo estremi’ dichiarando di non saper suonare. La nostra era un’idea eversiva, voleva dimostrare di dare una mazzata allo star system della musica e del rock.

Elio nacque dieci anni dopo, in pieni anni Ottanta, ha dovuto fare i conti con una realtà completamente diversa e con stimoli differenti dai nostri. Lui si è adattato ai suoi tempi…”.

Gli Skiantos sono una band nata dai movimenti sociali di fine anni Settanta, come vi rapportate alla situazione attuale? C’è ancora l’humus per la vostra musica?

“Noi continuiamo ad essere noi stessi. L’ironia è ancora il nostro grimaldello per forzare la situazione… è ancora la lente di ingrandimento per leggere la realtà. Per noi l’umorismo è la forma indispensabile per interpretare il mondo. Non ci sentiamo dei sopravvissuti, non ci sentiamo dei superati, il ‘demenziale’ ci permette di aggredire criticamente la realtà anche in questo contesto.

Le canzoni di questo disco affrontano argomenti socio-politico-culturali, financo poetici ed esistenziali. Dato che i tempi sono completamente ribaltati, rispetto agli anni ‘70, anche il bersaglio della nostra critica è modificato. Quando iniziammo, noi prendemmo una posizione contro la retorica dell’impegno obbligatorio (il ‘messaggio politicamente impegnato’ dei cantautori italiani), per cui la nostra reazione fu quella di occuparci di tutt’altro. I cantautori parlavano di impegno sociale, noi di pasta asciutta e pensavamo di essere molto più eversivi di loro. Oggi, nel deserto del disimpegno è diventata interessante la scommessa contraria: affrontare argomenti impegnati.

In più, avendo come strumenti l’ironia e la comicità, ci siamo inventati una formula musicale al di là delle mode”.

Freak, tu nella vita normale dai l’idea di una persona molto timida e pacata, quasi “fin troppo gentile”, come spieghi la tua grintosa e irridente trasformazione sul palcoscenico?

“Sul palco mi libero dalla drammatica pesantezza della mia persona e cerco, finalmente, di essere ironico. Per il resto, esiste una mia tendenza molto forte alla comicità. Credo, da sempre, che la battuta comica sia un lampo di intelligenza sulla tragicità del nostro mondo.

Fin da bambino, sono sempre stato affascinato dai grandi comici, mi sono sempre sembrati dei grandi filosofi. Io abitavo in quartiere di periferia. Solitamente, in questi luoghi, i bambini mitizzano i ragazzi più grandi, quelli più forti. Io, invece, ero affascinato più dall’intelligenza e dall’umorismo dei miei coetanei, piuttosto che dalla forza. Mi ricordo che certe battute, per me, erano folgoranti e ritenevo vittoriosi i ragazzi più spiritosi, quelli che primeggiavano con l’umorismo. Forse, è anche per questo che ero sempre nelle bande dei perdenti. E ho continuato a riconoscermi nei perdenti anche dopo.

Del resto, la canzone-manifesto di questo disco, quella cantata con Shel Shapiro, si chiama ‘Non ce la faremo mai’.

Per cui, nella comicità, io trovo una risposta alla disperazione della vita. Anche nella mia storia artistico-musicale c’è un filo che mi lega ai comici”.

I tuoi riferimenti?

“Fred Buscaglione, Jannacci, i Gufi, Cochi & Renato, Marco Carena, Woody Allen, Buster Keaton, Totò, Troisi e Benigni”.

Scommettiamo che hai avuto attaccato in camera il manifesto dell’anarchico sorridente, tenuto stretto da due gendarmi, con la scritta: “Sarà una risata che vi seppellirà”.

“Sì… certo… adesso lo tengo arrotolato nel porta-ombrelli, riciclato in porta-poster. Ma ho avuto anche tutte le sue varianti: ‘Sarà un risotto che vi seppellirà’… ‘Sarà uno schianto che vi seppellirà’…”.

Discografia degli Skiantos:

1977 LP INASCOLTABILE, Italian Records/Ricordi

1978 LP MONOTONO, Cramps Records/Polygram

1979 LP (cd-mc), KINOTTO, Cramps Records/Polygram

1981 LP (cd-mc), PESISSIMO, Cramps Records/Polygram

1984 LP (cd) TI SPALMO LA CREMA, CGD Milano

1987 LP (cd-mc) NON C’E’ GUSTO IN ITALIA AD ESSERE INTELLIGENTI, Targa Bollicine (T.B.)

1989 LP (mc) TROPPO RISCHIO PER UN UOMO SOLO, T.B.

1990 LP (cd-mc) ZE BEST IN LAIV, T.B

1992 LP (cd-mc) SIGNORE DEI DISCHI, RTI Milano

1993 CD (mc) SALUTI DA CORTINA, RTI Milano

1996 CD (mc) SKIANTOLOGIA Vol.1, Mescal dischi

1999 CD (2) mc (2) DOPPIA DOSE, Alabianca/Stile Libero dist. CGD East West

2003 CD LA KREMA (antologia, Latlantide)

2004 CD RARITIES (Audioglobe)

2005 CD SOGNO IMPROBABILE (EMI)

2006 CD SESSO PAZZO (antologia, Latlantide)

2006 CD SKONNESSI (Unplugged 1977-2006) (Latlantide)

Produzioni di 45 giri. Partecipazioni a varie compilation:

1978 45 giri KARABIGNIERE BLUES, Cramps Records/Polygram

1980 45 giri FAGIOLI, Cramps Records/Polygram

1999 CD single GRATIS, Alabianca/Stile Libero dist. CGD East West

1988 Remix (LP) GLI ITALIANI SONO FELICI/SONO CONTRO, T.B.

1989 MC URLO (Ti spalmo la crema) Allegato a Tutto Sorrisi e Canzoni

1990 MC IL SESSO E’ PECCATO FARLO MALE. Cassetta prodotta per scopi didattici/educativi sui consultori giovanili della prov. di Modena.

1991 CD SCORRIBANDE 3 (Sono Contro). Iniziativa per i giovani dell’area milanese.

1992 CD ESTATE ITALIANA Radio Italiana (Italiano, terrone che amo)

1994 CD L’ITALIA DEL ROCK , La Repubblica (Eptadone)

1995 CD MATERIALE RESISTENTE, Il Manifesto, (Fischia il vento)

1996 CD QUALE NATALE?, Ultimo piano Records (Natale è…)

I libri di Freak Antoni: 

– Il Viaggio dei Cuori solitari: temi fantastici sulle canzoni dei Beatles (Il Formichiere 1978)

– Stagioni del rock demenziale (Feltrinelli 1981)

– Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti (Feltrinelli 1991)

– Vademecum per giovani artisti (Feltrinelli 1993)

– Per sopravvire alla tossicodipendenza. Manuale di prevenzione (Feltrinelli 1994)

– Badilate di cultura (Sperling & Kupfer 1995)

– Mia figlia vuole sposare uno dei Lunapòp (non importa quale). Indagine su di un gruppo al di sotto di ogni sospetto (Arcana 2001)

– Non c’è gusto in Italia ad essere dementi (Pendragon 2005)