Attualità

Lavoro, se le partite Iva si coalizzano

Contro il sistema punitivo nei confronti di freelance e professionisti che non rientrano nell’impiego subordinato arriva la “Carta dei diritti e dei principi del lavoro autonomo e indipendente”.

07 Gennaio 2016 - 15:35

Si scrive precarietà, si legge sfruttamento (repertorio Zic)(di Giulia Bucalossi da Zeroviolenza)

La vulgata del lavoratore autonomo come un professionista di alto lignaggio, danaroso e ben inserito in solide corporazioni pronte a tutelarne le preziose ed esclusive competenze così come la rispettabilità sociale di una cerchia esclusiva, può essere considerata retaggio di tempi remoti.

Eppure oggi, come esito delle ben note trasformazioni tecnologiche e produttive degli ultimi decenni, il mercato del lavoro in generale e la situazione di freelance e professionisti in particolare è notevolmente cambiata, basti pensare alla fortunata definizione, coniata da Sergio Bologna e Andrea Fumagalli, di “lavoro autonomo di seconda generazione”.

In Italia il lavoro indipendente nelle sue varie accezioni rappresenterebbe circa un quarto degli occupati, significativamente superiore al 10% di Francia e Germania (il condizionale è d’obbligo stante la scarsa attenzione della statistica ufficiale al fenomeno). In questi anni di crisi (2007-2011) la componente imprenditoriale del lavoro autonomo (piccoli artigiani e commercianti, ad esempio) ha subito un drastico ridimensionamento (-27%) mentre ha resistito ed anzi è cresciuta la componente del lavoro indipendente (+7%).
La dimensione quantitativa del fenomeno però è assolutamente secondaria rispetto alla potenza della dimensione soggettiva che il lavoratore autonomo sta scoprendo. In questa era di crisi il lavoratore autonomo è orgoglioso delle proprie competenze. Spesso ha studiato anni, con mille sacrifici. Ha rischiato, a volte azzardato, in un contesto mortifero di recessione, difficoltà di accesso al credito, politiche di tagli ai servizi e agli investimenti pubblici anche nei settori fondamentali della formazione, della salute, della tutela del patrimonio culturale e ambientale.

Il degrado del sistema economico si accompagna ad un assetto complessivo della fiscalità da un lato e di un welfare dall’altro, che risultano addirittura punitivi nei confronti di quei lavoratori che non rientrano nei canoni del lavoro subordinato e delle tutele ad esso ancora riconosciute seppure con attacchi sempre più incisivi ed efficaci.

Sul lato della fiscalità, basti riportare uno stralcio dello studio della CNA dal titolo Il fisco non è uguale: “Un reddito da 10mila euro annui è esente per il lavoratore dipendente. Gli stessi 10mila euro sono tassati al 16,6% per imprenditori individuali in contabilità semplificata e professionisti, addirittura al 26,5% per l’imprenditore in contabilità ordinaria”. Con buona pace di un principio fondamentale del dettato costituzionale che sancisce la progressività delle imposte.

Sul lato della previdenza la situazione è talmente ingiusta da risultare paradossale.

In generale viviamo un degrado tale del sistema previdenziale che lo stesso Boeri lancia l’allarme sull’inadeguatezza del futuro pensionistico, in generale per i 30-35enni che vedranno calcolata la loro pensione interamente con il sistema contributivo ed in particolare per quanti, nell’era della precarietà, hanno avuto e avranno carriere discontinue.

Per i lavoratori autonomi, a cui pure ovviamente si applica il sistema contributivo, la situazione è esacerbata dal fatto che il peso dei contributi non è diviso con alcun datore di lavoro ma ricade esclusivamente sulle proprie spalle tanto per i professionisti iscritti alle specifiche casse, quanto per quelli che confluiscono nella gestione separata dell’INPS. Le casse, dai tempi della riforma Fornero ad oggi, vivono sotto la pressione costante di una sostenibilità finanziaria che ha drasticamente limitato la generosità delle prestazioni in passato offerte ai propri iscritti, mentre la gestione separata INPS ha visto un costante aumento della aliquota contributiva fino al 27,72% del 2015 (il previsto aumento per il 2016 è stato temporaneamente bloccato). In entrambi i casi si paga tantissimo per prendere poco o niente. Bassa la pensione, nulli gli ammortizzatori sociali.

