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Sciopero docenti, Cua: “Blocchiamo l’ateneo, noi faremo la nostra parte”

Gli studenti ai prof: “Riusciremo a colmare l’abisso tra noi e voi?”, l’assemblea del comitato promotore prevista questo mercoledì alle 11.15 a Fisica “un’occasione per farlo”.

12 Settembre 2017 - 11:10

Scrive il Collettivo Universitario Autonomo: “In settimana si terranno (quasi contemporaneamente in varie Università del nostro paese) numerose assemblee indette dai docenti in sciopero degli esami. La mobilitazione, nelle sue richieste, è nota grazie anche all’attenzione mediatica di cui ha goduto e gode da mesi. Si chiede, prioritariamente e sinteticamente, lo sblocco degli scatti stipendiali e il riconoscimento degli stessi a fini giuridici. Sciopero che, in sé, non comporta quasi alcun problema, ragion per cui è piuttosto grottesca quest’isteria collettiva cui anche alcune associazioni studentesche hanno contribuito: l’appello perso verrà recuperato entro 14 giorni. Del resto l’esame, in quanto sede valutativa, rappresenta un nodo nevralgico della riproduzione accademica, e a chi piace questa università di guerre tra poveri, egoismi e saperi-merce di certo non va giù che si tocchino”.

Prosegue il testo: “Se dunque da un punto di vista meramente tecnico arrecherà pochi disagi, crediamo che dietro questo piccolo gesto di tanti professori e ricercatori si nasconda molto di più. La dignità dello studio e dell’insegnamento, oggi, è ben altrove che nella realtà di tutti i giorni. Purtroppo. Quasi una decade, ormai, di riforme spregiudicate e peggiorative ha gravemente invalso la possibilità, per la ricerca, il lavoro e lo studio accademici di rispondere a necessità sociali pregnanti. Siamo materialisti (non materiali): a queste idealità, nel succedersi di fasi storiche, ha conquistato spazio il discorso liberale prima e liberista poi. Ben prima dell’arrivo di Berlinguer, della Moratti, della Gelmini. Il problema dell’utilità collettiva e pubblica della conoscenza, in questi anni non a torto risorto – anche a Bologna, anche in Zona Universitaria, finchè vivrà di questa obliquità per cui in alto c’è il Sapere e in basso il Sociale si manterrà preda dei signori del governo.
E’ quello che diciamo da anni, è quello che proviamo – da anni – a mettere in dubbio: unzionalizzazione spregiudicata delle capacità, regimi valutativi dissennati, tempi di studio/lavoro asfissianti e asfittici, tagli e rincari ai servizi, dottorandi senza borsa, ricercatori con quanto basta appena per mangiare e pagarsi un affitto decente, professori a contratto costantemente ricattati e in gara “all’ultima pubblicazione”. Ultimamente lo abbiamo ben visto da vicino: a parte pochi coraggiosi, di fronte all’impellenza di prendere posizione, è quasi sempre più forte il meccanismo della competizione, quindi la necessità tattica del silenzio, nella promessa soggettiva del suono della propria voce che, ahinoi, di solito tarda proprio ad arrivare”.

Si chiedono dunque gli studenti: “Diritto allo studio, dignità della ricerca e dell’insegnamento: per cosa passano queste rivendicazioni? Com’è, come si svolge uno studio ed un insegnamento degno? Non crediamo siano domande da poco. Inseriamo allora un’altra parola, ben più grande di noi tutti e tutte messi assieme nelle nostre battaglie parziali: libertà. Libertà dai ricatti degli scatti, libertà dall’Anvur, libertà dai finanziamenti delle aziende, libertà dalle crisi di governo (che – una volta si diceva – non fossero le nostre, né dei docenti, né tantomeno degli studenti), libertà dalla competizione, libertà della guerra tra poveri, libertà dal discorso liberista. Per tutto questo c’è spazio in questa università? Assolutamente no. E’ da tutto ciò che però passa la possibilità delle nostre e vostre rivendicazioni. Mille milioni di euro sottratti agli scatti e mantenuti nelle casse dello Stato, voi non li avete visti. Bene, neanche noi. Però nell’ordine abbiamo visto: aumento annuale delle tasse, riduzioni alle borse di studio, servizi propriamente inaccessibili (la mensa di Piazza Puntoni non è un pretesto, è un esempio storico incontrovertibile), innesco di plurimi meccanismi di competizione e accelerazione, di subordinazione delle necessità sociali agli interessi privati del concistoro aziendalistico universitario. Patti di collaborazione all’insegna dell’utilizzo bellico delle conoscenze. Forse che tanti tagli rispondano semplicemente al bisogno, del Potere, di valorizzare solo ciò che gli è utile? Del resto che se ne fanno i potenti della dignità dell’insegnamento, dell’utilizzo pubblico, sociale e collettivo dei saperi? Niente, e laddove si obietta arrivano le punizioni”.

