Acabnews Bologna

Otto marzo sciopero delle donne,
a febbraio ”appuntamento nazionale a Bologna”

Sarà in città la prima tappa per costruire una giornata “in cui sperimentare forme di blocco della produzione e riproduzione sociale”, come “pratica femminista a partire dalle forme specifiche di violenza, discriminazione e sfruttumento” vissute quotidianamente.

04 Dicembre 2016 - 16:43

Non una di meno - © Michele Lapini“Per definire insieme la costruzione e le tappe di avvicinamento allo sciopero delle donne e per proseguire il lavoro di definizione del Piano femminista anti-violenza, si è deciso di rilanciare per il 4 e 5 febbraio la riconvocazione di un nuovo appuntamento nazionale a Bologna. Abbiamo messo in campo una storica sfida ed ora è impossibile fermarci!”.

L’annuncio è nel comunicato unitario diffuso a una settimana dal successo della manifestazione “Non una di meno” di sabato 26 novembre e della successiva giornata di incontro e dibattito negli spazi dell’università La Sapienza.

Si legge nel testo: “Non è questo il tempo di fare bilanci. Ciò che è accaduto il 26 e 27 novembre a Roma è solo l’inizio di un nuovo e potente movimento femminista. Ora la sfida è tutta in avanti. Proviamo quindi a restituire il senso di quello che sta accadendo attraverso alcune parole-chiave, utili a leggere un processo in divenire, prorompente e promettente: già nello slogan, mutuato dalle sorelle argentine, è contenuto il respiro immediatamente globale di questo rinascente movimento femminista internazionale. Già è chiaro il rovesciamento prospettico prodotto da una piazza immensa, molteplice, corale: non una donna ammazzata o maltrattata di più, certo, ma non ci basta! Vogliamo ‘Non una di meno’ a occupare lo spazio pubblico, a riprendersi la decisione sul corpo e sulla vita, a incarnare la forza – immensa – delle donne. La retorica del vittimismo è funzionale al nostro addomesticamento e alla marginalizzazione nel discorso pubblico e nei rapporti sociali e quindi la rifiutiamo. La potenza politica delle donne invade le strade e sovverte l’ordine del discorso. Nel pieno di una campagna referendaria che evidenzia nei toni e nei modi la sconfitta della politica istituzionale, abbiamo avuto il coraggio e la forza di mettere al centro la radicalità e l’autonomia di pratiche e di analisi fondate unicamente sulla verità delle nostre vite, della nostra rabbia, del nostro desiderio, aprendo un conflitto esplicito con tutte le strutture del patriarcato in crisi: per questo, e non solo per misoginia, l’informazione ci ha oscurato. Tre generazioni di donne si sono incontrate e hanno costruito uno spazio pubblico aperto a chi combatte e subisce la violenza maschile sulle donne, in quanto dispositivo di controllo, problema strutturale e trasversale alla vita intera, limite inaggirabile alla trasformazione dell’esistente. L’elemento caratterizzante del 26 novembre è stata la molteplicità e la complicità tra soggettività femministe e transfemministe queer differenti e solidali a partire da un sentire e uno slancio comuni. E’ esplosa in una piazza con più di 200mila persone ed è diventata marea”.

“E la marea si è fatta immediatamente laboratorio di proposta politica”, proseguono le femministe, rimarcando come “nell’assemblea per tavoli del 27 novembre più di mille donne hanno dato vita al primo momento di confronto e di scrittura del ‘Piano femminista contro la violenza’. Negli otto tavoli tematici si sono tracciate le prime linee di quello che si candida a essere non solo uno strumento autorevole di riconfigurazione, nel merito e nel metodo, della definizione delle politiche istituzionali sulla violenza, ma anche e soprattutto uno strumento di trasformazione e di lotta complessivo, sui temi dell’autodeterminazione, della salute, della libertà di scelta, del lavoro, del welfare, dell’educazione, delle pari opportunità, dell’immaginario/narrazione. Il processo programmatico non è quindi slegato dalla costruzione di mobilitazione. Un lavoro prezioso da costruire insieme per definire obiettivi concreti, a partire dalle nostre condizioni di vita e di lavoro, per non perdere di vista che ciò che desideriamo è un cambiamento radicale e complessivo in una fase di forte arretramento politico, sociale, culturale ed economico.

I tavoli e la successiva assemblea plenaria, accogliendo un appello delle donne argentine “che ha già l’adesione di oltre 22 paesi”, hanno quindi deciso di partecipare alla costruzione di uno sciopero globale delle donne per il prossimo 8 marzo: “Sarà l’occasione inedita in cui sperimentare forme di blocco della produzione e riproduzione sociale, in cui praticare lo sciopero dei generi e dai generi, reinventando lo sciopero come vera e propria pratica femminista a partire dalle forme specifiche di violenza, discriminazione e sfruttamento che viviamo quotidianamente nei luoghi di lavoro e della riproduzione sociale. Uno sciopero in cui riaffermare la nostra forza a partire dalla nostra sottrazione: una giornata senza di noi, in cui rivendicare con forza che ‘se le nostre vite non valgono, allora non produciamo!’“.