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Scuola, Ic11: “La mobilitazione continua”

Resoconto dell’ultima assemblea autoconvocata: “Chiediamo un aumento salariale e investimenti per la scuola, per chi in essa ci lavora e per le strutture necessarie, dalle aule, ai computer, ai corsi di aggiornamento retribuiti”.

10 Novembre 2013 - 13:21

Resoconto dell’Assemblea Autoconvocata del 28 Ottobre

Lunedì 28 Ottobre si è tenuta presso la sala del Quartiere San Donato una assemblea pubblica autoconvocata per volontà della maggioranza degli insegnanti e di altri lavoratori dell’IC 11 di Bologna, sul tema dei tagli alla scuola pubblica.

All’assemblea hanno partecipato un centinaio di lavoratori della scuola, alcuni studenti -che sono intervenuti in maniera puntuale, sottolineando il raccordo esistente tra le loro iniziative di lotta e altre, come questa, aventi le stesse finalità- e alcuni genitori..

I punti sui quali i numerosi interventi hanno posto l’attenzione sono stati i seguenti:

1. Lavoratori della scuola: la fascia alta dei morti di fame

Docenti e Ata hanno gli stipendi bloccati dal 2009. L’ultimo aumento salariale risale al 2007; ben 20-30 euro in busta paga. Al blocco degli stipendi -condizione comune a tutti i lavoratori del settore pubblico- si aggiunge il blocco degli scatti di anzianità.

Sulla loro condizione salariale pesa in maniera sensibile anche il taglio del Fondo di istituto: nell’anno scolastico 2012/2013 un taglio del 30%, per il presente anno il bis: un ulteriore 30% sul poco rimasto. Le risorse presenti nel fondo dovrebbero pagare i lavoro aggiuntivo (rispetto all’orario di servizio) che ciascuno compie per rendere possibile il funzionamento della scuola.

Negli ultimi anni moltissime ore di lavoro effettivamente svolte non sono state retribuite o sono state retribuite in maniera del tutto insufficiente. Per giunta è prassi del ministero comunicare con ritardo inaccettabile la consistenza del fondo: ci si ritrova a programmare attività e incarichi senza sapere mai su quante risorse economiche si avranno a disposizione.

Secondo alcuni studi il salario reale di insegnanti e Ata è diminuito nell’ultimo quindicennio del 30%, vale a dire mediamente di circa 7000 euro annui.

Un dato preoccupante se si pensa che i lavoratori della scuola italiana sono tra i meno pagati d’Europa.

2. Meno soldi più lavoro

A fronte della pesante riduzione del salario, i carichi di lavoro per i lavoratori della scuola aumentano di anno in anno a causa, innanzitutto, dei tagli di personale che la scuola ha subito da parte di tutti i governi che si sono succeduti e che sull’impoverimento della scuola pubblica hanno conservato una impressionante continuità.

La condizione dei collaboratori scolastici in tal senso è tristemente emblematica: tagli anche del 50% del personale in alcuni plessi scolastici a fronte di carichi di lavoro rimasti immutati.

Gli insegnanti si trovano a fare i conti con nuove sigle (BES e DSA sono gli “ultimi prodotti” del lessico ministeriale) sotto le quali si nascondono maggior carichi di lavoro didattico e burocratico, nessun riconoscimento economico e nessuno stanziamento di risorse per la formazione. E quindi nessuna efficacia didattica.

Per il ministero basta nominare le problematiche (bisogni educativi specifici, disturbi specifici dell’apprendimento), mettere etichette ben visibili sugli alunni e – senza fare altro – per magia la complessità con la quale si devono fare i conti quotidianamente dovrebbe appianarsi.

Un modo bizzarro e inconcludente di affrontare i problemi.

3. Su la testa/ uscire dallo sconforto

Oltre una volontà chiara di rialzare la testa dopo anni di silenzio e di rospi ingoiati, sono emersi tutti interi lo sconforto e l’amarezza generati da anni di provvedimenti governativi di tagli e di riduzione del personale piovuti come pietre sui lavoratori tutti.

Anni durante i quali sono stati adottati provvedimenti improntati a cannibalismo salariale (mors tua, vita mea!) con l’assenso complice dei sindacati confederali: è il caso di mostri come il FIS, il fondo d’istituto, dove vanno a finire una QUOTA DI SALARIO DI TUTTI I LAVORATORI che poi verrà REDISTRIBUITA per meriti “gestionali”.

E’ stato proposto un momento di protesta pubblico che abbia come elemento unificante e rivendicativo, per tutta la categoria, la richiesta di aumento salariale, investimenti per la scuola, per chi in essa ci lavora e per le strutture necessarie, dalle aule, ai computer, ai corsi di aggiornamento retribuiti. Si sono anche, per l’ennesima volta, sentite parole che descrivono questo mestiere come “vocazione”, “missione”, concetto cui è stata espressa profonda contrarietà: insegnare è un mestiere, un bel mestiere, che necessita di grande motivazione. Un mestiere al quale deve essere restituita la degna condizione professionale: appunto investimenti e aumenti salariali.

Si è sottolineato come da una parte stiano i governi di ogni orientamento, avvicendatisi negli ultimi 20 anni, che a parole hanno tutti affermato di mettere al centro della propria azione la scuola, la cultura, mentre nei fatti l’hanno impoverita e svuotata.

Dall’altro, sta chi alla scuola pubblica tiene, vorrebbe trasformarla, rivoluzionarla, renderla più inclusiva, più legata al tessuto sociale, più all’altezza dei cambiamenti e delle sfide dei tempi -durissimi- in cui essa vive. In cui opera per formare, educare le donne e gli uomini di domani, a partire dalle piccole persone che sono oggi.

Sulla base di questi assunti, si è deciso di continuare questa forma di mobilitazione e di dare vita ad altri momenti di incontro e di coordinamento tra i lavoratori delle scuole di Bologna. Con l’ambizione di poter parlare ai lavoratori del Paese, nella consapevolezza che una lotta, per essere vincente, deve coinvolgere quanti più è possibile di coloro che vivono la condizione che la genera.

Questo resoconto è stato redatto da alcuni dei partecipanti all’Assemblea Autoconvocata ed è suscettibile di integrazioni.