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L’Argentina va a destra, e l’Alma Mater premia Macri

Il rettore conferirà il Sigillum magnum al presidente sudamericano, protagonista di una pesante offensiva neoliberista. Intanto i Docenti preoccupati: con le ronde “deriva securitaria”. Ieri a Scienze politiche un “check point” contro la guerra.

08 Marzo 2016 - 11:32

(foto: Twice25 & Rinina25)Mentre in Argentina ci sono attivisti politici a cui si spara durante un’assemblea pubblica e il paese fa i conti con la pesante offensiva neoliberista della destra al governo, l’Ateneo di Bologna non trova di meglio da fare che conferire il “Sigillum magnum” dell’Alma Mater al presidente Mauricio Macri. Il rettore Francesco Ubertini lo ha incontrato qualche giorno fa a Roma (nel corso del viaggio compiuto da Macri in Italia per incontrare il Papa) e gli ha annunciato direttamente questa sua intenzione. Durante il colloquio “i due hanno avuto modo di parlare del ruolo e del futuro della sede di Buenos Aires dell’Alma Mater a 18 anni dalla sua fondazione- ha spiegato l’Università- e, in una prospettiva piu’ ampia, di innovazione e ricerca e dei rapporti culturali tra i due Paesi”. Inoltre, il rettore “ha manifestato la volontà di conferire al presidente argentino il Sigillum magnum d’Ateneo in occasione di una sua prossima visita in Italia”. Forse non siamo al livello dell’omaggio al regime saudita ma intanto l’Alma Mater, mentre da un lato tromboneggia sul concetto di libertà, dall’altro continua ad amoreggiare con i governi reazionari di mezzo mondo.

E non è un caso, allora, che anche l’Ateneo finisca per addentrarsi su un terreno accidentato come quello delle ronde. Sul tema intervengono anche i Docenti preoccupati: “Su una decisione tanto rilevante i vertici di UniBo non hanno speso una sola parola per informare la ‘comunità Alma Mater’ (termine con il quale il Rettore Francesco Ubertini si rivolge abitualmente all’insieme di docenti, ricercatori, personale tecnico-amministrativo e studenti che pochi mesi fa lo hanno eletto come successore di Ivano Dionigi). Né risulta che del tema sia stato discusso nelle sedi ufficiali e nelle sedute degli organi accademici dell’Ateneo”.  I Docenti proccupati, poi, rilevano che l’entrata in scena dei vigilantes segue la decisione di far entrare la polizia in Ateneo per le recenti contestazioni a Scienze politiche e commentano: “La ‘deriva securitaria’ dell’Alma Mater appare tanto repentina quanto improvvisata: quali saranno le ‘regole d’ingaggio’ delle guardie armate? Potranno intervenire sempre e comunque, al limite facendo ricorso alle proprie armi da fuoco, o si limiteranno a contattare le Forze dell’Ordine come farebbe qualunque privato cittadino testimone di un possibile reato in corso? Ma soprattutto, come si comporteranno i vigilantes privati in occasione di manifestazioni e iniziative studentesche abitualmente realizzate proprio nel ‘Quadrilatero’? E, come dipendenti pubblici svolgenti le loro mansioni entro i locali dell’Alma Mater, i docenti non dovrebbero essere informati della esistenza e dei compiti di tali guardie? Oppure, alla richiesta, per esempio, di un documento di identità, dovranno telefonare al Corriere (il giornale che ha pubblicato la notizia, ndr) per chiedere lumi? Invitiamo accoratamente i vertici dell’Ateneo a soffermarsi ulteriormente sulle possibili conseguenze della ‘sperimentazione’ in atto, che rischia a nostro avviso di esacerbare le tensioni da tempo presenti nella zona universitaria, invece che risolverle. Chiediamo inoltre al rettore di confrontarsi pubblicamente in proposito con la comunità accademica, così da sgombrare il campo il più presto possibile dall’insorgere di equivoci e malintesi”.

E a proposito di Scienze politiche, proseguono le iniziative contro la guerra. “Professori guerrafondai, casta accademica complice, decine di agenti della polizia permanentemente all’interno dell’Unibo: poiché l’università ha deciso di andare in guerra, questa mattina abbiamo costruito un Check Point con filo spinato all’ingresso di Scienze Politiche. Se questa è l’università della guerra noi non gli daremo pace!”, ha scritto ieri su Facebook l’Assemblea di Scienze politiche.

sc