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“L’Emilia Romagna non è la terra dell’ospitalità”

Lo dice il Coordinamento Migranti, annunciando un corteo per sabato 15 febbraio. Intanto tra negazioni di domicilio di cittadinanza, ritardi nel rilascio dei permessi di soggiorno e, al contrario, velocizzazione delle procedure di espulsione, le questure “fanno passi avanti nel razzismo istituzionale”.

17 Gennaio 2020 - 18:02

“Davvero si può ancora tacere sulla condizione materiale dei migranti in questa regione? Davvero e’ sempre e solo colpa di Salvini?”. A chiederlo è il Coordinamento Migranti di Bologna, oggi in conferenza stampa in vista del corteo “contro razzismo e sfruttamento” annunciato per il prossimo 15 febbraio, sottolineando che “l’Emilia-Romagna non è la terra dell’ospitalità come si dice”, in regione c’è anche “una finta accoglienza, perché non ti dà dignità: i migranti non sono considerati e riconosciuti”, ma di questo “per il candidato Bonaccini non è il momento di parlare”.

Recita il comunicato di convocazione del corteo: “Abbiamo toccato terra dopo aver attraversato il mare. In Libia abbiamo affrontato carcerieri e stupratori e in Italia ministri che, pur di fermarci, hanno chiuso i porti e si sono accordati con chi ci vende come schiavi. Eppure, noi donne e uomini migranti a terra ci siamo arrivati lo stesso. A terra però dobbiamo continuare a lottare per non ricevere un diniego, per non essere sbattuti fuori dall’accoglienza, per non essere ricattate, sfruttate e molestate al lavoro, per non perdere i documenti e diventare clandestini. Per questo, sabato 15 febbraio scenderemo in piazza a Bologna contro il razzismo e lo sfruttamento che mettono di nuovo in pericolo la nostra vita! Abbiamo costruito un percorso di assemblee che coinvolge comunità e associazioni, richiedenti asilo, lavoratori e lavoratrici migranti, che sanno che la svolta promessa dal governo non è mai avvenuta, che Salvini non c’è più ma i suoi decreti ci sono ancora e vanno cancellati, che non basta liberarsi di un ministro se il razzismo sta nelle leggi e nei modi in cui veniamo trattati, anche quando veniamo accolti. Per questo manifesteremo! Per rifiutare questa condizione di ricatto e sfruttamento che riguarda tutto il lavoro, migrante e non”.

“Già da tempo – prosegue il testo – il governo ha gettato la maschera dell’umanità. Il permesso umanitario non ci sarà più e chi lo ha rischia di finire per strada. Richiedenti asilo e rifugiati vengono spostati in centri d’accoglienza che assomigliano a carceri come quello di via Mattei. I nuovi permessi speciali vengono concessi raramente e i dinieghi sono in aumento, mentre nuovi centri di espulsione sono in costruzione e nessuno parla più di Ius soli, Ius culturae e cittadinanza. Manifesteremo perché non siamo e non vogliamo essere né bersagli del razzismo né vittime da proteggere! Ci avevano detto di rimanere in silenzio, perché così ci saremmo meritati accoglienza e integrazione. Ma alle favole non abbiamo mai creduto e faticosamente abbiamo costruito una vita in questo paese nonostante la precarietà del lavoro in fabbrica, nei magazzini e nelle case, nonostante il razzismo che giustifica salari più bassi, condizioni di lavoro peggiori e affitti più alti, nonostante sia sempre più difficile e costoso rinnovare il permesso di soggiorno e ottenere la cittadinanza. Intanto, scioperi e blocchi vengono criminalizzati mentre ci dicono che di noi hanno bisogno solo per farci fare lavori da fame. Manifesteremo per rifiutare questa condizione di sfruttamento!”

Si legge in conclusione: “Questo è il tempo di dire insieme no! No al razzismo che sta nelle leggi, nelle questure, al lavoro, nelle case, nei centri di accoglienza e per strada. Non solo in questa città, non solo in questo paese. È il tempo di organizzare insieme il nostro rifiuto, di unire la nostra lotta alle donne e agli uomini che ogni giorno in Europa lottano contro il razzismo scioperando e attraversando i confini, di rivendicare un permesso di soggiorno europeo incondizionato. Per questo, con le comunità e le associazioni insieme al coordinamento migranti chiediamo a tutte e tutti, migranti e italiani, di partecipare alla manifestazione del 15 febbraio. Chi vuole riempire le piazze di antirazzismo deve sapere che non può fare a meno di noi. Noi saremo in piazza per riprenderci la libertà per la quale siamo partiti. Sosteneteci e scendete in piazza con noi perché la nostra è una battaglia di tutte e tutti”.