Le difficoltà di sociologi, statistici, economisti e ovviamente politici nel prendere le misure di questo variegato e frastagliato universo stanno, tuttavia, per essere messe all’angolo dalla capacità dei lavoratori autonomi che in prima persona si riconoscono, ricercano con caparbietà un terreno comune tra le mille differenze di definizione legale, di casse previdenziali, di regimi fiscali. Il 27 gennaio 2015, per la prima volta, la Mobilitazione Generale Avvocati, rete nata e cresciuta grazie ai social network, si è materializzata davanti alla sede della Cassa Forense di Roma dove ha organizzato un presidio di protesta “togato” contro la vessatoria clausola che prevede la cancellazione perenne dall’Ordine degli Avvocati per coloro che risultino inadempienti con l’obbligo di versamento dei contributi. Una vera e propria esclusione per censo, dal momento le casse stabiliscono un soglia minima che va comunque pagata e che per i redditi più bassi rappresenta una mannaia.

Il presidio si è svolto sotto forma di un lungo e partecipato speakers’ corner durante il quale le decine e decine di partecipanti accorsi da tutta Italia si sono alternati in una staffetta di interventi ognuno dei quali ha contributo a dare il senso delle piccole e grandi difficoltà che ognuno incontra nella propria quotidianità professionale. La protesta è rimasta per lo più inascoltata dai vertici della Cassa Forense, ma l’assemblea del pomeriggio stesso si è popolata inaspettatamente di numerosi sodali che lamentavano le stesse problematiche.

Architetti iscritti ad Inarcassa, il Comitato Professioni Tecniche-Ingegneri e Architetti, gli archivisti di ANAI, i parafarmacisti, i geometri e ovviamente le giovani partite iva del regime dei minimi, i collaboratori iscritti alla gestione separata INPS, i dottorandi e i ricercatori non strutturati che stanno sperimentando forme di nuova attivazione sindacale come le Camere del Lavoro Autonomo e Precario e la Rete per lo Sciopero sociale.

Nasceva così la Coalizione 27f che da allora non ha smesso di portare in giro la propria protesta e i propri contenuti con la formula dello speakers’ corner itinerante. Le storie, i volti e gli avatar degli strikers si sono materializzati sui social network, così come sotto il Ministero del Lavoro, dove hanno incontrato il sottosegretario Paolo Pennesi, e infine sotto la sede generale dell’INPS, dove il presidente Boeri ha ascoltato, preso nota e anticipato in risposta alle nostre istanze i contenuti di quella che sarebbe stata pochi mesi dopo la sua proposta dal titolo “Non per cassa ma per equità”.

Da allora la Coalizione 27f si è allargata al confronto con altre e diverse associazioni di lavoratori autonomi (ACTA-Consulenti del Terziario Avanzato, Confprofessioni) che da anni portano avanti importanti battaglie, una fra tutte quella sul riconoscimento della malattia grave e prolungata. Anche da questo confronto è nata l’idea di una stesura collettiva di una “Carta dei diritti e dei principi del lavoro autonomo e indipendente”.

Mentre il Governo presenta dall’alto la sua bozza di Statuto del lavoro autonomo in forma di DDL collegato alla Legge di Stabilità, per tutti i lavoratori autonomi compresi, professionisti ordinisti e collaboratori ex progetto che rischiano di rimanerne tagliati fuori, è giunto il momento di un confronto il più ampio possibile sui principi di un mondo del lavoro ai più misconosciuto e sui nuovi diritti da conquistare, in primis un welfare universale, per avanzare sul terreno dell’equità e della solidarietà come lavoratori e cittadini.
La scrittura della Carta vuole sarà un processo aperto per cercare soluzioni comuni a problemi comuni.

Sul neonato blog della Coalizione 27f la prima bozza e presto tutte le indicazioni per seguire le prossime iniziative e mobilitazioni.