Prosegue il collettivo: “Nei mesi scorsi molti studenti e studentesse sono stati colpiti da provvedimenti disciplinari in risposta ad alcune iniziative collettive di centinaia di studenti. Per mesi non hanno potuto e non possono tuttora sostenere esami e addirittura laurearsi. Cosa chiedevano se non proprio condizioni di vera dignità? Cosa se non il semplice spazio per dire, per sostenere che così non si può andare avanti? Non vogliamo suoni come una minaccia, ma come un sincero monito: ieri è toccato a noi, domani potrebbe toccare a chiunque più pervicacemente dirà ‘vogliamo più soldi di questo stipendio da fame per condurre le nostre ricerche…'”.

Si legge poi: “Nell’auspicio di camminare assieme contro chi al vertice dell’Università e dello stato squalifica i saperi, troppo impegnato a privilegiare gli interessi economici, saremo in grado di superare questo abisso che sembra stagliarsi tra noi e voi? Abbiamo un’occasione per farlo: l’assemblea di mercoledì 13 Settembre alle ore 11.15 che si terrà presso l’Aula magna del Dipartimento di Fisica sita in via Irnerio 46 (convocata dal Coordinamento bolognese del Movimento per la dignità della docenza universitaria, ndr). Se in quella assemblea ci si darà soltanto l’obiettivo di convincere gli studenti della giustezza di queste rivendicazioni sarà un’occasione persa. Va bene lo sciopero. Non è in discussione. Anzi è troppo poco. Ma soltanto se si coglie l’altezza della sfida complessiva, soltanto se si traccia nettamente il confine di inimicizia. Se oggi si sciopera e domani si sostiene il Senato Accademico che sospende decine di studenti per lotte altrettanto importanti; si tace di fronte alle vertenze studentesche su servizi e i bisogni (quella contro il nuovo calcolo Isee o quella sul caro mensa, giusto per citare due battaglie importanti degli ultimi anni); o ancora si resta indifferenti mentre in sempre più facoltà dilaga il numero chiuso; se così sarà gli studenti e le studentesse non capiranno, parleranno di privilegi, di corporativismo. Cose che in questi giorni di confronto avete rigettato con forza. E noi vi vogliamo credere, ma capiamoci, quando sono gli studenti a parlare di corporativismo non si riferiscono alla giustezza della vertenza che state portando avanti, ma alla capacità/volontà di inserirla all’interno di un ragionamento complessivo, alla capacità/volontà di intrecciarla con le rivendicazioni degli altri soggetti sfruttati all’interno di questa università. Poi non siamo ingenui, ne abbiamo fatte tante di vertenze, e molte le abbiamo vinte: sappiamo che le vertenze hanno delle priorità e vanno vinte, ma cominciamo ad inserirla all’interno di un attacco complessivo da sferrare contro questa università che non piace a noi come a voi o altrimenti verrà ancora una volta meno la fiducia che, forse, cercate”.

Conclude il Cua: “Noi faremo la nostra parte, sbloccate gli scatti, ma blocchiamo quest’università.
Ci vediamo il 13 settembre e invitiamo tutti gli studenti e le studentesse a partecipare”.