Storia e memoria

Le scarpe rotte di piazza Alimonda

A Genova il 20 luglio per non dimenticare l’assassinio di Carlo Giuliani. Sono passati 17 anni, ma ci sono ancora tanti corvi sempre pronti a rimestare.

21 Luglio 2018 - 17:31

“Cosa pretendi da un paese che ha la forma di una scarpa?”, la domanda dissonante con cui gli Altera hanno aperto quest’anno la giornata a Genova del 20 luglio per ricordare Carlo Giuliani è forse la più adatta per descrivere come in questi tempi le inclinazioni politiche fascio-leghiste, ben assimilate al qualunquismo 2.0 dei pentastellati, abbiano reso normali gli istinti sociali più beceri e razzisti, insieme all’indifferenza con cui si guardano persone disperate affogare in un mare che si è trasformato in una fossa comune. Ma la “poesia elettrica” del gruppo rock genovese si interroga sulla parte più affiorante dello schifo, coi suoi testi e le sue note rabbiose non può scandagliare tutte le sconcezze che si diffondono nell’odierna quotidianità.

Però queste porcherie si stanno moltiplicando e bisogna raccontarle con tutti i mezzi.

Genova 20 luglio 2018: l’Enel, con la compiacenza dell’amministrazione comunale, non attiva l’attacco della corrente elettrica necessaria per amplificare le parole e i suoni dal palco di piazza Alimonda. Questa si chiama lesione al diritto di manifestare. Se non fosse stato per gli esercenti di un bar che si trova nelle vicinanze, quest’anno Carlo si sarebbe ricordato in silenzio.

Genova 20 luglio 2018: a pochi passi dalla caserma di Bolzaneto, il luogo passato tristemente alla storia per le torture praticate nel 2001 nei confronti dei manifestanti fermati durante i cortei contro il G8, un gruppo di poliziotti del sindacato Fsp-Ugl se ne sta lì a “contromanifestare”. Non va loro giù che ogni anno gli amici e i compagni di Carlo si ritrovino in piazza Alimonda “in una manifestazione per l’illegalità, consentendo a pochi nostalgici di inscenare una celebrazione che va contro ogni verità… Non si può consentire di esaltare come fosse un martire la figura di una persona che ha commesso fatti gravissimi… E’ inaccettabile che ancora oggi, nessuno, tranne noi, abbia il coraggio di rivendicare una verità accertata e conclamata, mentre in piazza Alimonda si continua a celebrare una messa laica da parte di chi ha stravolto la realtà e, ogni anno, diffama direttamente o indirettamente l’operato delle Forze dell’Ordine portando onore a chi attentò alla vita di un servitore dello Stato”. A tal proposito, hanno lanciato pure un appello al sindaco e alla nuova amministrazione comunale affinché venga rimosso quel “cippo dell’illegalità, dedicato a Carlo Giuliani, che rappresenta un esempio di cosa non bisogna fare… lui è morto in circostanze delittuose in cui si è venuto a trovare per sua precisa scelta e questo va detto soprattutto ai nostri giovani… Ripetiamo con forza che l’allora Carabiniere Ausiliario Mario Placanica sparò per legittima difesa…. Nonostante tutto questo, oggi di Mario Placanica nessuno praticamente si ricorda più, mentre in piazza Alimonda a Genova campeggia un cippo commemorativo alla memoria di Carlo Giuliani il cui onore fu di aver attentato alla vita di un appartenente delle Forze dell’Ordine.

Non si meritano nemmeno un commento questi signori “vestiti uguali” che richiedono altresì che il reato di tortura non sia introdotto perché, altrimenti, come pensa la Meloni, il lavoro del poliziotto non si può fare.

“E’ una licenza liberatoria per chi, nel cervello, invece delle rotelline, c’ha dei manganelli”, non si riesce a trattenere, da vecchio toscanaccio, un compagno che, dal giorno dell’assassinio di Carlo, non ha mai mancato un anno all’appuntamento in piazza Alimonda.