A chiamare la manifestazione, insieme al Coordinamento Migranti, sono ASCAI Bologna associazione camerunense, associazione Benininesi per la fraternità, associazione Lavoratori marocchini in Italia, associazione senegalese Chaikh/Anta Diop, comunità del Sierra Leone, comunità Gambiana di Bologna, comunità Nigeriana di Bologna, comunità Pakistana Bologna, coordinamento Eritrea Democratica, Diaspora guineana dell’Emilia-Romagna, Diaspora ivoriana dell’Emilia-Romagna, Yérédemeton comunità maliana. Si sono inoltre aggiunte le adesioni di Scuola Aprimondo, Arci Bologna, associazione Bianca Guidetti Serra, B-Side Pride, Centro Poggeschi Odv, circolo anarchico C. Berneri, Pratello R’esiste, Rete Jin Bologna, Rete non violenta “Portico della Pace”, connessioniprecarie.org, Sokos associazione per l’assistenza a emarginati e immigrati. Sportello stranieri Cittadinanza attiva, Vag61 spazio libero autogestito, Usi Unione Sindacale Italiana.

Giovedì il Coordinamento Migranti ha inoltre pubblicato sul suo sito un nuovo approfondimento per denunciare “come le prefetture e le questure della regione delle opportunità siano coordinate per agire arbitrariamente e ostacolare quotidianamente la vita delle donne e degli uomini migranti. Il tutto nel silenzio più assoluto della regione, del suo governatore, della sua maggioranza in assemblea regionale. Se hanno così tanta cura del benessere degli emiliano-romagnoli perché non curarsi anche delle condizioni di vita e di lavoro di chi – pur non essendo cittadino e non votando – produce circa il 12% del PIL della regione? Tutto è iniziato anni fa, con la pratica dei controlli dei contributi versati all’INPS, pratica attraverso la quale la questura di Bologna, prima, successivamente le questure della regione, intendono ostacolare in ogni modo il rinnovo del permesso per lavoro. Da allora a Bologna e in altre città le questure hanno fatto numerosi passi in avanti nel razzismo istituzionale. Eccone quattro, fra i più importanti”

Innanzitutto la politica di negazione del domicilio: “La legge prevede l’auto-certificazione di domicilio affinché i richiedenti asilo possano ottenere e rinnovare il permesso in attesa della decisione della commissione. Invece, diverse questure della regione impongono arbitrariamente ai migranti di fornire documenti contro-firmati da proprietari di casa e – se presenti – di chi è titolare del contratto di affitto. Negano persino la possibilità di avere il domicilio presso sedi di associazioni”

Poi la politica di negazione della cittadinanza: “I diritti per i migranti non sono un’opportunità se è vero che la Prefettura di Bologna – e tutto lascia pensare che accada anche in altre – non soltanto impiega più di 8 mesi prima di controllare le domande inviate telematicamente prima che queste vengano prese in carico dal Ministero dell’Interno, ma spesso invia tramite email dichiarazioni di inammissibilità della domanda senza alcun preavviso, senza cioè aprire un contenzioso con il richiedente affinché sani eventuali mancanze o errori nei documenti, come previsto invece dalla legge”.

Segue la politica dei ritardi nel rinnovo del permesso: “La legge stabilisce un massimo di sessanta giorni per rinnovare il permesso. Invece le questure della regione impiegano molto più tempo, in alcuni casi da sei mesi fino a otto mesi o anche più. Addirittura, nel caso di Bologna, consegnata la domanda di rinnovo alle poste passano oltre due mesi per essere chiamati a rilasciare le impronte. Lo spropositato allungamento dei tempi nel rinnovo dei permessi riguarda anche i richiedenti asilo in attesa della commissione o dell’esito del ricorso”.

Infine la politica veloce del decreto di espulsione: “Per i richiedenti asilo, al danno dei ritardi nella consegna e nel rinnovo dei permessi, si aggiunge la beffa: quando le questure comunicano l’inammissibilità della domanda di asilo l’accompagnano a un decreto di espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera, ovvero all’aeroporto di Bologna, senza consentire al richiedente di impugnare la decisione nel termine concesso dalla legge”.