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Roma / ”Libertà per Öcalan!” [foto]

Almeno 1500 persone in corteo per chiedere la liberazione del fondatore del Pkk e di tutti i prigionieri politici, mentre si attendono le udienze sulla sorveglianza speciale a sei internazionalisti rientrati dalla Siria, dove è sotto assedio l’ultimo villaggio controllato da daesh.

17 Febbraio 2019 - 17:15

Sono vent’anni che Apo è detenuto in isolamento su un’isola turca. Apo è come lo chiamano tutti i curdi, per il resto del mondo è Abdullah Öcalan, fondatore negli anni 70 del Partito curdo dei lavoratori (Pkk) e ora ispiratore del Confederalismo democratico, l’ideale ugualitario di società che ispira la guerriglia del Pkk in Turchia e Iraq e la rivoluzione in atto nella Siria del Nord. E’ stata in carcere per quasi un anno anche Leyla Güven, attivista curda eletta nel parlamento turco, arrestata per essersi opposta all’invasione del cantone curdo-siriano di Afrin, ed è in sciopero della fame da oltre 100 giorni per chiedere la fine dell’isolamento di Öcalan. Una protesta che è continuata anche dopo la recente scarcerazione.

Per la loro lotta, per la liberazione di tutti i prigionieri politici, per la rivoluzione in Siria del Nord e contro Erdogan sono scese in strada ieri pomeriggio a Roma almeno millecinquecento persone, in un corteo che da piazza dell’Esquilino ha raggiunto piazza della Madonna di Loreto percorrento via Cavour e viale dei Fori Imperiali.

Tra gli interventi risuonati dal camion in testa al corteo, quello delle e degli internazionalisti rientrati in Italia dopo aver combattuto in Siria contro daesh e che ora rischiano un provvedimento di sorveglianza speciale: per cinque di loro l’udienza al Tribunale di sorveglianza di Torino è fissata per il 25 marzo, per un sesto si esprimeranno i giudici cagliaritani. E’ intervenuto anche Hatip Dicle, co-presidente con Leyla Güven del Congresso per una società democratica, l’organismo che raccoglie i delegati delle assemblee popolari del Kurdistan del Nord, ossia quello sotto il giogo di Ankara: “Il medioriente – ha detto – dovrebbe essere una regione che non ha i confini rigidi propri di uno stato-nazione e nella quale viene praticato un sistema sociale, ecologico e democratico in cui la libertà e l’uguaglianza delle donne operano pienamente. Oggi, gli obiettivi di questa strategia sono stati seminati in Rojava”.

Infine, è stato letto un messaggio dell’Unione delle Comunità del Kurdistan, l’organizzazione transnazionale a cui fanno riferimento il Pkk, il Pyd siriano (a cui si deve la fondazione delle unità di protezione Ypg e Ypj), il Pjak iraniano e il Pçdk iracheno: “La vittoria appartiene al socialismo, al confederalismo democratico, ai rivoluzionari, che resistono contro il fascismo, ai nostri compagni amanti della libertà in tutto il mondo come Leyla Güven e agli altri compagni in sciopero della fame. In questo senso, salutiamo la vostra marcia, la vostra determinazione e la vostra insistenza sulla rivoluzione, sulla democrazia e sulla libertà”, è la conclusione del messaggio.

Sul fronte siriano, intanto, sono giorni decisivi: le Sdf curdo-arabe stanno assediando l’ultimo villaggio in mano a daesh, con la difficoltà di dover affrontare l’esodo di centinaia di civili tra i quali è molto difficile capire se si nascondano i miliziani jihadisti. In un tweet, poche ore fa, il presidente americano ha ribadito l’intenzione di disimpegnarsi dalla Siria, nonostante la contrarietà del Pentagono, esponendo quindi le donne e gli uomini che hanno liberato tutto il Nord del paese al rischio di una riorganizzazione del fu Califfato e a quello di nuove invasioni turche dei territori della Federazione democratica della Siria del Nord.

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Libertà per Ocalan!