Genova 20 luglio 2018: “La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l’onda / ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonda”. Quel “quasi normale” che Francesco Guccini cantava nel suo brano intitolato alla piazza dove Carlo fu assassinato suona come un presagio. Chissà se si trattava di un presentimento, ma oggi, purtroppo, la normalità è rappresentata anche dal fatto che CasaPound ad aprire la sua sede in via Armenia, a poche decine di metri da piazza Alimonda, ci è riuscita.

Sulla balaustra della chiesa della piazza è stato issato il grande striscione rosso e nero di “Genova antifascista”, è bello e luccicante, il sole ci si riflette. Era alla testa del grande corteo contro l’apertura di sedi fasciste del febbraio scorso. Tante persone avevano partecipato a quella manifestazione, anche se quella battaglia non è stata vinta, di certo non è ancora finita.

Genova 20 luglio 2018: dal palco di piazza Alimonda cantano “Mi hanno rubato un prete”, non ci vuole Eistein per capire che si parla di don Gallo.

Manca il “don”, tanto… Come sapeva riconoscere gli ultimi lui e farne una priorità non c’era nessuno. Come sapeva suonare la carica della resistenza e del bisogno di ribellione è cosa altrettanto evidente. Per forza, nessuno lo vuole scordare.

I segnali per questo 20 luglio non sembravano propizi. Alla fine le 3/400 persone in piazza ci sono venute. Sono i numeri degli ultimi anni, non quelli necessari, ma nemmeno quelli di uno “sbragamento”. Alcuni dei presenti speravano in una scossa, in un rinserrare le fila rispetto ai tempi che stiamo vivendo. Ma il sussulto resistenziale non si è dato.

Una compagna che non è mancata quasi mai non ci sta: “Ho in corpo rabbia feroce nel vedere lo schifo di questo paese che si è dimenticato tutto o peggio ancora l’ha assimilato, normalizzato e fatto diventare semplice conseguenza… Morire come è successo a Carlo, e prima ancora a Francesco l’11 marzo, non può essere accettato come normale conseguenza al dissenso, qualunque sia la forma che si utilizza per manifestarlo… Devo dire la verità, dopo diciassette anni avrei sperato di non dover più sprecare voce e parole scritte… ma è molto peggio di come avrei creduto… Sono molto arrabbiata con chi ha smesso di venire in piazza Alimonda, con chi si limita a quattro post su Facebook per il 20 di luglio, con me stessa per non aver fatto abbastanza, con la mia stanchezza… Mi rendo conto che non ho più la forza di spiegare. Per questo sento il bisogno di tornare a Genova ogni anno, di venire qui e farmi insegnare come si fa da questa meravigliosa famiglia dei Giuliani. Haidi, Giuliano, Elena e adesso anche i suoi bambini… Con loro mi sento di far parte di una famiglia che percepisco come mia… Una famiglia allargata, il 20 luglio, in piazza Alimonda. Qui ritrovo abbracci, sorrisi e poi ci sono sempre le lacrime e con queste attenuo un poco la mia rabbia. Oggi però non sono bastate…”.

Sul palco sale Alessio Lega, canta e racconta come è tornare a Genova. Comincia con “L’uomo dell’ombrello”, un’elegia per Idy Diene, il senegalese, venditore di ombrelli, ammazzato a Firenze. E’ una poesia che fa pensare, un pugno in faccia all’indifferenza:

Ho accusato i razzisti, osceni di potere,

chi fa strame e non bada che sta gettando noccioline

al mostro della Storia, che ci sbranerà ancora una volta.

Vi ho accusato fascisti del terzo millennio, che siete pochi, pochissimi

e per quanto pochissimi appestate l’aria di lezzo di morte

ma siete come il proiettile, inutile orrore

di cui è carica la grande pistola sociale

carica e pronta ancora a sparare….”

E poi c’è “Piazza Carlo Giuliani”, prima delle 17 e 27.

E conclude: “Ho sentito parlare qualcuno che oggi è ancora qui con i sandali del 20 luglio 2001… Non è un buon segno se le scarpe sono ancora buone come allora… Significa che abbiamo fatto tanti passi indietro… Per camminare in avanti le scarpe devono invecchiare, si devono rompere… ve lo ricordate ‘scarpe rotte eppur bisogna andar’?”.